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venerdì 11 settembre 2015

Il difetto dominante

Dagli scritti di Padre Garrigou-Lagrange (1877-1964).


Che cos'è il difetto dominante?

È in noi quello che tende a prevalere sugli altri, e con questo sul nostro modo di sentire, di giudicare, di simpatizzare, di volere e d'agire. È un difetto che, in ciascuno di noi, ha una relazione intima col nostro temperamento individuale. Vi sono temperamenti portati alla mollezza, all'indolenza, alla pigrizia, alla gola e alla sensualità. Ve ne sono altri portati soprattutto alla collera, all'orgoglio. Non tutti saliamo sulla vetta della perfezione dallo stesso versante; quelli che sono di temperamento fiacco, debbono con la preghiera, la grazia e la virtù, diventare forti; e quelli che sono naturalmente forti al punto d'essere facilmente rigidi, debbono farsi dolci lavorando su se stessi e con l'aiuto della grazia. Prima di questa trasformazione progressiva del temperamento, il difetto dominante di ciascuno si fa spesso sentire. È il nostro nemico domestico, nell'interno di noi stessi, poiché può, se prende campo, giungere a devastare totalmente l'opera della grazia, ossia la vita interiore. È talvolta come una spaccatura in un muro che sembra solido e non lo è, come una crepa, talora impercettibile ma profonda, nella bella facciata di un edificio, che una forte scossa può far crollare. Per esempio, un'antipatia, una ripugnanza istintiva contro qualcuno, se non è vigilata e corretta a tempo dalla santa ragione, dallo spirito di fede e dalla carità, può produrre dei veri disastri in un'anima e condurla a commettere gravi ingiustizie, con le quali fa molto più male a se stessa che al prossimo, poiché è assai più dannoso il commettere l'ingiustizia che il subirla. Il difetto dominante è ancor più pericoloso perché spesso compromette la nostra buona qualità principale la quale è una felice inclinazione della nostra natura che dovrebbe essere sviluppata e poi nobilitata dalla grazia. C'è ad esempio chi è portato naturalmente alla dolcezza, ma se a causa del suo difetto dominante, che forse è la mollezza, la dolcezza degenera in debolezza, in indulgenza eccessiva, egli può giungere al punto di perdere ogni energia. Un altro al contrario, è portato naturalmente alla fortezza, ma se si lascia dominare dal suo temperamento irascibile, la fortezza degenera in lui in violenza irragionevole, causa di ogni sorta di disordini. In ogni individuo vi è del bianco e del nero, v'è un difetto dominante, ed anche una buona qualità naturale. Se siamo in stato di grazia, v'è in noi un'attrattiva speciale della grazia, che viene generalmente a perfezionare, anzitutto, quanto v'è di meglio nella nostra natura, per poi estendersi in seguito su quello che è meno buono. Così alcuni sono più portati alla contemplazione, altri all'azione. Dobbiamo quindi vigilare in modo tutto particolare affinché il difetto dominante non venga a soffocare la nostra principale buona qualità naturale, e la nostra attrattiva speciale della grazia. Altrimenti l'anima nostra sarà simile a un campo di grano invaso dal loglio o zizzania di cui parla il Vangelo. E noi abbiamo un avversario - il demonio - che cerca appunto di sviluppare sempre più in noi il nostro difetto dominante, per metterci in conflitto con quelli che lavorano con noi nel campo del Signore. In San Matteo (13, 25) il Salvatore ci dice: «Il regno dei Cieli è simile a un uomo che aveva seminato del buon grano nel suo campo. Ma mentre gli operai dormivano, venne il nemico, seminò la zizzania in mezzo al frumento e poi se ne andò». E Gesù spiega che il nemico è il demonio (13, 39) che cerca di distruggere l'opera di Dio mettendo in contrasto tra loro quelli che dovrebbero collaborare santamente ad una stessa opera per l'eternità. Ha una abilità tutta particolare nell'ingrandire agli occhi nostri i difetti del prossimo, a trasformare un granello di sabbia in una montagna, mettendo come una lente di ingrandimento alla nostra immaginazione, per farci irritare contro i fratelli, invece di lavorare con loro. Di qui possiamo intravvedere qual danno può provenire a ciascuno di noi dal nostro difetto principale, se non siamo vigilanti a reprimerlo. È spesso come un verme roditore dentro un bel frutto.

(Brano tratto da "Le tre età della vita interiore" vol. II, di Padre Réginald Garrigou-Lagrange, Edizioni Vivere In)