Riporto un brano tratto dall'Enciclica "Divini illius Magistri" del Sommo Pontefice Pio XI.
E’ altresì necessario dirigere e vigilare l'educazione dell'adolescente, "molle come cera a piegarsi al vizio" (Horat., Ars poet., v. 163) in qualsiasi altro ambiente egli venga a trovarsi, rimovendo le cattive occasioni e procurandogli l'opportunità delle buone nelle ricreazioni e nelle compagnie giacché "i discorsi cattivi corrompono i buoni costumi" (I Cor. V, 33).
Se non che, ai nostri tempi, si fa necessaria più estesa ed accurata vigilanza, quanto più sono accresciute le occasioni di naufragio morale e religioso per la gioventù inesperta, segnatamente nei libri empi o licenziosi, molti dei quali diabolicamente diffusi a vil prezzo, negli spettacoli del cinematografo, ed ora anche nelle audizioni radiofoniche, le quali moltiplicano e facilitano per così dire ogni sorta di letture, come il cinematografo ogni sorta di spettacoli. Questi potentissimi mezzi di divulgazione, che possono riuscire, se ben governati dai sani principi, di grande utilità all'istruzione ed educazione, vengono purtroppo spesso subordinati all'incentivo delle male passioni ed all'avidità del guadagno. Sant'Agostino gemeva della passione ond'erano trascinati anche dei cristiani del suo tempo agli spettacoli del circo, e racconta con vivezza drammatica il pervertimento, per buona ventura temporaneo, del suo alunno e amico Alipio (Conf. VI, 8). Quanti traviamenti giovanili, a causa degli spettacoli odierni, oltre che delle malvagie letture, non debbono ora piangere i genitori e gli educatori!
Sono perciò da lodare e da promuovere tutte quelle opere educative le quali con spirito sinceramente cristiano di zelo per le anime dei giovani, attendono, con appositi libri e pubblicazioni periodiche, a far noti, segnatamente ai genitori ed agli educatori, i pericoli morali e religiosi spesso subdolamente insinuati nei libri e negli spettacoli, e si adoperano a diffondere le buone letture e a promuovere spettacoli veramente educativi, creando anche con grandi sacrifici teatri e cinematografi, nei quali la virtù non solo non abbia nulla da perdere, ma bensì molto da guadagnare.
Da questa necessaria vigilanza non segue tuttavia che la gioventù debba essere segregata dalla società, nella quale pur deve vivere e salvare l'anima; ma oggi più che mai deve essere premunita e fortificata cristianamente contro le seduzioni e gli errori del mondo, il quale, come ammonisce una parola divina, è tutto "concupiscenza degli occhi e superbia della vita" (I Ioan. 11, 16); per maniera che, come diceva Tertulliano dei primi cristiani, siano quali debbono essere i veri cristiani di tutti i tempi "compossessori del mondo, non dell'errore" (De Idolatria, 14).
Con questa sentenza di Tertulliano siamo già venuti a toccare quello che Ci siamo proposti di trattare in ultimo luogo, ma di massima importanza, e cioè la vera sostanza dell'educazione cristiana, quale si raccoglie dal suo fine proprio e nella cui considerazione si fa sempre più chiara, con meridiana luce, la sovraeminente missione educativa della Chiesa.
Fine proprio e immediato dell'educazione cristiana è cooperare con la Grazia divina nel formare il vero e perfetto cristiano: cioè Cristo stesso nei rigenerati col Battesimo, secondo la viva espressione dell'Apostolo: "Figliuolini miei, che io nuovamente porto in seno fino a tanto che sia formato in voi Cristo" (Gal. IV, 19). Il vero cristiano deve vivere la vita soprannaturale in Cristo: "Cristo che è la vita vostra" (Coloss. 111, 4), e manifestarla in tutte le sue operazioni: "affinché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale" (II Cor. IV, 11).
Perciò appunto l'educazione cristiana comprende tutto l'ambito della vita umana, sensibile, spirituale, intellettuale e morale, individuale, domestica e sociale, non per menomarla in alcun modo, ma per elevarla, regolarla e perfezionarla secondo gli esempi e la dottrina di Cristo.
Il vero cristiano, frutto dell'educazione cristiana, è l'uomo soprannaturale, che pensa, giudica ed opera costantemente e coerentemente, secondo la retta ragione illuminata dalla luce soprannaturale degli esempi e della dottrina di Cristo; ovvero, per dirla con il linguaggio ora in uso, il vero e compìto uomo di carattere. Non qualsiasi coerenza e tenacia di condotta, secondo principi soggettivi, costituisce il vero carattere, ma soltanto la costanza nel seguire i principi eterni della giustizia, come riconosce anche il poeta pagano, quando loda, inseparabilmente: "l'uomo giusto e ben fermo nel suo proposito" (Horat., Od. l. III, od. 3, v. l); e, d'altra parte, non può darsi compiuta giustizia, se non nel dare a Dio quel che si deve a Dio, come fa il vero cristiano.