Un certo cavaliere, narra il P. Segneri, datosi alle disonestà, viveva del continuo in peccati con grave scandalo di tutti. Alle riprensioni degli amici, agli avvisi dei sacerdoti, alle rimostranze dei parenti, con parole brusche e dispettose rispondeva che non poteva lasciar quella vita. Sorpreso quindi da grave malattia, che lo ridusse agli estremi, vien chiamato un sacerdote per disporlo alla morte, e questi con gran carità gli manifestò il grave pericolo in cui si trovava, e la necessità di ricevere i Sacramenti. - Eccomi pronto, rispose il moribondo, a far le cose da buon cristiano. - Ma per questo è assolutamente necessario che almeno aborriate di cuore il peccato, e perciò allontanate da casa vostra le occasioni cattive, che fino ad ora vi trascinarono al peccato. - O questo no, padre, non posso! - Ahimè! che dite? Voi potete e dovete, se vi preme salvarvi. - Ed io vi ripeto che non posso. - Ma sentite: volere o non volere fra poco vi converrà lasciarle queste occasioni per forza. Dunque non vi torna meglio di farlo di buona voglia? - Non posso, padre, non posso. - Guardate questo Cristo, per voi confitto nella croce, egli vi domanda che per amor suo le lasciate. - Non posso, torno a dirvi, non posso. - Ma per carità, pensate bene che perderete il paradiso. - Non posso. - Andrete all'inferno. - Non posso. - Possibile che non v'abbia a cavar di bocca che questo ostinato non posso? E per non allontanare queste occasioni voi vorrete perdere la riputazione, il corpo, l'anima, il paradiso, e dopo morto essere sepolto come uno scomunicato a guisa di bestia nell'aperta Campagna? - Non posso, vi ripeto, non posso.
E raccolte le forze estreme, urlando non posso, non posso, spirò l'anima impenitente, morendo da scellerato qual visse. Tanta forza aveva preso su questo infelice la malnata passione fomentata per tanti anni, che lo avvinghiò a guisa di catena infernale sì strettamente, che nemmeno in morte fu capace spezzarla. Tremendi giudizi, e giusti castighi di Dio!