L'angelico dottore S. Tomaso d'Aquino, pure divotissimo per le anime, fu ricompensato con parecchie apparizioni, che furono conosciute per mezzo dell'irrecusabile testimonianza dello stesso illustre Dottore. Offriva egli in modo particolare le sue preghiere ed i suoi sacrifizi per i defunti che aveva conosciuti o che erano della sua parentela.
Quando era lettore di teologia all'Università di Parigi, perdette una sorella, che morì nel monastero di Santa Maria di Capua, di cui era badessa. Appena il santo conobbe la sua morte, con fervore ne raccomandò a Dio l'anima. Alcuni giorni dopo, essa gli comparve, scongiurandolo di aver pietà di lei, di continuare, anzi raddoppiare i suoi suffragi, perché crudelmente soffriva fra le fiamme dell'altra vita. Tomaso si diede premura di offrire a Dio tutte le soddisfazioni che poteva, e di più domandò i caritatevoli suffragi dei suoi amici. In tal modo ottenne la liberazione della sorella, venuta essa stessa a dargliene l'assicurazione. Poco tempo dopo, essendo stato inviato a Roma dai suoi superiori, gli apparve l'anima della sorella, ma questa volta, in tutto lo splendore del trionfo e della gioia. Reso famigliare colle cose soprannaturali, il santo non temette d'interrogare l'apparsa, e domandarle che n'era dei suoi due fratelli Arnaldo e Landolfo, anch'essi da qualche tempo morti. «Arnaldo è in Cielo, rispose l'anima, e vi gode un alto grado di gloria, per aver difesa la Chiesa ed il Sommo Pontefice contro le empie aggressioni dell'imperatore Federico. Quanto a Landolfo, trovasi ancora nel Purgatorio, ove soffre molto ed ha grande bisogno di soccorsi. Quanto a te, mio caro fratello, ella aggiunse, ti aspetta in Paradiso un posto magnifico, in ricompensa di quanto hai fatto per la Chiesa. Affrettati a dar l'ultima mano ai vari lavori che hai incominciato, poiché ben presto sarai unito a noi». Riferisce la storia che infatti il santo Dottore non visse più a lungo. Un'altra volta, lo stesso santo, facendo orazione nella chiesa di S. Domenico in Napoli, vide avvicinarglisi il confratello Romano, che a Parigi gli era successo nella cattedra di teologia. Il santo dapprima credette che arrivasse da Parigi, ignorando la sua morte; si alzò quindi, gli andò incontro e lo salutò, domandando notizie della sua salute e dei motivi del suo viaggio. «Non sono più di questo mondo, gli disse il religioso sorridendo, e per la misericordia di Dio già posseggo il Bene supremo: d'ordine suo vengo ad incoraggiarvi nei vostri lavori. - Sono in istato di grazia? Chiese subito Tomaso. - Sì, fratello mio, e le vostre opere, sono a Dio gratissime. - E voi avete provato il Purgatorio? - Sì, per quindici giorni, causa varie infedeltà; non prima sufficientemente espiate».
Allora Tomaso, sempre preoccupato da questioni teologiche, volle approfittare dell'occasione per rischiarare il mistero della beatifica visione; ma gli fu risposto con quel versetto del salmo 47: Sicut audivimus, sic vidimus in civitate Dei nostri: ciò che conoscemmo per mezzo della fede, vediamo coi nostri occhi nella città di Dio. Pronunziando quelle parole, sparve l'apparizione; lasciando l'angelico Dottore acceso dal desiderio dei beni eterni.
[Brano tratto da “Il dogma del Purgatorio”, di Padre Francesco Saverio Schouppe, traduzione di Don Antonio Buzzetti, tipografia e libreria San Giuseppe degli artigianelli, Imprimatur: Taurini, die 7 Aprilis, 1932, Can. Franciscus Paleari, Provic. Gen.].