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venerdì 19 settembre 2025

Il Concilio di Trento e il sacramento della Confessione (lk)

Confessionale
Il Concilio di Trento (1545-1563), convocato in risposta alla Riforma protestante, ha rappresentato un momento cruciale per la definizione della dottrina cattolica. Per quanto riguarda il sacramento della Confessione (o Riconciliazione), il Concilio ha riaffermato con forza la sua natura sacramentale, negata dai riformatori, e ha definito in modo preciso la sua teologia e le sue pratiche.


La difesa della natura sacramentale

Contrariamente a Martin Lutero, che considerava la Confessione un semplice atto di penitenza e non un sacramento istituito da Cristo, il Concilio di Trento ha dichiarato che la Riconciliazione è un vero e proprio sacramento. Il Concilio ha fondato questa dottrina sul Vangelo di Giovanni, dove Gesù dice agli apostoli: "A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv 20,23). Questo passo, secondo i Padri conciliari, conferisce ai sacerdoti il potere di perdonare i peccati in nome di Dio. Pertanto, il sacramento è l'unico modo ordinario per i fedeli di ottenere il perdono per i peccati commessi dopo il battesimo.


Gli elementi essenziali del sacramento

Il Concilio ha precisato anche i tre elementi essenziali che, dal punto di vista del penitente, costituiscono il sacramento:

  1. Contrizione del cuore: Il pentimento interiore e sincero per i peccati commessi. Il Concilio ha distinto tra contrizione perfetta (motivata dall'amore per Dio) e contrizione imperfetta (motivata dal timore delle pene infernali), affermando che anche la seconda è sufficiente per avviare il processo sacramentale.

  2. Confessione orale: L'atto di confessare i propri peccati al sacerdote. Il Concilio ha insistito sulla necessità di una confessione integrale e personale di tutti i peccati mortali di cui il penitente ha conoscenza. Questa pratica era stata messa in discussione da alcuni riformatori che ritenevano sufficiente confessare genericamente i propri peccati a Dio.

  3. Soddisfazione o Penitenza: L'adempimento di un atto di penitenza imposto dal confessore per riparare il danno causato dal peccato. Questo può includere preghiere, digiuno, elemosine o altre opere di carità. Il Concilio ha sottolineato che, sebbene il perdono sia un dono gratuito di Dio, l'atto di penitenza aiuta il penitente a crescere nella virtù e a combattere le future tentazioni. I moralisti insegnano che se non viene assegnata la penitenza, l'assoluzione è valida, ma il confessore commette peccato (commette colpa grave se il penitente ha confessato dei peccati mortali).


Il ruolo del sacerdote e la struttura del sacramento

Il Concilio ha ribadito che il sacerdote non è un semplice intermediario o un "testimone", ma il ministro del sacramento. È lui, in virtù del potere conferitogli dall'ordinazione, a pronunciare le parole dell'assoluzione, che sono il momento culmine del sacramento. Il Concilio ha inoltre stabilito che la confessione deve essere fatta in un luogo apposito, come il confessionale, per garantire il decoro, la segretezza e la riservatezza.

Un altro punto fondamentale è il segreto sacramentale (o sigillo della confessione). Il Concilio ha affermato che il confessore è obbligato a mantenere il segreto assoluto su tutti i peccati che gli vengono che gli viene rivelati in confessione, e che la violazione di tale segreto comporta la scomunica. Questo punto è stato un pilastro per garantire la fiducia dei fedeli nel sacramento.

In sintesi, il Concilio di Trento ha risposto alle sfide della Riforma con chiarezza e fermezza, difendendo il sacramento della Confessione come un canale di grazia necessario e definendone la struttura, i requisiti e le responsabilità di penitente e ministro.