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martedì 15 gennaio 2013

Applicabilità del Motu Proprio Summorum Pontificum al Rito Ambrosiano

Per uniformarsi alla mens del Santo Padre, il Circolo John Henry Newman ha organizzato – lo scorso 11 gennaio – un incontro pubblico sull’applicabilità del Motu Proprio Summorum Pontificum al Rito Ambrosiano. La tesi del Circolo (logica e di buon senso) è la seguente: il Motu proprio – essendo legge universale della Chiesa – deve essere applicato anche nella Diocesi di Milano.

Il dottor Andrea Sandri, presidente del Circolo, ha ripercorso le tappe fondamentali della mancata applicazione del Motu proprio nella Diocesi Ambrosiana: a solo un mese dalla promulgazione del documento papale, l'allora Vicario Episcopale per l'Evangelizzazione e i Sacramenti e Pro Presidente della Congregazione del rito Ambrosiano – mons. Luigi Manganini – pubblicava una lettera nella quale si affermava che il Motu proprio riguardava, «come è ovvio, le parrocchie e le comunità di Rito Romano presenti in Diocesi, dove peraltro in questi anni non ci sono state richieste per l'utilizzo della precedente concessione di Giovanni Paolo II, né risultano esistere gruppi stabili di fedeli per i quali potrebbero essere opportuni passi di riconciliazione».

Il secondo documento analizzato dal dottor Sandri è la lettera di mons. Perl (allora vicepresidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei), in risposta a don Jeffrey Moore. Il sacerdote chiedeva conferma dell'applicabilità del Motu proprio nella Diocesi di Lugano, nella quale viene celebrato sia il rito ambrosiano che quello romano. La risposta del monsignore è chiara: «mentre è vero che il motu proprio del Santo Padre non cita esplicitamente il rito ambrosiano non esclude nemmeno gli altri riti latini; se la volontà del Sommo Pontefice vale per il rito romano, considerato il superiore in dignità, di conseguenza, tanto più per gli altri riti latini, incluso il rito ambrosiano». Basterebbero queste parole per chiudere la partita in favore dell'applicabilità del Motu proprio in terra ambrosiana, ma – si sa – certe idee sono difficili da estirpare.

Il dottor Sandri ha poi ceduto la parola a don Marino Neri, filologo e liturgista. Il sacerdote ha analizzato il rito ambrosiano dal punto di vista storico – evidenziando l'attacamento di sant'Ambrogio alla tradizione romana e, allo stesso tempo, il suo tentativo di andare incontro alla tradizione locale – e dal punto di vista filologico, confrontando sinotticamente il Canone romano e quello ambrosiano, e analizzando alcune opere di sant'Ambrogio, utili per comprendere la sua mens liturgica. 

Il dottor Fabio Adernò – canonista ed avvocato ecclesiastico – ha analizzato la natura giuridica del Motu proprio, che è – allo stesso tempo – legge universale e, quindi, diretta a tutta la Chiesa, e legge speciale in quanto afferma l'esistenza di una forma "straordinaria" del Rito.
Adernò ha poi dimostrato come l'espressione "rito romano" – in quanto espressione liturgica maggioritaria della Chiesa – possa esser considerata sinonimica di "rito latino", comprendente quindi anche il rito ambrosiano, ed ha altresì ribadito – al di là di queste interpretazioni – un principio base del diritto: l'autorità inferiore non può né abrogare, né modificare o ignorare quanto disposto dall'autorità superiore, ma solamente applicarlo.

L'incontro si è concluso con l'augurio che i responsabili diocesani tornino a scoprire il tesoro della Messa ambrosiana antica e che, soprattutto, applicando generosamente il Motu proprio Summorum Pontificum riaffermino con forza il loro attaccamento al Santo Padre.

Il giorno seguente, don Marino Neri ha celebrato una santa Messa in rito romano antico presso l'Abbazia dei monaci Olivetani di Seregno.

Date le numerose richieste, il Circolo John Henry Newman ha deciso di rendere disponibili, il prima possibile, le relazioni di don Marino Neri e del dottor Fabio Adernò.