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domenica 19 gennaio 2025

Intimità divina

Dagli scritti di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena (1893 - 1953).


Concedimi, o Signore, piena e stabile intimità con te, affinché possa amarti sempre di più. 

1 - L’anima comincia ad entrare nel cammino dell’intimità divina il giorno in cui, decidendo risolutamente di uscire da se stessa e da tutte le cose, si pone con ardore alla ricerca di Dio vivo e presente in lei. Da questo primo passo all’intimità profonda, che stringerà a Dio l’anima giunta all’unione totale, il cammino è lungo e faticoso. Progressivamente, a misura che, sostenuta dalla grazia, l’anima si distacca da se stessa e dalle creature, a misura che si libera delle sue imperfezioni, che si spoglia della sua volontà rivestendosi solo della volontà divina e che, lasciando divampare in lei l’amore, si avvia «alla dolce e dilettevole unione» (GC. N. II, 16, 14), la sua intimità con Dio si fa più intensa ed amorosa, finché, pervenuta alle vette dell’amore trasformante, diventa continua e perfetta, diventa abbraccio divino che stringe la creatura al Creatore. Allora la grande promessa di Gesù: «se uno mi ama... il Padre mio l’amerà e verremo a lui e faremo dimora presso di lui» (Gv. 14, 23), si realizza nel modo più perfetto possibile sulla terra. 

«Non è da ritenersi per cosa incredibile - afferma S. Giovanni della Croce - che in un’anima già purgata, provata nel fuoco delle tribolazioni, dei travagli e di varie tentazioni, e trovata fedele nell’amore, si adempiano quaggiù quelle parole con cui il Figlio di Dio promise che, se alcuno lo amasse, la SS.ma Trinità verrebbe a lui a farvi stabile dimora: ossia illuminandole divinamente l’intelletto nella sapienza del Figlio, dilettandone la volontà nello Spirito Santo, e assorbendola il Padre possentemente nell’abisso della sua dolcezza» (F. 1, 15). Nei momenti più alti dell’unione trasformante, l’anima avverte Dio vivo, presente ed operante in lei, avverte il suo dolcissimo abbraccio paterno che la regge, avverte lo splendore della sua Sapienza che la illumina, avverte il divino fiammeggiare del suo Amore che tutta la penetra. Ma anche quando il senso della presenza e dell’azione divina in lei non è così forte e beatificante, l’anima è consapevole di essere profondamente unita a Dio, da lui mossa e governata: «Sento che [Gesù] è in me, ad ogni istante mi guida e m’ispira quel che devo dire o fare», attesta S. Teresa di G. B. (St. p. 221). L’umile Santa, pur non avendo conosciuto le grandi grazie mistiche, è arrivata anche lei, non meno della sua grande madre, Teresa di Gesù, a quella intimità profonda con Dio che l’anima gode nello stato di unione totale. 

2 - L’intimità divina, soprattutto nei suoi gradi più alti, è per se stessa quanto mai gaudiosa e beatificante; tuttavia l’anima innamorata non anela a questa intimità per godere, bensì per amare sempre di più il suo Dio, per essere a lui totalmente unita, da lui tutta posseduta, mossa e governata, onde servirlo sempre meglio e dargli gloria in ogni sua azione. S. Teresa d’Avila dice espressamente che lo scopo per cui il Signore si comunica alle anime e fa loro tante grazie - anche i più alti favori mistici - non è soltanto di «accarezzarle», ossia di consolarle, ma «di fortificare la loro debolezza onde sappiano imitare [Gesù] nel molto patire», e aggiunge con il suo abituale entusiasmo: «Questo è il fine dell’orazione; a questo tende il matrimonio spirituale: a produrre opere ed opere» (M.VII, 4, 4 e 6). 

La dolcezza e il gaudio dell’intimità con Dio, hanno lo scopo di rendere l’anima più coraggiosa nel servizio divino, più generosa nel dono di sé, più forte nel portare la croce. Sì, finché siamo quaggiù la sofferenza non può mai mancare e non manca neppure in mezzo alle delizie dell’unione divina, perché dobbiamo conformarci a Gesù crocifisso, dobbiamo seguirlo sulla via del Calvario fino alla completa immolazione con lui per la gloria del Padre e la salvezza dei fratelli. Le opere che l’unione con Dio deve produrre sono appunto le opere dell’amore, è l’attività intensa dell’amore puro, mediante la quale l’anima si dona incessantemente a Dio, desiderosa di trascinare con sé uno stuolo immenso di altre anime. Così, dall’intimità divina, dall’unione totale col Signore, dall’amore puro sgorga spontaneo l’apostolato più fecondo. «La gloria delle anime [giunte al matrimonio spirituale] - afferma l’ardente Teresa di Gesù - è nel poter aiutare il loro Dio crocifisso, specialmente quando vedono fino a che punto sia Egli offeso e come pochi cerchino davvero il suo onore, trascurando tutto il resto» (M. VII, 3, 6). 

Affatto dimentica di sé, l’anima amante non pensa né al suo godere, né al suo patire, ma pensa solo ad amare ed a servire il suo Dio, pensa solo a contribuire quanto più può alla sua gloria, associandosi all’opera redentrice di Gesù. E se anela ad un’unione con Dio sempre più intima e perfetta, sia oggi sulla terra come domani nel cielo, è per amare con la massima intensità, è per far amare l’Amore dal maggior numero possibile di anime. 


[Scritto tratto da “Intimità Divina”, di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena, pubblicato dal Monastero S. Giuseppe delle Carmelitane Scalze di Roma, imprimatur: Vicetiae, 4 martii 1967, + C. Fanton, Ep.us Aux.].


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