Per tranquillizzare le anime che soffrono di scrupoli dico subito che l'assoluzione è valida anche se il confessore non ha fatto recitare l'Atto di dolore, tuttavia questa moda diffusa dai modernisti è dannosa per i penitenti. A tal proposito ripubblico alcuni brani di una vecchia e-mail di una lettrice del blog.
Gent.mo in Gesù,
leggo con piacere che si nomina spesso il "mio" amatissimo Cardinale Siri che sulla dignità del sacerdote, anche riguardo alla talare, non scherzava. Recentemente mi sono confessata e il sacerdote era in maglietta e senza stola, mi ha congedato senza farmi recitare l'atto di dolore e senza penitenza (...), come è possibile?!?!
Mi sento sempre più sola e vorrei tanto condividere il mio amore per la Liturgia ma non so come; verso i contatti in rete sono molto diffidente. Leggo e vedo quanto lavoro comporti il blog, in tempo e dedizione, ma se ti venisse qualche idea...
Ti saluto in Maria nostra Pace,
(lettera firmata)
Cara sorella in Cristo,
purtroppo, anche io ho notato che molti preti modernisti non fanno più recitare l'Atto di dolore (o qualche preghiera simile, come "O Gesù d'amore acceso", scritta da Sant'Alfonso Maria de Liguori) prima di impartire l'assoluzione sacramentale. Sia chiaro: l'assoluzione è valida lo stesso, purché il penitente sia ben disposto (cioè sia sinceramente pentito), tuttavia ritengo opportuno far recitare l'Atto di dolore appunto perché è utilissimo a ben disporre i penitenti suscitando in essi un dolore soprannaturale delle colpe commesse. Infatti, affinché l'assoluzione sia valida, è necessario che il penitente sia veramente pentito di tutti i peccati mortali commessi e abbia sinceramente intenzione di non commetterli più in avvenire. Se il penitente ha confessato solo peccati veniali, affinché l'assoluzione sia valida è necessario che sia sinceramente pentito almeno di uno di essi. Se il penitente non è davvero pentito anche di un solo peccato mortale, o di tutti i peccati veniali (se la confessione è stata solo di colpe "leggere"), ma è in buona fede (cioè non si rende conto di non essere davvero pentito), in questo caso l'assoluzione è solamente nulla. Se invece è in malafede, cioè è consapevole di non essere pentito, in questo caso, oltre a ricevere invalidamente l'assoluzione, commette anche sacrilegio.
Ecco perché è importante recitare con devozione l'Atto di dolore, visto che questa bella preghiera, se recitata col cuore, aiuta a suscitare un dolore soprannaturale per le colpe commesse, ricordando alla propria anima che peccando ci si è resi degni dei castighi divini e, ancora più importante, si è offeso Dio, il quale è infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa. Dunque il pentimento è essenziale per poter ricevere davvero il perdono da parte della Santissima Trinità. Ma i modernisti affermano erroneamente che Dio, essendo infinitamente buono, ci perdona sempre, anche se non siamo pentiti. Questa, oltre ad essere un'eresia (andassero a rileggersi gli insegnamenti infallibili del Concilio di Trento!), è un voler prendersi burla del Signore, ma "Deus non irridetur", Dio non si lascia prendere in giro da delle piccole creature, pertanto chi non si pente delle proprie colpe, dopo la morte dovrà renderne conto dinanzi all'inappellabile tribunale di Gesù Cristo.
Visto che i preti modernisti non fanno recitare più l'Atto di dolore, il mio consiglio è di recitarlo dopo aver fatto l'esame di coscienza, poco prima di confessarsi. E' inoltre buona abitudine recitarlo ogni giorno per suscitare atti di contrizione perfetta. Invece per quanto riguarda la penitenza sacramentale, tempo fa ho pubblicato un post nel quale ho ricordato che se non viene assegnata, l'assoluzione è valida lo stesso, ma il sacerdote pecca (gravemente se il penitente ha confessato peccati mortali, venialmente se ha confessato solo peccati veniali o peccati mortali già confessati in passato).
Sono contento che nutri molta stima nei confronti del compianto Cardinale Giuseppe Siri, indimenticabile arcivescovo di Genova e strenuo difensore della Tradizione Cattolica. Se tutti i vescovi fossero zelanti come lui, la crisi ecclesiale che stiamo vivendo sarebbe già finita. Sant'Alfonso Maria de Liguori confidò a un suo amico che la maggioranza dei vescovi non ha vero zelo per la salvezza delle anime. Con le lacrime agli occhi dobbiamo supplicare il Signore di donarci vescovi veramente innamorati delle anime, le quali vennero pagate a caro prezzo dal Redentore Divino sulla croce del Golgota. Quando un vescovo è veramente zelante, nel seminario diocesano vengono formati buoni sacerdoti, i quali a loro volta fanno un gran bene tra le anime.
Hai ragione quando dici che gestire il blog assorbe tanto tempo e comporta molto impegno, ma continuo ad andare avanti anche perché diversi lettori mi hanno confidato che leggendolo ne traggono giovamento spirituale e mi sembrerebbe di tradirli se abbandonassi tutto senza una valida giustificazione.
Ti saluto cordialmente nei Cuori di Gesù e Maria.
Cordialiter