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domenica 24 agosto 2025

Il tratto intimo con Dio

Dagli scritti di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena (1893 – 1953).


O Signore, benché io ne sia tanto indegno, non disdegnare di ammettermi alla tua intimità. 

1 - La meditazione, come pure la lettura meditata, è un mezzo per arrivare al centro dell’orazione che, secondo S. Teresa di Gesù, consiste in «un intimo rapporto di amicizia, nel quale l’anima si ferma sovente a trattare da sola a solo con Colui da cui sa di essere amata» (Vi. 8, 5). Poco importa l’arrivarci attraverso la meditazione o la lettura, oppure anche mediante la recita lenta e devota di una preghiera vocale: tutte le vie sono buone e la migliore per ognuno sarà quella che lo condurrà più rapidamente allo scopo; cioè al tratto intimo con Dio. Giunta così al centro dell’orazione, l’anima deve imparare a perseverarvi, ossia a trattenersi «in un intimo rapporto d’amicizia col Signore». Anche qui il modo varierà secondo l’attrattiva e le disposizioni personali, che spesso possono mutare secondo i giorni e le circostanze. Talvolta, appena l’anima si è sufficientemente addentrata a considerare l’amore di Dio per lei, si sente portata ad esprimergli la sua gratitudine, il suo desiderio di contraccambiarlo e spontaneamente inizia una conversazione intima col Signore. Gli dice tutta la sua riconoscenza, protesta [cioè “dichiara”, n.d.r.] di voler essere più generosa nel darsi a lui, chiede perdono per non esserlo stata in passato; passa poi a propositi pratici e quindi a chiedergli aiuto per saperli mantenere davvero. Naturalmente, si tratta di un colloquio intimo, tutto personale e spontaneo, senza alcuna preoccupazione di forma e di ordine, che proviene unicamente dalla sovrabbondanza del cuore. 

È proprio questo uno dei modi in cui, sospesa la lettura o la meditazione, che hanno destato in lei tanti buoni affetti, l’anima «si ferma a trattare da sola a solo con Dio», ritornando al libro od alla riflessione soltanto quando ne avrà bisogno per trarne nuovi argomenti e nuovi affetti con cui alimentare il suo colloquio col Signore. E si può dire che si tratta di un vero colloquio perché l’anima non è sola a parlare, ma spesso Dio le risponde, non certo con parole sensibili, ma inviandole grazie di luce e di amore con cui essa intende meglio le vie di Dio e si sente maggiormente accesa ad entrarvi con generosità. È bene perciò che l’anima non abbondi di parole nel suo colloquio, ma che spesso lo sospenda e si metta in ascolto interiore per percepire i movimenti della grazia, che sono appunto la risposta di Dio. 

2 - Non bisogna credere che, per trattare intimamente con Dio e manifestargli il proprio amore, sia sempre necessario farlo con le parole. Anzi - e ciò avviene spontaneamente col progresso della vita spirituale - l’anima spesso preferisce tacere per fissare indisturbata il suo sguardo sul Signore, per ascoltare lui, il Maestro interiore, per riamarlo in silenzio. La manifestazione del suo amore diventa così meno impetuosa e meno vivace, ma guadagna in profondità ciò che perde in emozione ed in esteriorità. L’anima esprime il suo amore più tranquillamente, ma il movimento della sua volontà verso Dio è molto più deciso e più serio. Lasciati da parte i ragionamenti, lasciate le parole, si concentra tutta in uno sguardo sintetico e amoroso su Dio, sguardo che assai meglio dei ragionamenti e dei colloqui vivaci, la fa penetrare nelle profondità dei misteri divini. Prima di arrivare a questo punto aveva letto, aveva meditato, aveva analizzato; ora invece, quasi assaporando il frutto delle sue indagini, si ferma a contemplare Dio in silenzio ed in amore. Il suo colloquio diventa così un colloquio silenzioso, contemplativo, secondo la nozione tradizionale della «contemplazione», intesa come «simplex intuitus veritatis», ossia come un semplice sguardo che penetra la verità. Ma, ripetiamolo, non è uno sguardo speculativo, bensì uno sguardo amoroso che tiene l’anima in intimo contatto con Dio, in un vero commercio di amicizia con lui: più l’anima lo contempla, più s’innamora di lui e più sente il bisogno di concentrare il suo amore in una generosità totale; d’altra parte, anche qui il Signore risponde alla ricerca e all’amore dell’anima, e si lascia trovare e sentire illuminandola con la sua luce e attirandola più fortemente a sé con la sua grazia. 

Non sempre l’anima riuscirà a perseverare a lungo in questo sguardo contemplativo, in questo colloquio silenzioso; ogni tanto avrà bisogno di ritornare alla riflessione, all’espressione verbale dei suoi affetti e, anzi, soprattutto quando non è ancora abituata a questo modo di orazione, sarà bene che lo faccia con una certa frequenza per evitare di cadere nel vago e nelle distrazioni. Tuttavia deve tener presente che guadagna di più in queste pause silenziose ai piedi del Signore che non in mille ragionamenti e discorsi. 

Colloquio - «O Signore, fa’ che lo scopo della mia orazione sia di tenere il cuore occupato ad amarti [...]» (cfr. S. Leonardo da Porto Maurizio). 


[Scritto tratto da “Intimità Divina”, di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena, pubblicato dal Monastero S. Giuseppe delle Carmelitane Scalze di Roma, imprimatur: Vicetiae, 4 martii 1967, + C. Fanton, Ep.us Aux.].