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sabato 30 marzo 2019

I Pontefici sono sempre infallibili?

Brano tratto da "La vera Chiesa di Cristo" dello zelante sacerdote passionista Padre Enrico Zoffoli (1915-1996), pubblicato nel lontano 1990.


A) Il Papa è infallibile solo alle condizioni a tutti note. Dunque, non risulta:

a. che, come teologo privato, non possa cadere in errore ed essere persino «eretico», anche se l'ipotesi è piuttosto teorica (...).

b. È possibile (...) che il Papa non sia accorto, preparato, sollecito e intrepido nel reprimere l'errore, permettendo che questo si propaghi. Il carisma dell'infallibilità non gli conferisce affatto, per se stesso, le doti intellettuali e morali necessarie perché la  sua condotta sia pastoralmente irreprensibile (...)

c. Come persona privata, il Papa può essere immorale, ambizioso, violento (...)  un intruso, eletto per simonia, una creatura del potere laico.  (...) 


B) Il credente può sciogliere ogni dubbio, riflettendo che:

a. Il vero Capo della Chiesa è Cristo, capace di supplire a tutte le carenze e riparare tutti gli errori del Clero, come è avvenuto innumerevoli volte, risultando anche solo per questo inconfutabilmente dimostrata la divina origine della Chiesa  (...).

b. Anche nei casi più scandalosi e biasimevoli, i poteri conferiti ai membri della Gerarchia restano inalterati, perché distinti e del tutto indipendenti dai medesimi «come persone private», sempre capaci di tradire la propria missione.

c. Nelle burrascose vicende del papato e nei periodi di «sede vacante», al bene della Chiesa provvedono i vescovi migliori, legati tra loro dai vincoli di quella «collegialità» che si risolve in solidarietà e zelo per le anime... Molto più che la Chiesa può vivere, in certo senso - provvisoriamente - di rendita, potendosi e dovendosi valere di una Tradizione ricca di tutta la verità precedentemente insegnata e inculcata dai pastori e vissuta dai fedeli, specialmente dai più esemplari, come molti grandi Santi fioriti in periodi tempestosi...

d. Nei momenti anche prolungati di crisi provocata da certi membri del Clero, possono essere particolarmente attivi anche i laici più illuminati, e ciò sia col sacrificio, la preghiera, la santità  della vita, sia con la predicazione, l'insegnamento, l'umile e franca «ammonizione» rivolta a vescovi e Papi, salvando sempre il prestigio dell'Autorità costituita. In ciò S. Caterina ha saputo comportarsi da ammirabile figlia della Chiesa quando scrisse al Papa: «Santità, fate che io non debba lamentarmi di Voi con Gesù Crocifisso. Con nessun altro infatti potrei lamentarmi perché Voi non avete superiore sulla terra!...».


C) L'obbedienza dei fedeli non può spingersi oltre i limiti del potere che la Gerarchia ha ricevuto da Cristo. Così:

a. non merita fede né ossequio un Papa che, per assurdo, volesse imporre le proprie idee personali contrarie al dogma, o pretendesse indurre al peccato violando un qualsiasi precetto della legge naturale... Può succedere, perché non risulta che Dio lo abbia reso impeccabile e, personalmente, incapace di errare.

b. Egli abuserebbe dei suoi poteri, se offendesse la dignità della persona umana, negandole il diritto alla vita, all'integrità delle membra, alla libertà personale, all'onore, alla famiglia, ai beni, ecc., e pretendesse addirittura che l'offeso non reagisse. E sacrilego sarebbe l'uso del potere di cui dispone, se lanciasse scomuniche per i propri interessi personali o familiari (...).

c. È anche certo che un Papa non dovrebbe essere obbedito se, nel governo della Chiesa, comandasse qualcosa che in modo evidentissimo (come può risultare ai «pochi» veramente informati di tutto) fosse contrario alla causa di Dio, ai legittimi interessi della S. Sede, al bene delle anime... Stando alla storia, alcuni gravi errori commessi dai Pontefici si sarebbero potuti evitare, se gl'immediati subalterni avessero saputo opporsi, salvando il rispetto sempre dovuto al Vicario di Cristo ed evitando di scandalizzare irrimediabilmente i fedeli.

d. Dunque, gli oggettivi e invalicabili limiti del potere concesso alla Gerarchia non permettono di cadere nella «papolatria», eccetto che il servilismo e l'adulazione non inducano a comportarsi in modo indegno di «figli di Dio», chiamati a vivere nella libertà consentita dalla verità: quella verità che - prima o dopo - emerge e fa bene a tutti, superiori e sudditi, contro tutte le «prudenze» di questo mondo.

Al riguardo, è degno di particolare riflessione il caso in cui - sempre prescindendo da interventi del Magistero universale in materia di fede e costumi - uno dei membri della Gerarchia enunziasse principi ed emanasse norme apertamente discordi dall'insegnamento tradizionale, ossia tali da offendere l'ortodossia e costituire un grave pericolo per l'unità nella fede e la vita spirituale dei fedeli...

Quale in tal caso la reazione del credente che, consapevole di tutto, sentisse di agire contro coscienza se si comportasse secondo le disposizioni ricevute? - La risposta è implicita in quanto abbiamo accennato a proposito dei limiti del potere ecclesiastico, oltre i quali l'obbedienza perde ogni senso. Infatti, anche se a nessuno è lecito agire contro coscienza,

1. si suppone che la coscienza non sia erronea, ma vera, cioè fondata su di una dottrina universale e infallibilmente insegnata...

2. d'altra parte, non c'è pericolo di «scandalo» per i fedeli, e ciò sia perché la verità non può scandalizzare nessuno, sia perché l'obbedienza non è fine a se stessa, essendo destinata a salvare le anime attraverso la conoscenza e l'amore della verità...;

3. inoltre, in momenti particolarmente critici della vita della Chiesa, tutti i membri del Corpo Mistico, essendo animati dallo Spirito e illuminati dal Verbo dipendentemente dalla formazione ricevuta dalla stessa Gerarchia, possono ed anzi devono partecipare attivamente alla sua vita, reagendo contro ogni minaccia di prevaricazione, anche sfidando l'impopolarità e subendo provvedimenti disciplinari. Il bene della Chiesa merita di avere le sue vittime sacrificate da certi uomini della Chiesa, indegni di rappresentarla, incapaci di salvarne l'onore.

e. In ogni caso, tutto lo zelo dei pochi generosi che intendono ottenere qualcosa di serio e duraturo al riguardo, deve essere fondato sull'umiltà, illuminato dalla preghiera e dalla prudenza, ispirato ad un'eroica disposizione al sacrificio d'ogni interesse personale. Allora soltanto la reazione è valida quale frutto dello Spirito, scaturito dal seno della Chiesa, sempre capace di ritrovare se stessa nelle risorse soprannaturali degli uomini che la compongono.