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giovedì 20 gennaio 2022

Bilancio consuntivo di decenni di ecumenismo

Nel 1971 il grande Cardinale Giuseppe Siri auspicò che si facesse un “bilancio” sull'ecumenismo. Oggi, a decenni di distanza, penso che sia arrivato il momento di tirare le somme e vedere quali siano stati i risultati raggiunti. Delle centinaia di Chiese e Comunità Ecclesiali acattoliche presenti nel mondo negli anni sessanta, quante di esse hanno deciso di entrare nella Chiesa Cattolica fondata da Gesù Cristo? La somma è molto semplice da fare, non c'è bisogno di usare la calcolatrice: zero!

I numeri non sono né tradizionalisti né modernisti, sono dati di fatto di cui prendere atto. Il bilancio di decenni di dialogo ecumenico è tutt'altro che entusiasmante, non ci sono stati i frutti sperati, evidentemente qualcosa deve essere andato storto. 

Non dico che tutto ciò che è stato fatto in ambito ecumenico sia sbagliato, e che tutti coloro che si sono cimentati in questo campo abbiano commesso qualche colpa grave, però bisogna riconoscere che, generalmente parlando, sono stati compiuti anche molti errori. Per esempio, durante un'omelia un sacerdote ha raccontato con rammarico un triste fatto avvenuto quando lui era studente universitario, quando un prete organizzò in una chiesa un incontro ecumenico coi protestanti, ma per non urtare la sensibilità dei seguaci di Lutero, il prete tolse il Santissimo Sacramento dal tabernacolo e lo “nascose” in sacrestia. L'allora studente universitario si domandò come si potesse ottenere l'unità dei cristiani in quel modo, cioè mettendo da parte Gesù Cristo. È ovvio che questi metodi ecumenici siano fallimentari.

Sia chiaro, io desidero ardentemente che gli acattolici si convertano ed entrino a far parte della Chiesa Cattolica, che è il Corpo Mistico di Cristo, tuttavia non penso che ciò possa avvenire coi metodi usati da coloro che hanno il prurito delle novità. Bisogna usare i metodi efficaci che usavano San Pietro Canisio e tanti altri zelanti cattolici. Non è con le ambiguità, le mezze verità e l'occultamento dei dogmi che si ottiene l'unità dei cristiani. 

Ma c'è un'altra triste considerazione da fare. Fino agli anni sessanta avvenivano spesso dalle conversioni dal protestantesimo al cattolicesimo, mentre oggi non solo le conversioni sono diminuite drasticamente, ma addirittura molti cattolici stanno passando nelle file delle nuove sette (soprattutto in Sud America). In un vecchio libro dei primi anni sessanta ho letto dei dati che fanno riflettere, ad esempio in Svizzera nell'arco di un secolo i cattolici erano passati da circa il 33% della popolazione totale al 45,5% del 1960 (mentre oggi sono calati al 38,6%). In Inghilterra i cattolici aumentavano di oltre 100.000 fedeli all'anno, ed era in corso una lenta e costante ricolonizzazione cattolica. Lo stesso trend si registrava in Germania e nei Paesi Bassi. In quest'ultimo Stato i cattolici erano arrivati al 42% della popolazione, mentre oggi la percentuale è crollata al 29%.  Nel 1962 i cattolici negli Stati Uniti d'America erano quasi 43 milioni, in aumento di circa 800.000 fedeli rispetto all'anno precedente. Dal 1952 al 1962 l'incremento era stato superiore al 40%. Ma il dato più eloquente è il calo della percentuale dei cattolici sulla popolazione mondiale, passata dal 18,7% dei primi anni sessanta all'attuale 17,3%.

“Contra factum non valet argumentum”, contro l'evidenza dei fatti i teologi modernisti non possono accampare scuse, bisogna riconoscere gli sbagli fatti e correggere la rotta. Dobbiamo tornare al “vero ecumenismo”, cioè all'apostolato concreto dei santi, i quali portavano anime a Dio, finiamola col falso ecumenismo delle chiacchiere e dei dialoghi inconcludenti!