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sabato 24 dicembre 2016

Circa il "monachesimo interiore laico"

Pubblico un post scritto da Eleonoram (pseudonimo di una gentilissima lettrice del blog).



“Non permetterò al vortice del lavoro di assorbirmi così tanto da dimenticare Dio. Passerò tutti i momenti liberi ai piedi del Maestro nascosto nel Santissimo Sacramento” scrive Santa Faustina Kowalska nel suo diario.

Ma il lavoro in convento è così pressante che talvolta le viene perfino negato il permesso di andare in cappella.

Faustina soffre molto per questo, al punto che pensa di cambiare ordine religioso e di cercarne uno più contemplativo, ma Gesù parla al suo cuore dicendole: “Io ti ho chiamato qui e non altrove e ho preparato per te molte grazie” (queste parole si trovano oggi sul muro del convento di Varsavia).

E così sarà.

La prima grazia è che, rimanendo lì dov’è, Faustina impara a non dividere i due momenti, lavoro e preghiera, ma a viverli insieme, scoprendo così quella preghiera incessante di cui parlano San Paolo e i monaci del deserto.

“Sento che mi trasformo in preghiera” scriverà più tardi Santa Faustina e questa vita interiore si sviluppa proprio mentre lavora in cucina e poi nella panetteria del convento. Anche per questo Faustina, quando inizia a parlare delle sue esperienze mistiche, non viene creduta dalla superiora e dal confessore, perché la sua vita sembra troppo normale, perfino insignificante.

Eppure è in questa vita “feriale” che Gesù entra sempre di nuovo: non a caso chiama i suoi primi quattro discepoli mentre sono intenti a pescare e riparare le reti, non li chiama mentre sono al tempio o durante un qualche evento solenne.

A ben pensarci non è una cosa strana, perché la vita quotidiana profuma così tanto di Nazaret! Quella piccola Nazaret dove la Sacra Famiglia viveva le sue giornate e, proprio per questa divina presenza,  ogni semplice gesto diventava liturgico, perfino evangelico… Immagino Maria che fa il pane in casa, com’era consuetudine a quei tempi, e mi dà gioia pensare che Gesù possa essersi ispirato a lei, a sua madre, per la parabola del regno dei cieli che “si può paragonare al lievito che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti”. Immagino Giuseppe che insegna a Gesù il mestiere di falegname e mi commuovo pensando che il giovane Messia impara a conoscere e modellare il legno della sua futura Croce fin da bambino, e che una sera, leggendo le Sacre Scritture come faceva ogni ebreo, si sia ritrovato a meditare questo versetto di Ezechiele: “Dice il Signore Dio: Ecco, io prendo il legno di Giuseppe … e lo metto sul legno di Giuda per farne un legno solo; diventeranno una cosa sola in mano mia”. Dolce Gesù, cos’hai provato leggendo quelle parole che parlavano di te e della tua missione?

Ecco, è come se la Sacra Famiglia di Nazaret avesse santificato per noi il quotidiano, compenetrandolo e vivificandolo con la Parola che si è fatta carne ed è venuta ad abitare in mezzo a noi, e da quel momento in poi nulla è stato più come prima: si è spalancato per tutti un orizzonte nuovo e immenso in cui nessun gesto rimane “soltanto” un gesto, nessuna parola rimane “soltanto” una parola, perché ormai è stato gettato un ponte tra materia e spirito, tra visibile e invisibile, e possiamo guardare più avanti e più in profondità, ormai il nostro sguardo interiore ha come riferimento  il  pane che, sull’altare, non rimane soltanto pane, ma diventa Corpo di Cristo.

In quest’ottica la vita di santa Faustina è tutta improntata al Verbo che continua a incarnarsi nella sua realtà: non solo grazie alla Messa quotidiana e alla Liturgia delle Ore, ma anche per l’atteggiamento di preghiera con cui vive tutta la giornata. Grazie a questo orientamento interiore, il cucinare di Faustina non è soltanto un cucinare, ma un gesto d’amore fatto per amore di Dio e del prossimo. Anche il suo servire in panetteria è un “andare oltre”: le consorelle se ne accorgeranno solo quando Faustina andrà a stare in un altro convento, perché tutte le sue sostitute protesteranno per il continuo dover fare avanti e indietro tra il bancone e il forno, oltre che per l’impossibilità di servire da sole le persone in attesa, mentre Faustina non si era mai lamentata e faceva tutto con dedizione. La sua forza era la preghiera, la quale “rende vigoroso e puro per il combattimento l’intelletto, che è naturalmente fatto per pregare, anche separatamente da questo corpo, e per dare battaglia ai demoni, a difesa di tutte le potenze dell’anima”, come scrive il monaco Evagrio Pontico, nel suo Trattato pratico.

Ma in che modo pregava Faustina senza interrompere il suo lavoro? Usava in particolare la giaculatoria della tradizione monastica, che Sant’Agostino chiamava le “preghiere scoccate” (come fossero frecce). Sono infatti preghiere brevi formate da una sola frase, adatte a una ripetizione ritmica che facilita la meditazione e la pace interiore.

La più nota di queste giaculatorie è “Signore Gesù Cristo abbi pietà di me”, conosciuta anche come “la preghiera del cuore”, che coniuga l’invocazione del pubblicano (Lc 18,13) e dei due mendicanti ciechi (Mc 10, 46-52).

Il teologo Jean-Yves Leloup scrive al riguardo: « “Abbi pietà di me” significa anche “dammi il tuo Santo Spirito, che io possa vivere la vita stessa del Figlio rivolto al Padre fin dall’inizio, che io possa vivere quella vita Trinitaria che è insieme il Paradiso perduto ed il Regno che deve venire” ».

E’ possibile nel nostro tempo, nell’arco delle nostre giornate, ripetere interiormente questa potente e benefica giaculatoria? Direi proprio di sì, specie quando si fanno delle attività manuali come cucinare, lavare i piatti o riempire e svuotare la lavastoviglie, stendere il bucato o stirarlo, spolverare, ecc. Ma anche mentre guidiamo o camminiamo per la strada, mentre siamo in attesa alle poste, in banca, alle casse del supermercato… In palestra o al parco… Perfino in ufficio si può scoccare qualche giaculatoria, magari in un momento critico, oppure quando abbiamo bisogno di calma e di concentrazione. E, soprattutto, vista la sua brevità e facilità di ripetizione, possiamo scoccarla con molta frequenza, imitando Faustina e seguendo il consiglio di sant’Alfonso Maria de’ Liguori che descrive la preghiera come « il mezzo necessario e sicuro per ottenere la salvezza e tutte le grazie di cui abbiamo bisogno per conseguirla».



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