Vi è un altro punto ancora che è Nostro vivo desiderio di presentare a tutti nella luce più chiara. È stata norma sapientissima, costantemente seguita dalla chiesa, dalle origini ai nostri giorni, che l'evangelo non dovesse distruggere né soffocare ciò che vi fosse di buono, di onesto e di bello nell'indole e nei costumi dei vari popoli che lo avevano abbracciato. La chiesa nel condurre i popoli a una civiltà più elevata sotto l'influsso della religione cristiana, non si comporta come chi senza alcuna distinzione taglia, abbatte e distrugge una selva lussureggiante, ma piuttosto come chi innesta nuovi sani virgulti sui vecchi ceppi, affinché possano a loro tempo produrre e maturare frutti più squisiti e delicati.
La natura umana, sebbene viziata dalla tara ereditaria del triste peccato di Adamo, conserva ancora un fondo naturalmente cristiano, che illuminato dalla luce divina e plasmato dalla grazia può essere elevato ad atti di virtù vera, e un giorno alla vita eterna.
Perciò la chiesa cattolica non disprezzò o rigettò completamente il pensiero pagano, ma piuttosto, dopo averlo purificato da ogni scoria di errore, lo completò e lo perfezionò con la sapienza cristiana. Così pure accolse benevolmente il progresso nel campo delle scienze e delle arti, che in alcuni luoghi raggiunse altezze veramente sublimi, e lo perfezionò diligentemente innalzandolo a fastigi di bellezza forse prima mai raggiunti. E neppure soppresse del tutto i costumi e le antiche istituzioni dei popoli, ma in qualche maniera li consacrò; le stesse feste pagane, trasformate nel significato e nel rito, piegò a celebrare le memorie dei martiri e i divini misteri. [...].
Noi stessi nella prima enciclica Summi pontificatus scrivevamo: «Innumerevoli ricerche e indagini di pionieri, compiute con sacrificio, dedizione e amore dai missionari di ogni tempo, si sono proposte di agevolare l'intima comprensione e il rispetto per le civiltà più svariate, e di intenderne i valori spirituali fecondi per una viva e vitale predicazione dell'evangelo di Cristo. Tutto ciò che in tali usi e costumi non è indissolubilmente legato con errori religiosi troverà sempre benevolo esame e, quando riesce possibile, verrà tutelato e promosso».
E nel discorso che abbiamo rivolto ai dirigenti delle Pontificie opere missionarie nell'anno 1944, questo tra l'altro dicevamo: «Il missionario è apostolo di Gesù Cristo. Egli non ha l'ufficio di trapiantare la civiltà specificamente europea nelle terre di missione, bensì di rendere quei popoli, che vantano talora culture millenarie, pronti e atti ad accogliere e ad assimilare gli elementi di vita e di costumanza cristiana, che facilmente e naturalmente si accordano con ogni sana civiltà e conferiscono a questa la piena capacità e forza di assicurare e garantire la dignità e la felicità umana. I cattolici indigeni debbono essere veramente membri della famiglia di Dio e cittadini del suo regno (cf. Ef 2, 19), senza però cessare di rimanere cittadini anche della loro patria terrena».
[Brano tratto dalla Lettera Enciclica "Evangelii Praecones" del Sommo Pontefice Pio XII].