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domenica 18 febbraio 2024

Dobbiamo essere lieti di essere perseguitati dai modernisti per amore di Gesù Cristo

Tempo fa un sacerdote mi ha confidato che stava soffrendo molto a causa della peste modernista.


[...] sono un giovane viceparroco e, pur sapendo che anche per voi laici di retta fede i tempi siano bui, penso che per noi preti siano peggiori: è dura resistere, soprattutto c'è sempre la tentazione dello scoraggiamento.
Aspetto sue notizie!
In Domino,
don [...]



Rev.mo Don [...],
                                          in effetti la situazione è drammatica a causa della persecuzione da parte dei nemici della Chiesa (soprattutto da parte dei modernisti), tuttavia sia noi fedeli laici sia voi sacerdoti, dobbiamo resistere alla tentazione di cadere nello scoraggiamento. Il diavolo è contento nel vedere un cristiano scoraggiato, perché può farlo cadere più facilmente in qualche trappola. Infatti un soldato scoraggiato, demoralizzato, demotivato, non è più idoneo al combattimento. E noi cristiani siamo continuamente occupati nel combattimento spirituale per la salvezza dell'anima.

“Gaudere et exultare nos voluit in persecutione Dominus, quia tunc dantur coronae fidei, tunc probantur milites Dei”, diceva l'eroico vescovo San Cipriano. È così, Dio vuole che nelle persecuzioni dobbiamo gioire ed esultare, perché è in esse che vengono messi alla prova i soldati del Signore e si riceve la corona della fede.


Padre Pio, Don Bosco, San Leopoldo Mandic, San Luigi Orione, Santa Teresa d'Avila e tanti altri santi subirono persecuzioni anche da parte di ecclesiastici, ma non si arresero mai allo scoraggiamento, anzi conservarono la pace del cuore anche nei momenti più difficili. Soffrire a causa della propria fedeltà al Redentore Divino è motivo di gioia interiore. Anche gli Apostoli quando vennero fatti fustigare dai capi del sinedrio, invece di scoraggiarsi gioirono per aver potuto soffrire qualcosa per amore di Gesù Cristo. 

Dunque il segreto della consolazione interiore nei tempi di persecuzione (e in tutti i momenti di patimento) consiste nell'offrire a Dio le proprie sofferenze. Ad esempio si potrebbe dire al Signore: “Ah, mio Dio! I modernisti mi criticano, mi ostacolano e mi perseguitano perché aderisco agli insegnamenti del Magistero perenne della Chiesa. Ciò è fonte di molte sofferenze per l'anima mia, ma io voglio sopportare tutti questi patimenti con rassegnazione cristiana per darti gusto. Perdono di cuore a tutti coloro che mi calunniano e mi perseguitano, perché so che tu vuoi che amiamo anche i nostri nemici, e io voglio fare tutto ciò che ti fa piacere. Certe volte sono tentato a tradire il Magistero perenne e di abbracciare la mentalità del mondo, come fanno i seguaci del modernismo, ma ti supplico di darmi la forza di rimanerti fedele a qualsiasi costo. Preferisco morire anziché tradirti! Ti ringrazio per questa croce che hai permesso che mi affiggesse, perché so che lo hai fatto per il bene dell'anima mia. Anche se adesso mi trovo nella tribolazione, so che un giorno vedrò con chiarezza che questa croce era un magnifico ricamo della tua infinita misericordia. Ti ringrazio per avermi chiamato a combattere la buona battaglia della fede in questa epoca drammatica per l'umanità, a causa della secolarizzazione della società e la conseguente apostasia di massa. Militia est vita hominis super terram! So che non sono stato messo su questa Terra per riposarmi, ma per combattere con ardore, da vero soldato di Gesù Cristo, la lotta contro il demonio, il mondo e le passioni della carne, per salvarmi l'anima e venire in Cielo ad amarti per l'eternità. In questo momento di grande sofferenza mi conforta sapere che un giorno tutte queste tribolazioni avranno fine e potrò finalmente unirmi a Te nella Patria del Cielo, dove insieme alla Beata Vergine Maria, agli angeli e ai santi potrò cantare con immensa gioia le tue misericordie. Così spero, così sia".

A me consolano molto le parole che Don Dolindo Ruotolo scrisse nel commento al Libro di Giobbe, meditando sulle parole: “Ad Deum stillat oculus meus” (“Il mio occhio lacrima rivolto verso Dio”). Infatti nel momento del dolore e della sofferenza, solo Dio può consolarci davvero. Ecco le parole del grande esegeta napoletano: “Perché ci angustiamo tanto? Volgiamo gli occhi al Signore con fiducia, poiché non è sulla terra il nostro conforto ma nel Cielo. Dio solo ci conosce, Dio solo può compatirci, Dio solo può consolarci. Gli uomini della terra sono verbosi, non sanno dire che parole, non possono dire che parole, spesso urtanti nel medesimo sforzo di renderle consolanti. L’occhio nostro lacrimi in Dio solo: Ad Deum stillat oculus meus. Come è bella questa parola di Giobbe! Stilli a Dio questo occhio che non può essere saziato da nessuna visione terrena, stilli a Dio, poiché non può trovare un padre più tenero di Lui, stilli a Dio depositando nel suo cuore, in mezzo alle lacrime, l’angoscia, la fiducia, l’amore, la speranza, l’unione perfetta alla sua Volontà: Ad Deum stillat oculus meus! Gli anni passano, la via che percorriamo non conosce il ritorno su questa terra, tutto muta intorno a noi, rimane solo Dio come nostra unica speranza: Ad Deum stillat oculus meus! Il nostro testimone è nel Cielo! Dio infatti conosce la nostra fralezza e la compatisce; conosce le nostre miserie e le perdona quando noi ricorriamo alla sua misericordia con sincero pentimento; conosce la condizione del nostro pellegrinaggio e ci aiuta. Quale conforto quando le creature irrompono contro di noi e ci giudicano male, il pensare che il nostro testimonio è nel Cielo e che Dio ci conosce! Oh! il Signore non rende mai vana la nostra speranza, e quando tutto ci sembra perduto, interviene Lui per difenderci e per far luce nelle tenebre. [...] Ripetiamo con Giobbe, quando le tempeste sono più fiere: Ad Deum stillat oculus meus.” 

Umanamente parlando non abbiamo nessuna possibilità di vincere l'immane conflitto contro la pestilenziale eresia modernista, tuttavia siamo sicuri della vittoria finale perché la nostra fiducia è riposta nell'aiuto onnipotente del Signore. Adiutorium nostrum in nomine Domini! Anche gli eroici combattenti Maccabei, pur disponendo di scarse forze militari, riuscirono ad infliggere ai loro oppressori pesanti sconfitte. A tal proposito il loro intrepido Condottiero affermò: “non in multitudine exercitus victoria belli, sed de cælo fortitudo est” (1 Machabæorum 3,19). Allo stesso modo la nostra vittoria sul modernismo non dipenderà dal numero dei combattenti o dai mezzi materiali a disposizione, la nostra forza viene dal Cielo! Certo, le difficoltà sono enormi, ma maggiori sono le avversità, più bella sarà la vittoria! Sursum corda!

Cordialiter


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