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giovedì 11 aprile 2024

Promuovere le scuole cattoliche

Riporto un brano tratto dall'Enciclica "Divini illius Magistri" del Sommo Pontefice Pio XI.


Tutto quanto si fa dai fedeli per promuovere e difendere la scuola cattolica per i loro figli è opera genuinamente religiosa, e perciò compito principalissimo dell'Azione Cattolica; onde sono particolarmente care al Nostro cuore paterno e degne di alta lode tutte quelle associazioni speciali che in varie nazioni attendono con tanto zelo ad opera così necessaria.

Col procurare la scuola cattolica per i loro figli - sia proclamato altamente, e sia bene inteso e riconosciuto da tutti - i cattolici di qualsiasi nazione al mondo non fanno opera politica di partito, ma opera religiosa indispensabile alla loro coscienza; e non intendono già di separare i loro figli dal corpo e dallo spirito nazionale, ma anzi di educarveli nel modo più perfetto e meglio ordinato alla prosperità della nazione, poiché il buon cittadino cattolico, appunto in virtù della dottrina cattolica, è perciò stesso il miglior cittadino, amante della sua patria e lealmente sottomesso all'autorità civile e costituita, in qualsiasi legittima forma di governo.

In questa scuola, in armonia con la Chiesa e con la famiglia cristiana, non avverrà che nei vari insegnamenti si contraddica, con evidente danno dell'educazione, a quello che gli alunni apprendono nell'istruzione religiosa; e se sarà necessario far loro conoscere, per scrupolosa coscienza di magistero, le opere erronee da confutare, ciò verrà fatto con tale preparazione e con tale antidoto di sana dottrina, che non nocumento, ma giovamento ne abbia la formazione cristiana della gioventù.

In questa scuola, similmente, lo studio della patria lingua e delle classiche lettere non sarà mai a scapito della santità dei costumi; giacché il maestro cristiano seguirà l’esempio delle api, le quali prendono la parte più pura dei fiori e lasciano il resto, come insegna San Basilio nel suo discorso agli adolescenti sulla lettura dei classici (R G., t. 31-570). Questa necessaria cautela, suggerita anche dal pagano Quintiliano (Inst. Or. 1, 8), non impedisce per nulla che il maestro cristiano accolga e metta a profitto quanto di veramente buono, nelle discipline e nei metodi, portano i tempi nostri, memore di quel che dice l'Apostolo: "Provate tutto, tenete ciò che è buono" (I Thess. V, 21). E perciò, nell'accogliere il nuovo, egli si guarderà dall'abbandonare corrivamente l'antico, comprovato buono ed efficace dall'esperienza di più secoli, segnatamente nello studio della latinità, che vediamo sempre più decadere ai nostri giorni, appunto per l'ingiustificato abbandono dei metodi così fruttuosamente usati dal sano umanesimo, venuto in gran fiore particolarmente nelle scuole della Chiesa. Queste nobili tradizioni richiedono che la gioventù affidata alle scuole cattoliche venga bensì istruita nelle lettere e nelle scienze pienamente secondo le esigenze dei nostri tempi, ma insieme e solidamente e profondamente, in ispecie nella sana filosofia, lungi alla farraginosa superficialità di coloro, che "forse avrebbero trovato il necessario se non avessero cercato il superfluo" (Seneca, Epist. 45). Ogni maestro cristiano deve tener presente quanto dice Leone XIII in compendiosa sentenza: "Con maggiore alacrità bisogna sforzarsi a che non soltanto si applichi un metodo d'insegnamento adatto e solido, ma più ancora a che l'insegnamento stesso e nelle lettere e nelle scienze sia in tutto conforme alla fede cattolica, massime poi nella filosofia, dalla quale in gran parte dipende il retto indirizzo delle altre scienze" (Leone XIII, Enc. Inscrutabili, 21-4-1878).