Liceità delle relazioni coniugali.
Essendo il matrimonio istituito col fine primario, nobile e sublime, della procreazione della prole, è necessario, per il raggiungimento di questo fine l'unione dei due sessi per l'atto procreativo. S. Paolo esplicitamente afferma: «Il marito renda alla moglie il debito coniugale, e la moglie faccia altrettanto col marito» (1Cor 7, 3). Tale atto nei coniugi è ricco di contenuto spirituale, è l'espressione sensibile di due anime che tendono a fondersi insieme, per essere quasi collaboratori di Dio nell'opera della creazione.
È necessario, però, che i coniugi agiscano con retta intenzione, cioè, l'atto deve rispondere al suo fine, che è la procreazione della prole. A questo fine principale possono aggiungersi anche altri fini onesti, come p. es. il rafforzamento dell'amore, evitare l'incontinenza non solo dell'altra parte ma anche propria. Le relazioni coniugali, perciò, sono lecite anche se si sa che non hanno conseguenze procreative, purché possa essere compiuto l'atto coniugale nel modo naturale. [...]
Il debito coniugale. I coniugi sono su un piano di perfetta uguaglianza, il domandare, perciò, e l'accettare l'atto coniugale fa parte dei mutui diritti e doveri. Altro tuttavia è il diritto e altro è l'uso di esso. Il primo è essenziale al matrimonio, mentre non è essenziale né obbligatorio in modo assoluto l'altro. I coniugi possono dunque di comune accordo rinunciare all'uso sia per un determinato tempo, sia anche per sempre. Tale rinuncia però deve essere compiuta con molta prudenza, senza alcuna imposizione [...]. Per arrivare a questo sacrificio occorre un certo grado di virtù che non tutti hanno.
Ragioni particolari possono rendere obbligatoria la richiesta, quando p. es. l'atto coniugale serve ad allontanare dubbi e sospetti o serve per fomentare l'affetto, oppure per allontanare la tentazione di compiere tale atto da solo o con una terza persona.
1. È invece obbligatorio rendere il debito quando l'altra parte lo domanda seriamente e ragionevolmente, e il rifiutarsi esporrebbe il marito o la moglie a una penosa e forzata continenza, con tutti i pericoli che ne potrebbero seguire. Rifiutarsi, in questo caso, senza alcun motivo, si commetterebbe una grave ingiustizia, poiché si verrebbe a ledere quel diritto essenziale che i coniugi hanno acquistato sul corpo dell'altra parte all'atto della celebrazione del matrimonio. Ed i confessori, all'occasione, devono far presente, specialmente alla donna, che, accondiscendere alle richieste del proprio marito, costituisce per lei un grave dovere. [A tal proposito, Padre Eriberto Jone (1885 - 1967), un altro moralista cappuccino molto apprezzato negli ambienti tradizionali, esorta i mariti alla moderazione, ndr].
Il negare il debito non è, però, colpa grave se ciò avviene raramente e non vi è il pericolo di incontinenza, specialmente se l'altra parte lo domanda troppo spesso. [Padre Eriberto Jone specifica che rifiutarsi di concedere il debito coniugale è solamente peccato veniale quando il coniuge richiedente rinuncia facilmente alla sua richiesta, ndr].
L'obbligo di rendere il debito cessa in un coniuge quando nell'altro cessa il diritto di esigerlo. Tale diritto può cessare o per la cattiveria dell'atto (debito onanistico o sodomidico) o per infedeltà (a meno che la parte innocente non condoni l'offesa) o per un'altra giusta causa o grave incomodo, p. es. se il debito è nocivo alla salute o è immoderato o il richiedente non è in sé. [Padre Eriberto Jone aggiunge che la moglie non è tenuta a rendere il debito coniugale se il marito sperpera i soldi inutilmente facendo vivere la famiglia nelle ristrettezze economiche. Inoltre afferma che se un coniuge chiede talmente spesso il debito coniugale col rischio di cagionare un danno piuttosto grave alla salute dell'altro coniuge, in questo caso si è scusati dal rendere il debito. In questa situazione bisogna rimettersi al giudizio di un medico coscienzioso, ndr].
La facoltà di esigerlo può anche venir tolta dallo stesso diritto, p. es., vi è una causa di separazione perpetua o temporanea, come l'adulterio.
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L'atto coniugale, in via ordinaria, in nessun tempo è proibito; in alcune circostanze, tuttavia, è consigliabile astenersi.
1° Solo nel caso di prossimo pericolo di aborto [...] o di un pericolo per la salute del corpo o dell'anima può diventare gravemente illecito l'atto coniugale; ma se il pericolo è leggero, anche l'atto diventa leggermente illecito e qualunque giusta causa basta per essere scusati dal peccato veniale.
2° Nulla proibisce che l'atto coniugale possa essere compiuto anche durante i tempi sacri e nei giorni in cui i coniugi si accostano alla Comunione [...].
3° Per sé l'atto coniugale non è proibito neppure durante il tempo delle mestruazioni; è tuttavia sconsigliabile [...].
4° In tempo di malattia l'atto coniugale è illecito quando prudentemente si teme un notevole danno per la salute.
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Un coniuge legato dal voto di castità, per sé non può domandare il debito, è tenuto però a renderlo. Lo stesso vale se ambedue i coniugi dopo aver contratto matrimonio, hanno emesso il voto di castità per mutuo consenso. Il coniuge che ha emesso il voto è tenuto a domandare il debito solo in due casi, cioè: se vede che l'altro non può contenersi, oppure se l'altro lo domanda tacitamente, cioè quando vede che la moglie per vergogna non ardisce domandare.
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Gli atti incompleti. Questi atti possono essere tutti gli atti di lussuria imperfetti (baci, abbracci, sguardi, toccamenti ecc.) che dispongono i coniugi all'atto coniugale. Tali atti:
a) Se si riferiscono all'atto coniugale da essere come una preparazione ad esso, sono sempre permessi sia sul proprio corpo, sia su quello dell'altra parte.
I coniugi, però, devono evitare che tali atti, per essere troppo prolungati, abbiano a causare una polluzione benché non voluta. [...]
b) Se non si riferiscono all'atto coniugale: I) gli atti mutui sono leciti se si fanno per un motivo onesto, p. es. per fomentare l'amore, e sia lontano il pericolo di polluzione volontaria.
Quando però si fanno per grave causa, p. es. per evitare sospetti, per allontanare la comparte da eventuale adulterio ecc. anche se vi è il pericolo prossimo di polluzione sono leciti.
2) Se gli atti mutui si fanno solo per voluttà, anche senza intenzione di compiere la copula, sono peccati veniali se non vi è pericolo prossimo di polluzione; sono peccati mortali, se si prevede con sicurezza questo pericolo.
La dilettazione morosa in un coniuge circa la copula avuta o da aversi è lecita, purché non vi sia il pericolo di polluzione. Lo stesso deve dirsi dei pensieri e dei desideri.