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venerdì 22 settembre 2023

Profanazione del tempio del Sacro Cuore di Tibidabo (Barcellona)

Riporto alcuni brani di un articolo del "Bollettino Salesiano" del giugno 1940 che racconta come avvenne la profanazione del tempio del Sacro Cuore di Tibidabo (nella foto a lato) avvenuta per mano dei rossi durante la guerra civile spagnola.


Più di una volta Cooperatori e Cooperatrici che seguono con affetto l'attività e lo sviluppo delle Opere Salesiane, ci hanno chiesto notizie sulla situazione delle nostre Case in Spagna. [...] Ringraziando il Signore, le notizie che ci giungono sono di giorno in giorno sempre più consolanti. Le rovine e i danni, specialmente nella regione che per quasi tre anni rimase in balìa dei rossi, furono purtroppo assai rilevanti. Oltre ai 110 Salesiani che caddero vittime dell'odio anticristiano delle orde marxiste, numerosi altri vuoti si produssero nelle file per diverse cause: sicchè l'Ispettoria di Barcellona vide diminuito il suo personale di 51 membri e quella di Madrid ne ha perso un'ottantina. Alcuni edifizi furono del tutto o in gran parte distrutti, e la maggior parte saccheggiati completamente di mobilio, di arredi, suppellettili ed oggetti di culto, materiale scolastico, macchinari, biblioteche, gabinetti scientifici, ecc. I locali rimasti vennero trovati in uno stato di abbandono e di sporcizia da scoraggiare chiunque non fosse sorretto da spirito di fede. Ma i Salesiani superstiti, riunitisi nelle varie Case non appena la gloriosa vittoria del Gen. Franco permise loro il ritorno alla vita di comunità, si misero subito all'opera di ricostruzione, fidando nell'aiuto di Dio, nella protezione di Maria SS. Ausiliatrice e di San Giovanni Bosco. Occorreva un grande spirito di sacrificio per decidersi ad abitare case di cui restavano, quando restavano, solo le pareti deturpate, senza mobili, senza vetri, porte sconquassate, sudice fino all'inverosimile. Però, dopo tutto quello che avevano sofferto durante la barbarie marxista, sembrava loro di essere tornati da morte a vita. Le nuove autorità e le popolazioni andarono a gara nel prestar loro concorso ed aiuto nella misura del possibile, con senso di riparazione dell'odio e dei maltrattamenti di cui sacerdoti e religiosi erano stati particolarmente oggetto.

[...]

Il tempio del Sacro Cuore al Tibidabo. - Abbiamo lasciato appositamente per ultima l'opera del Tempio Espiatorio Nazionale al Sacro Cuore di Gesù che erge la sua maestosa mole sul monte Tibidabo, dominando la città di Barcellona. Fu uno dei templi in cui si sfogò più satanicamente l'ira dei rossi; ma abbiamo già avuto prove solenni che il Cuore di Gesù vuole trionfarvi colla sua misericordia. La profanazione. - Raccogliamo la descrizione dello scempio dalla bocca di uno dei nostri che fu presente in quei tragici momenti.

«Era la mattina del 19 luglio 1936. Un orribile frastuono salendo, foriero di tempesta, dalla città sottostante, interruppe violentemente il riposo alle quattro del mattino. Era domenica e celebrammo tutte le messe solite. All'ultima delle ore 12 assistette uno scarso pubblico. Non si suonò l'organo: il crepitìo delle mitragliatrici e il rombo dei cannoni lo supplivano a sufficienza. Non ci fu predica: l'eloquenza degli eventi era più commovente per quei pochi fedeli che in compagnia del loro Maestro pregavano sul monte mentre i loro fratelli cadevano in lotta fratricida al piede. Quella Messa celebrata da un Salesiano che ben presto doveva essere martire, fu l'ultimo atto di culto pubblico. La Benedizione della sera e le Messe di lunedì e martedì si celebrarono a porte chiuse. Le chiese e i conventi della città si convertivano rapidamente in roghi, sto per dire in turiboli, giacchè allora rendevano a Dio il supremo atto di culto: l'olocausto. Il lunedì, alle 2 pomeridiane, arrivò in cima la prima automobile carica di miliziani rossi che ostentavano i loro titoli nobiliari, in lettere cubitali riprodotte su tutta la vettura: CNT - UGT - FAI, iniziali delle tre organizzazioni più sovversive. Fecero il giro del Tempio con sguardi minacciosi e se ne ritornarono indietro senza discendere dalla vettura. Dopo un'ora, ecco un'altra automobile colle stesse caratteristiche della prima e poi un'altra ed altre ancora. Tutte fecero un giro di osservazione fissando con sguardi di odio l'agognata preda, poi ritornarono alle loro basi, tutti colla stessa impressione, io penso: « Quella è una terribile fortezza; deve nascondere un'agguerrita guarnigione ».

Martedì mattina, ecco infatti tre grossi autocarri, carichi di uomini e di armi di ogni sorta, fucili, mitragliatrici, bombe... Chissà quale resistenza si attendevano dietro a quelle misteriose mura!  Giunti in piazza i miliziani scesero dagli autocarri e si disposero di fronte al tempio appostandosi dietro agli autocarri con le armi puntate. In mezzo al gruppo dietro ad una mitragliatrice stava il comandante, senz'altro distintivo che un elmo di acciaio. Così disposti all'assalto, attendevano che la guarnigione della « fortezza » aprisse il fuoco; ma, vedendo che questa non dava segno di vita e rassicurati da qualche vicino, che li trasse dal loro sgomento, assicurandoli che là dentro non c'erano nè soldati nè armi, si slanciarono all'assalto irrompendo una ventina di loro, i più coraggiosi, nella portineria coi fucili spianati in tutte le direzioni e domandando a due sacerdoti, che uscirono loro incontro, dove si trovavano i preti e le armi. Che gruppetto, per carità! Facevano pietà e causavano ripugnanza. Faccio a meno di descrivere le loro facce.

- Qui non ci sono armi; ci sono solo una quarantina di giovani coi loro maestri - fu loro risposto. - Vogliamo vederli; vogliamo perquisire la casa. E, così dicendo, si divisero in due gruppi: mentre uno percorreva tutta la casa, l'altro si precipitava nella sala di studio dove erano raccolti i « cardellini del Sacro Cuore ». Per prima cosa perquisirono i più grandicelli, che con le loro facce pacifiche e sorridenti, coi loro sguardi ingenui compierono il miracolo di ammansire quelle belve umane le quali, cambiando tono, incominciarono a dimostrare interesse per la loro sorte, domandando loro se avevano i genitori, che pensione pagavano, ecc. Uno di loro finì col fare una vera predica annunziando il trionfo della rivoluzione e, con questa, la rendenzione dei poveri, dei proletari... Intanto l'altro gruppo, dopo aver rovistato tutta la casa, si era radunato sulla terrazza sovrastante la cripta. Da quel magnifico balcone che s'innalza a seicento metri sopra la città contemplavano Barcellona, avvolta in una cortina di denso e nero fumo, proveniente da centinaia di chiese e conventi in fiamme, mentre dietro a loro l'immagine del Redentore proiettava la sua ombra sulla facciata del tempio. Quale contrasto! Dopo un breve scambio d'impressioni, decisero di rispettare quell'opera, prendendone possesso e collocando sulla porta principale una scritta che diceva: « Questo edificio è stato requisito dalla FAI: rispettatelo ». In calce misero il bollo del sindacato. Imposero ai superiori di non lasciar uscire nessun ragazzo; essi sarebbero venuti dopo a cercarli per mandarli a destinazione. Prese queste determinazioni scesero dalla montagna per tornare in città. Appena un'ora dopo, arrivò silenziosamente un'altra automobile; scesero altri miliziani e con tutta cautela strapparono la carta che era stata messa sulla porta, e se ne ripartirono orgogliosi del gesto compiuto. Cos'era successo ? Un gesto di anarchia, di quell'anarchia che impazzava in città. All'una del pomeriggio, nell'imminenza del pericolo, i « cardellini » del Sacro Cuore coi loro superiori cambiarono nido, accolti con amore da parecchi vicini che si disputarono l'onore di alloggiarli. Alle due arrivarono i primi sicari, colle rivoltelle in mano, ma rimasero delusi e contrariati nel trovare il nido vuoto. Il buon Gesù vegliava sui suoi. Penetrarono allora nella casa e distrussero quanto trovarono. Giunsero quindi nuovi gruppi che appiccarono fuoco ai pochi oggetti combustibili e si diedero al saccheggio. Dalla casa passarono al tempio dove speravano di trovare ricchi tesori d'incalcolabile valore. Gli oggetti di valore c'erano e ci sono; ma i poveretti offuscati dalla passione li pestavano e non se ne accorgevano, li avevano davanti agli occhi e non li vedevano: erano le lastre di marmo, le ardite colonne, i bei mosaici, i ricchi altari doppiamente preziosi perchè tutti innalzati a costo di sacrifici di anime amanti del Sacro Cuore. Essi sfogarono la loro rabbia distruggendo quanto potevano coi mezzi di cui disponevano. Passarono poi all'esterno e frantumarono le artistiche immagini sacre della facciata. Era il sabato 25 luglio e a Barcelona e nei dintorni non rimaneva più in piedi nessun edificio religioso. Il timore che loro mancasse il tempo, oppure la voglia feroce di far scomparire tutti quei simboli della fede radicata nel popolo, avevano comunicato loro un'attività fanatica. Ma, sulla cima del Tibidabo si ergeva ancora, più maestosa che mai, la colossale statua di bronzo del Sacro Cuore di Gesù. Aveva ancora le sue braccia aperte e i suoi occhi misericordiosi rivolti all'infelice città. Migliaia di anime rivolgevano ad essa i loro sguardi. Le une per supplicarlo, benedirlo, offrirgli atti di espiazione. Gli altri per maledirlo, oltraggiarlo, bestemmiarlo. Ed Egli gradiva gli omaggi dei primi, sentiva pietà e misericordia degli altri. I sicari, nonostante ripetuti tentativi, non riuscirono ad abbatterla. Parve che il divin Cuore volesse ritardare il suo sacrificio al giorno classico per la Spagna della festa dell'Apostolo San Giacomo. In quel giorno infatti con ogni sorta di attrezzi, con grosse corde e catene, con argani, con macchine; tirando a mezzo di potenti camions dalla piazza sottostante, i miliziani riuscirono finalmente verso sera ad abbattere la colossale statua di Cristo Re che rimase bocconi a terra, mentre numerosi satelliti e agenti dei corifei della rivoluzione danzavano attorno celebrando l'avvenimento con beffarde risate e bestemmie infernali. Si ripeteva l'Ave Rex Judaeorum di 19 secoli or sono. 

La riparazione. - L'orrenda profanazione era compiuta; ma al tramonto di quel giorno tristissimo doveva seguire l'aurora gloriosa di una nuova Spagna rinnovellata in Cristo. Per quasi tre anni le tenebre dell'odio e della barbarie offuscarono le regioni schiave del giogo marxista. Finalmente però le armi cristiane ebbero il sopravvento: tutta la Spagna e particolarmente Barcellona si prostrò con ansia di riparazione e sete di amore davanti all'altare espiatorio che gli spagnuoli stanno erigendo sulla cima del Tibidabo al Sacro Cuore di Gesù. [...]