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sabato 14 dicembre 2024

Zelo per le anime fino all'ultimo respiro

Si rimane edificati nel constatare lo zelo di quei sacerdoti che pur di salvare un’anima sono disposti a compiere grandi sacrifici. A tal proposito vorrei farvi leggere un articolo pubblicato sul “Bollettino Salesiano” dell’agosto 1941, durante la Seconda Guerra Mondiale.

Carissimi,

"Catechési", la nostra rivista catechistica, ha pubblicato nel mese di giugno u. s. questo commovente episodio: 

« Presso la stazione ferroviaria di una cittadina delle retrovie, 150 feriti giacevano distesi sulla paglia. Otto di essi, i più gravi, agonizzavano in un angolo, emettendo gravi e soffocati lamenti. 

» - Soffrite molto? - chiese ad uno di essi una infermiera, chinandosi su di lui e guardandolo con una certa ansia.

» - Assai, assai! - E il petto fasciato ansimava nel rantolo dell'agonia... 

» - Il buon Dio!... - proruppe il moribondo. 

» La voce era fievole come un sospiro. L'occhio vagava incerto nel vuoto. Mentre l'infermiera lo medicava seguitò a parlare a voce bassa come se avesse una confidenza da farle. 

» - Oggi - mormorò in fine con accento grave - come vorrei potermi confessare! - 

» V'era tanta ansia in quell'esclamazione, tanto desiderio di purificare l'anima sua prima della morte vicina, che l'infermiera si alzò di botto e chiese a voce alta: 

- V'è qualche sacerdote qui? 

» Nessuno rispose; il Cappellano doveva venire più tardi. E intanto il povero giovane moriva. 

L'infermiera si allontanò dal moribondo e tentò di applicarsi alla cura degli altri feriti. Ma quell'immagine le restava fissa nella mente come un rimorso. Ad un tratto si sentì tirare per una manica... Vide accanto uno dei morenti, che tra gli spasimi più atroci si era sollevato dal suo giaciglio. Si avvicinò premurosa e già la mano correva alle fasciature credendo che desiderasse qualche aiuto. L'ammalato la guardò. Sul volto sfigurato dal lungo soffrire era un sorriso di gioia, una certa aspettazione ansiosa, che dava agli occhi uno scintillio singolare. 

- Signora, - egli disse - io sono Sacerdote, posso assolvere. Conducetemi da quell'uomo. - E in così dire le additò, sollevando il mantello con la mano tremante, la rossa croce che gli splendeva sul petto: era un Cappellano militare. 

L'infermiera esitava. Il poveretto aveva le reni fracassate da una scheggia di obice. Il più lieve movimento, oltre a procurargli atroci torture, gli poteva essere fatale. Confusa, ammirata a tanto eroismo, stava per dir di no, perchè era impossibile, perchè sarebbe stato un ammazzar lui... 

» Ma allora quella voce così debole e supplichevole si fece imperiosa e severa. Fu come un grido di santa indignazione che venne fuori da quel corpo distrutto e la conquistò. 

» - Voi che credete - esclamò - non conoscete dunque il prezzo di un'anima?... Cos'è un quarto d'ora di vita in confronto di un'anima da salvare?

» E si sollevava, tentando un supremo sforzo, per andar da solo presso colui che voleva salvare. L'infermiera non poteva più esitare. Chiamò altri infermieri e fece ciò che egli voleva. 

» Fu cosa tremenda sollevare quell'eroe per deporlo sulla barella: per lo spasimo il sudore gli scendeva a grandi gocce per tutto il viso pallidissimo, mentre i denti si stringevano spasmodicamente... Ma non un lamento uscì dal petto generoso. Quando lo posarono a lato dell'altro moribondo, essi si guardarono con un sorriso. Nell'uno vi era la gioia di potersi riconciliare con Dio, nell'altro la felicità del padre che veniva a salvare un suo figlio perduto. 

» Li lasciarono soli per breve tempo... 

L'infermiera fu richiamata poco dopo e accorse, seguita da altri infermieri testimoni di quella scena commovente. 

» - Aiutatemi a tracciare il segno del perdono - le disse con uno sforzo il Sacerdote morente - non lo posso far più. 

» Con la mano tremante essa alzò allora quel braccio per dare l'ultima assoluzione... 

» Quello sforzo esaurì l'eroico Cappellano. 

» Aprì gli occhi e mormorò dolcemente: 

» - Pregate per me... io muoio contento. - 

» E lo sguardo era così sereno, nonostante gli spasimi del dolore, da sembrare quasi che quell'anima fosse già al cospetto del suo Dio. Più volte ripetè: 

» - Il cielo... il cielo... 

» E con la mano morente accarezzava l'altro ferito suo penitente. Poi un fremito passò per tutto il suo corpo. Drizzò l'ultimo sguardo al cielo e si irrigidì nella pace della morte ». 

Miei cari: imparate anche dall'eroismo di questo caro Cappellano ad apprezzare l'anima vostra e a far tesoro del sacramento della Penitenza, finchè ne avete tempo e modo. 

Avvezzatevi da giovani a confessarvi bene e frequentemente e pregate il Signore a concedervi questo salutare conforto anche al termine della vita. 

Vostro aff.mo Don Giulivo