Per ciò che riguarda l'amore disordinato dei beni della terra, bisogna ricordarsi che le ricchezze non sono un fine ma un mezzo che la Provvidenza ci dà per sovvenire ai nostri bisogni; che Dio ne resta il supremo Padrone, che noi in fondo non ne siamo che amministratori, e che dovremo rendere conto del loro uso: redde rationem villicationis tuæ". È quindi savia cosa dare larga parte del proprio superfluo in elemosine e in buone opere; a questo modo si assecondano i disegni di Dio, il quale vuole che i ricchi siano, a così dire, gli economi dei poveri; e si fa un deposito sulla Banca del cielo, che ci sarà reso centuplicato quando entreremo nell'eternità: "Accumulatevi, dice Gesù, tesori nel cielo, dove la ruggine e la tignuola non corrodono; e dove i ladri non forano muri nè rubano: thesaurizate autem vobis thesauros in cælo, ubi nec ærugo, neque tinea demolitur, et ubi fures non effodiunt nec furantur". È il mezzo sicuro per distaccare i nostri cuori dai beni della terra ed elevarli a Dio: "perchè, aggiunge Nostro Signore, dov'è il tuo tesoro, ivi è il tuo cuore: "Ubi enim est thesaurus tuus, ibi est et cor tuum". Cerchiamo dunque innanzitutto il regno di Dio, la santità, ed il resto ci sarà dato per giunta. [...] In ogni caso il cuore dev'essere distaccato dalle ricchezze per volarsene a Dio. [...] Beati coloro che, stando secondo il loro stato in mezzo al mondo, non ne sono tocchi e vi passano senza attaccarvisi [...].
(Brano tratto da “Compendio di Teologia Ascetica e Mistica”, di Padre Adolphe Tanquerey, trad. P. Filippo Trucco e Can.co Luigi Giunta, Società di S. Giovanni evangelista - Desclée & Co., 1928)