Nel 1946 un gruppo di soldati italiani che ritornò in Patria dopo 3 anni di dura prigionia nei gulag stalinisti, scrisse una breve dichiarazione che venne sottoscritta da 526 militari su 552 (purtroppo durante la reclusione una minoranza di prigionieri si schierò coi sovietici divenendo spie e simpatizzanti del marxismo). Ecco alcune parti della dichiarazione:
«Noi ufficiali, sottufficiali, soldati, scampati dalla spaventosa prigionia di Russia, liberi finalmente da ogni morale e materiale coercizione, nel varcare i sacri confini della Patria ricordiamo alla Nazione le tante decine di migliaia di nostri compagni, morti nella prigionia di Russia per fame, freddo, epidemie e inumano trattamento. Facciamo appello al Governo Italiano perché richieda ed ottenga il sollecito rientro dei nostri connazionali, arbitrariamente trattenuti in prigionia, con la complicità di alcuni elementi [i collaborazionisti dei sovietici, ndr].
[...] Salutiamo le nostre famiglie, con le quali per lungo tempo ci fu negato il sacro diritto di corrispondere.
Testimoni consci di quello che vedemmo e soffrimmo, quale che possa essere la nostra tendenza politica, ripetiamo ad ogni Italiano: il bolscevismo, spoglio della sua retorica demagogica, significa dittatura; esso è sinonimo di asservimento, all'esterno e all’interno, alla tirannia di un partito sulla nazione, sulla famiglia, sull’individuo.
Viva l’Italia [...]»