Brani tratti da "Riflessioni divote", di Sant'Alfonso Maria de Liguori.
Mentre siamo in questa vita siamo tanti pellegrini che andiamo vagando per questa terra, lontani dalla nostra patria, il cielo, dove il Signore ci aspetta a godere eternamente il suo bel volto (...). Se dunque amiamo Dio, dobbiamo avere un continuo desiderio di uscire da questo esilio con separarci dal corpo, e di andare a vederlo. Ciò era quello che sempre sospirava san Paolo (...).
Signore, io son pellegrino su questa terra: insegnami l'osservanza dei tuoi precetti che son la via di giungere alla mia patria il cielo. Non è maraviglia se i malvagi vorrebbero sempre vivere in questo mondo, mentre giustamente essi temono di passare dalle pene di questa vita alle pene eterne ed assai più terribili dell'inferno; ma chi ama Dio ed ha una moral certezza di stare in grazia come può desiderare di seguire a vivere in questa valle di lagrime, in continue amarezze, angustie di coscienza, e pericoli di dannarsi? e come può non sospirare di andar presto ad unirsi con Dio nell'eternità beata, ove non v'è più pericolo di perderlo? (...) Povero chi per molto tempo dovrà proseguire a vivere in questo mondo fra tanti pericoli di dannarsi! E perciò i santi di continuo hanno avuta in bocca quella preghiera: Adveniat, adveniat regnum tuum; presto Signore, presto portateci al vostro regno.
Affrettiamoci intanto noi, come ci esorta l'apostolo, ad entrare in quella patria ove troveremo una perfetta pace e contento (...). Affrettiamoci (dico) col desiderio e non cessiamo di camminare sino ad afferrare quel porto beato che Dio apparecchia agli amanti suoi. (...) Sicché l'unica nostra preghiera per sollevarci nelle angustie ed amarezze che proviamo in questa vita deve esser quella, Adveniat regnum tuum: Signore, venga presto il vostro regno, ove uniti eternamente con voi, amandovi da faccia a faccia con tutte le nostre forze, non avremo più timore né pericolo di perdervi.
E quando ci troviamo afflitti dai travagli o vilipesi dal mondo, consoliamoci colla gran mercede che apparecchia Dio a chi patisce per suo amore: Gaudete in illa die et exultate; ecce enim merces vestra multa est in coelo. Dice s. Cipriano che con molta ragione vuole il Signore che noi godiamo nei travagli e nelle persecuzioni, perché allora si provano i veri soldati di Dio, e si distribuiscono le corone ai fedeli: Gaudere et exultare non voluit in persecutione Dominus, quia tunc dantur coronae fidei, tunc probantur milites Dei.
Ecco, Dio mio, paratum cor meum, eccomi apparecchiato ad ogni croce che mi darete a soffrire. No che non voglio delizie e piaceri in questa vita; non merita piaceri chi vi ha offeso e si ha meritato l'inferno. Son pronto a patire tutte le infermità e traversie che mi mandate: son pronto ad abbracciare tutti i disprezzi degli uomini; son contento, se così vi piace, che mi priviate di tutti i sollievi corporali e spirituali; basta che non mi priviate di voi e di sempre amarvi. Ciò non lo merito, ma lo spero da quel sangue che avete sparso per me. V'amo, mio Dio, mio amore, mio tutto. Io vivrò in eterno ed in eterno vi amerò come spero, e il mio paradiso sarà godere del vostro gaudio infinito che voi ben meritate per la vostra infinita bontà.
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