Tempo fa un sacerdote mi ha confidato che stava soffrendo molto a causa della peste modernista.
[...] sono un giovane viceparroco e, pur sapendo che anche per voi laici di retta fede i tempi siano bui, penso che per noi preti siano peggiori: è dura resistere, soprattutto c'è sempre la tentazione dello scoraggiamento.
Aspetto sue notizie!
In Domino,
don [...]
Rev.mo Don [...],
in effetti la situazione è
drammatica a causa della persecuzione da parte dei nemici della Chiesa
(soprattutto da parte dei modernisti), tuttavia sia noi fedeli laici sia
voi sacerdoti, dobbiamo resistere alla tentazione di cadere nello
scoraggiamento. Il diavolo è contento nel vedere un cristiano
scoraggiato, perché può farlo cadere più facilmente in qualche trappola.
Infatti un soldato scoraggiato, demoralizzato, demotivato, non è più
idoneo al combattimento. E noi cristiani siamo continuamente occupati
nel combattimento spirituale per la salvezza dell'anima.
“Gaudere et exultare nos voluit in persecutione Dominus, quia tunc dantur coronae fidei, tunc probantur milites Dei”,
diceva l'eroico vescovo San Cipriano. È così, Dio vuole che nelle
persecuzioni dobbiamo gioire ed esultare, perché è in esse che vengono
messi alla prova i soldati del Signore e si riceve la corona della fede.
Padre Pio, Don Bosco, San Leopoldo Mandic, San Luigi Orione, Santa
Teresa d'Avila e tanti altri santi subirono persecuzioni anche da parte
di ecclesiastici, ma non si arresero mai allo scoraggiamento, anzi
conservarono la pace del cuore anche nei momenti più difficili. Soffrire
a causa della propria fedeltà al Redentore Divino è motivo di gioia
interiore. Anche gli Apostoli quando vennero fatti fustigare dai capi
del sinedrio, invece di scoraggiarsi gioirono per aver potuto soffrire
qualcosa per amore di Gesù Cristo.
Dunque il segreto della consolazione interiore nei tempi di persecuzione
(e in tutti i momenti di patimento) consiste nell'offrire a Dio le
proprie sofferenze. Ad esempio si potrebbe dire al Signore: “Ah,
mio Dio! I modernisti mi criticano, mi ostacolano e mi perseguitano
perché aderisco agli insegnamenti del Magistero perenne della Chiesa.
Ciò è fonte di molte sofferenze per l'anima mia, ma io voglio sopportare
tutti questi patimenti con rassegnazione cristiana per darti gusto.
Perdono di cuore a tutti coloro che mi calunniano e mi perseguitano,
perché so che tu vuoi che amiamo anche i nostri nemici, e io voglio fare
tutto ciò che ti fa piacere. Certe volte sono tentato a tradire il
Magistero perenne e di abbracciare la mentalità del mondo, come fanno i
seguaci del modernismo, ma ti supplico di darmi la forza di rimanerti
fedele a qualsiasi costo. Preferisco morire anziché tradirti! Ti
ringrazio per questa croce che hai permesso che mi affiggesse, perché so
che lo hai fatto per il bene dell'anima mia. Anche se adesso mi trovo
nella tribolazione, so che un giorno vedrò con chiarezza che questa
croce era un magnifico ricamo della tua infinita misericordia. Ti
ringrazio per avermi chiamato a combattere la buona battaglia della fede
in questa epoca drammatica per l'umanità, a causa della
secolarizzazione della società e la conseguente apostasia di massa.
Militia est vita hominis super terram! So che non sono stato messo su
questa Terra per riposarmi, ma per combattere con ardore, da vero
soldato di Gesù Cristo, la lotta contro il demonio, il mondo e le
passioni della carne, per salvarmi l'anima e venire in Cielo ad amarti
per l'eternità. In questo momento di grande sofferenza mi conforta
sapere che un giorno tutte queste tribolazioni avranno fine e potrò
finalmente unirmi a Te nella Patria del Cielo, dove insieme alla Beata
Vergine Maria, agli angeli e ai santi potrò cantare con immensa gioia le
tue misericordie. Così spero, così sia".
A me consolano molto le parole che Don Dolindo Ruotolo scrisse nel
commento al Libro di Giobbe, meditando sulle parole: “Ad Deum stillat
oculus meus” (“Il mio occhio lacrima rivolto verso Dio”). Infatti nel
momento del dolore e della sofferenza, solo Dio può consolarci davvero.
Ecco le parole del grande esegeta napoletano: “Perché
ci angustiamo tanto? Volgiamo gli occhi al Signore con fiducia, poiché
non è sulla terra il nostro conforto ma nel Cielo. Dio solo ci conosce,
Dio solo può compatirci, Dio solo può consolarci. Gli uomini della terra
sono verbosi, non sanno dire che parole, non possono dire che parole,
spesso urtanti nel medesimo sforzo di renderle consolanti. L’occhio
nostro lacrimi in Dio solo: Ad Deum stillat oculus meus. Come è bella
questa parola di Giobbe! Stilli a Dio questo occhio che non può essere
saziato da nessuna visione terrena, stilli a Dio, poiché non può trovare
un padre più tenero di Lui, stilli a Dio depositando nel suo cuore, in
mezzo alle lacrime, l’angoscia, la fiducia, l’amore, la speranza,
l’unione perfetta alla sua Volontà: Ad Deum stillat oculus meus! Gli
anni passano, la via che percorriamo non conosce il ritorno su questa
terra, tutto muta intorno a noi, rimane solo Dio come nostra unica
speranza: Ad Deum stillat oculus meus! Il nostro testimone è nel Cielo!
Dio infatti conosce la nostra fralezza e la compatisce; conosce le
nostre miserie e le perdona quando noi ricorriamo alla sua misericordia
con sincero pentimento; conosce la condizione del nostro pellegrinaggio e
ci aiuta. Quale conforto quando le creature irrompono contro di noi e
ci giudicano male, il pensare che il nostro testimonio è nel Cielo e che
Dio ci conosce! Oh! il Signore non rende mai vana la nostra speranza, e
quando tutto ci sembra perduto, interviene Lui per difenderci e per far
luce nelle tenebre. [...] Ripetiamo con Giobbe, quando le tempeste sono
più fiere: Ad Deum stillat oculus meus.”
Umanamente parlando non abbiamo nessuna possibilità di vincere l'immane
conflitto contro la pestilenziale eresia modernista, tuttavia siamo
sicuri della vittoria finale perché la nostra fiducia è riposta
nell'aiuto onnipotente del Signore. Adiutorium nostrum in nomine Domini!
Anche gli eroici combattenti Maccabei, pur disponendo di scarse forze
militari, riuscirono ad infliggere ai loro oppressori pesanti sconfitte.
A tal proposito il loro intrepido Condottiero affermò: “non in multitudine exercitus victoria belli, sed de cælo fortitudo est”
(1 Machabæorum 3,19). Allo stesso modo la nostra vittoria sul
modernismo non dipenderà dal numero dei combattenti o dai mezzi
materiali a disposizione, la nostra forza viene dal Cielo! Certo, le
difficoltà sono enormi, ma maggiori sono le avversità, più bella sarà la
vittoria! Sursum corda!
Cordialiter
lll