Dagli scritti di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena (1893 – 1953).
Ritorno ai tuoi piedi, o Gesù crocifisso, col desiderio di comprendere più a fondo lo spirito di mortificazione.
1 - Lo spirito di mortificazione non si limita alla mortificazione fisica, ma abbraccia anche il rinnegamento dell’io, della volontà, dell’intelligenza. Come nel nostro corpo e nei nostri sensi vi sono disordinate tendenze al godimento materiale, così nel nostro io vi sono disordinate tendenze all’affermazione di noi stessi. L’amor proprio ed il compiacimento della propria eccellenza sono spesso tanto grandi da far sì che, anche inconsciamente, l’uomo tenda a porre il suo io quasi a centro del mondo.
Lo spirito di mortificazione è veramente completo quando, non trascurando di mortificare il corpo, mira anzitutto a mortificare l’amor proprio in tutte le sue molteplici manifestazioni. Il fariseo che digiunava puntualmente, ma che aveva il cuore gonfio di superbia, sì da ridurre la sua preghiera ad una lode di sé e ad un disprezzo del prossimo, non possedeva lo spirito di mortificazione e perciò non fu giustificato dinanzi a Dio. Poco vale imporsi delle mortificazioni corporali, se poi non si sa rinunciare al proprio modo di vedere [...], se non si sa andare d’accordo con chi ci è contrario, sopportare tranquillamente un torto, una parola pungente o tacere una risposta piccante.
«Perché - domanda S. Teresa di Gesù - ci mostreremo tanto ritrose a mortificare il nostro interno [ossia l’amor proprio, la volontà, il giudizio] quando questa mortificazione rende più perfette e meritorie tutte le altre e ci aiuta a praticarle con maggior pace e soavità?» (Cam. 12, 1). Finché la mortificazione non colpisce l’amor proprio, rimane a mezza strada e non raggiunge il suo scopo.
2 - Il vero spirito di mortificazione abbraccia in primo luogo tutte le occasioni di sofferenza fisica o morale permesse dalla divina Provvidenza. Le sofferenze derivanti dalle malattie, la fatica e lo sforzo richiesto dall’adempimento del proprio dovere o da una vita di intenso lavoro, le privazioni imposte da uno stato di povertà sono ottime penitenze fisiche. […] Sarebbe un assurdo non voler accettare una sola di queste occasioni provvidenziali di sofferenza, per andare in cerca di mortificazioni volontarie di propria scelta. [...] In tal modo sfuggi proprio le migliori occasioni per rinnegare e mortificare il tuo amor proprio; anche se vorrai sostituirle con altre, queste non saranno mai così efficaci come quelle che Dio stesso ti aveva preparate. Infatti, nelle mortificazioni permesse per te dalla Provvidenza non c’è nulla della tua volontà, dei tuoi gusti e ti colpiscono proprio dove hai maggior bisogno e dove tu, con la mortificazione volontaria, non riusciresti mai ad arrivare.
Per giungere alla santità non si richiede da tutti una determinata misura di penitenza volontaria - la quale varia secondo l’ispirazione dello Spinto Santo, il parere dei superiori e le forze fisiche di ognuno - però da tutti si richiede quel retto e profondo spirito di mortificazione che sa abbracciare con generosità ogni occasione di rinuncia preparata o permessa da Dio.
[Scritto tratto da “Intimità Divina”, di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena, pubblicato dal Monastero S. Giuseppe delle Carmelitane Scalze di Roma, imprimatur: Vicetiae, 4 martii 1967, + C. Fanton, Ep.us Aux.].
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