Dagli scritti di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena (1893 – 1953).
O Gesù, dolce ed umile di cuore, rendi il mio cuore simile tuo.
1 - Una sola volta Gesù ha detto espressamente: imparate da me, e l’ha detto proprio a proposito dell’umiltà: «Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore» (Mt. 11, 29). Ben sapendo quanto sarebbe stato difficile alla nostra natura orgogliosa la pratica della vera umiltà, sembra che Egli abbia voluto darci così un particolare incoraggiamento. Il suo esempio, le sue inaudite umiliazioni […] fino ad essere «annoverato tra i malfattori» (Mr. 15, 28), sono il più grande sprone ed il più grande invito alla pratica dell’umiltà.
Gesù ci parla direttamente dell’umiltà del cuore, perché, per essere sincera, ogni virtù, ogni riforma di vita deve sempre partire dal cuore da cui vengono i pensieri e le azioni. Un portamento esterno, un parlare umile sono vani, senza l’umiltà del cuore, anzi spesso sono la maschera di un orgoglio raffinato e quindi più pericoloso. «Rimonda prima l’interno - diceva Gesù stigmatizzando l’ipocrisia dei farisei - e anche l’esterno diventerà pulito» (Mt. 23, 26). E S. Tommaso insegna che «dall’interiore disposizione all’umiltà procedono i segni nelle parole, nei gesti, nei fatti, mediante i quali si manifesta all’esterno ciò che è nascosto nell’interno» (IIa IIae, q. 161, a. 6, co.).
Quindi, se vuoi essere veramente umile, applicati [...] all’umiltà del cuore, addentrandoti sempre più nel sincero riconoscimento del tuo nulla, della tua pochezza. Sappi riconoscere sinceramente i tuoi difetti, le tue mancanze, senza volerli attribuire ad altra causa che alla tua miseria; sappi riconoscere il bene che è in te come puro dono di Dio, senza mai fartene padrone.
2 - L’umiltà del cuore è virtù difficile e facile insieme: difficile, perché tanto contraria all’orgoglio che sempre ci spinge ad esaltarci; facile, perché non abbiamo bisogno di andare lontano a cercarne i motivi, ma li abbiamo - e in abbondanza - in noi stessi, nella nostra miseria. Tuttavia, non basta essere miserabili per essere umili, ma è umile solo chi riconosce sinceramente la propria miseria e agisce in conseguenza.
A questo riconoscimento l’uomo, superbo per istinto, non può giungere senza la grazia di Dio, ma poiché Dio non nega a nessuno le grazie necessarie, rivolgiti a lui e, con fiducia e costanza, chiedigli l’umiltà del cuore. Chiedila in nome di Gesù che tanto si è umiliato per la gloria del Padre e per la tua salvezza, «chiedi in nome suo e riceverai» (cfr. Gv. 16, 24). Se poi, malgrado il tuo sincero desiderio di diventare umile, senti spesso agitarsi in te movimenti di orgoglio, di vanagloria, di vana compiacenza, anziché avvilirti, riconosci in questo il frutto della tua natura cattiva e serviti di ciò come di un nuovo motivo per umiliarti.
Ricorda inoltre che puoi praticare sempre l’umiltà del cuore, anche quando non puoi fare particolari atti di umiltà esterna, anche quando nessuno ti umilia e sei invece fatto segno alla fiducia, alla stima, alle lodi altrui. In simili circostanze S. Teresa di G. B. diceva: «Ciò non saprebbe ispirarmi della vanità, perché ho sempre presente al pensiero il ricordo di quello che sono» (St. p. 302); e tu pensa che, come «non ti rende più spregevole il biasimo, così non ti rendono più santo le lodi altrui» (Imit. II, 6, 3). Anzi, più gli altri ti esaltano e più cerca di umiliarti in cuor tuo. Praticata in tal modo, l’umiltà del cuore ti farà concepire un così basso concetto di te, che non saprai più preferirti a nessuno, ma tutti giudicherai migliori di te e di te maggiormente degni di stima, di rispetto, di riguardi e così te ne starai in pace, non venendo mai turbato né dal desiderio di sorpassare gli altri, né dalle umiliazioni che potrai ricevere. La pace interiore è frutto dell’umiltà, infatti Gesù ha detto: «Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore e troverete riposo - requiem - alle anime vostre» (Mt. 11, 29).
[Scritto tratto da “Intimità Divina”, di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena, pubblicato dal Monastero S. Giuseppe delle Carmelitane Scalze di Roma, imprimatur: Vicetiae, 4 martii 1967, + C. Fanton, Ep.us Aux.].
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