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martedì 20 dicembre 2016

Monachesimo interiore (-)

Ripubblico una lettera di Eleonoram, che pur essendo sposata, desidera vivere una sorta di "monachesimo interiore laico".


Caro D., 
                mi ha colpita l’altro giorno l’affermazione di una lettrice del blog, che rispecchia quella di tantissime donne che lavorano e che si occupano della loro famiglia: “Io sono perennemente di corsa, travolta dagli impegni e mi sembra mancare sempre il tempo da dedicare in modo adeguato a ciò che vorrei”. In  particolare si stava riferendo ai discorsi spirituali e alla cura del prossimo, quindi al tempo rivolto alle cose di Dio.

Mi sono allora chiesta come conciliare il tempo di Grazia con i miei tempi, con i nostri tempi, sempre più stretti e veloci, che spesso ci lasciano poco tempo anche per noi oltre che per Dio (non a caso! Perché il tempo dedicato a Dio è anche tempo profondamente dedicato a noi stessi, alla nostra felicità eterna, già qui e ora). Mi pare che le donne avvertano in modo particolare questa mancanza di tempo, forse per via del loro cosiddetto orologio biologico, o forse per quella misteriosa urgenza interiore che le spinge a condividere le cose più belle e vitali, penso qui all’apice toccato da Maria Santissima che “raggiunge in fretta” la casa di Elisabetta per donarle lo Spirito di Dio che aveva appena ricevuto.

Tutto questo mi fa pensare a quel celebre brano sulla donna perfetta, o donna forte, del Libro dei Proverbi. Curioso notare come questo Libro biblico si apra con l’esortazione a ricevere la sapienza di Dio e si concluda appunto con questo ritratto della donna perfetta, come se ci fosse un bel collegamento tra le due cose. In mezzo vi sono consigli spirituali e sentenze varie, ma anche altre due figure femminili: la donna sapienza e la donna stoltezza (o follia). Nella donna-sapienza, San Giovanni Paolo II ha contemplato la Donna Eucaristica per eccellenza, la Madonna, che difatti è chiamata nelle Litanie “sede della sapienza”. Per contro, è possibile vedere la follia di Eva - che ascolta il serpente antico anziché Dio - nella donna-stoltezza definita in questo brano “donna irrequieta, una sciocca che non sa nulla” e che tuttavia ha la presunzione di sapere, perchè dice agli altri: “chi è inesperto venga qua… il pane preso di nascosto è gustoso”… proprio come Eva che, credendo di sapere cosa è giusto e cosa è sbagliato, dice ad Adamo di mangiare anche lui il frutto della conoscenza del bene e del male, per discernere da soli e per diventare come Dio però senza Dio (per certi versi sembra un anelito a divinizzarsi, a santificarsi, come avviene in ogni Eucarestia per i meriti di Cristo e per la nostra fede in Lui, però in quel caso contando solo sulle proprie forze e senza la santa pazienza dell’ascesi).

Questo duplice aspetto femminile di sapienza e stoltezza mi è veramente sembrato un avvertimento, per me e per ogni donna, sia in termini di meravigliosa opportunità (alla scuola di Maria), che in termini di grande rischio (il fai-da-te di Eva), come se le donne fossero particolarmente in bilico tra queste due punte di fortezza e di debolezza spirituali, di altezza e di bassezza, ovviamente con molte gradazioni intermedie e anche oscillazioni, risolvibili nel cammino di perfezione cristiana. Queste due possibilità, infatti, sembrano richiamare anche le 5 vergini sapienti e le 5 vergini stolte (di nuovo la sapienza e la stoltezza) che attendono lo sposo divino, nella parabola narrata da Gesù.

Ma, in concreto, com’è e cosa fa, questa donna perfetta elogiata nel Libro dei Proverbi? E’ una donna sposata ("in lei confida il cuore del marito" ed è "suo marito a farne l'elogio"), ha dei figli (che "sorgono a proclamarla beata"), si occupa della sua famiglia e della sua casa, confeziona tessuti e li vende ai mercanti, aiuta i poveri e i bisognosi, compra campi, pianta vigne… Viene da chiedersi: ma con tutto questo daffare, quando trova tempo per Dio, per cercare la sapienza di Dio come indicato all’inizio del Libro? Eppure questa donna sembra averla ricevuta, perché "apre la bocca con saggezza e sulla sua lingua c'è dottrina di bontà". Inoltre di lei si dice "la donna che TEME Dio è da lodare" e questo si ricollega a quanto annunciato in apertura del Libro, ossia: "il TIMORE di Dio è l’inizio della sapienza", cosa che evidentemente questa donna ha adempiuto. Ma come e quando? Mi sembra possano venirci in aiuto due cose: da un lato il significato ebraico di sapienza, che non è un concetto astratto ma rimanda a un’attività pratica nella vita di tutti i giorni; dall’altro lato, "la preghiera incessante" di cui parla San Paolo. Oserei dire che la donna perfetta li attua entrambi, perchè, forse, sono la stessa cosa :-)

In quest’ottica si può, allora, aggiungere alla Liturgia della Santa Messa una sorta di liturgia quotidiana della vita, ossia un’abitudine a pregare con tutto il corpo e in tutti i luoghi, glorificando il Signore con i gesti del nostro lavoro e delle nostre diverse attività, ricordandoci di offrirli a Lui con il pensiero e ringraziandoLo spesso per le cose che ci accadono ogni giorno (incontri, aiuti, gioie, ma anche ostacoli da affrontare e problemi da risolvere); si può poi pregare mentalmente nei tempi di attesa (in coda nel traffico, alle poste o al supermercato) o durante alcune attività ripetitive come stirare o stendere il bucato, e così via, abituandosi anche a ritagliarsi dei momenti di ristoro spirituale, magari la sera dopo cena, alla fine di una giornata particolarmente dura e impegnativa, accogliendo l’invito di Gesù: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò”.

Se lo ritieni utile per il tuo blog, potrei riportare degli esempi in tal senso, rintracciabili sia nelle vite di molte sante, sia nelle regole dei monasteri cristiani, sia nelle nostre ispirazioni di ogni giorno, da assecondare magari con un pizzico di creatività:  esempi molto semplici, pratici e mirati, che ben si sposano con quell'esigenza di dedicare il proprio tempo a Dio in mezzo al tempo che scorre, e pure con quel  “monachesimo interiore laico” di cui parlavamo l’altra volta. Esempi che possono anche diventare degli esercizi interiori, come una sorta di palestra quotidiana per tonificare e sviluppare i nostri muscoli spirituali. Che ne pensi?


Cara sorella in Cristo,
                                        mi piace molto l'espressione “monachesimo interiore laico”. In effetti anche i fedeli laici devono impegnarsi a curare la vita interiore sforzandosi di “vivere alla presenza di Dio”, come fanno i monaci fervorosi e osservanti.

Sono contento di averti “arruolato” come collaboratrice del blog. Penso che tu possa essermi di valido aiuto nell'incoraggiare i lettori a cercare di vivere in maniera intensa le virtù cristiane e a praticare la vita devota. Pertanto puoi inviarmi tutto ciò che ritieni opportuno pubblicare.

Non tutti hanno la grazia di essere chiamati da Dio a vivere in un monastero, ma tutti possono “costruirsi” un piccolo eremo nel proprio cuore curando la vita interiore. A tal proposito consiglio a tutti di leggere il “Compendio di Teologia Ascetica e Mistica” di Padre Adolphe Tanquerey (è stato pubblicato on-line da diversi siti web). Anche se l'autore è morto nel lontano 1932, i suoi scritti ascetici sono ancora di valido aiuto per poter vivere un'intensa vita spirituale.

In Corde Matris,


Cordialiter