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venerdì 18 gennaio 2019

Chi ama Gesù Cristo deve disprezzare le vanità del mondo (-)

Brani tratti da "Riflessioni divote", di Sant'Alfonso Maria de Liguori.


Chi ama Gesù Cristo con vero amore ben si rallegra quando si vede trattato dal mondo come fu trattato Gesù Cristo, che dal mondo fu odiato, vituperato e perseguitato, sino a farlo morir di dolore appeso ad un patibolo di obbrobrio. Il mondo è tutto contrario a Gesù Cristo, e perciò odiando Gesù Cristo odia tutti i servi suoi. Quindi il Signore animava i suoi discepoli a soffrir con pace le persecuzioni del mondo, dicendo loro, che avendo essi lasciato il mondo non poteano non essere odiati dal mondo (...).

Or siccome gli amanti di Dio sono odiosi al mondo, così il mondo deve essere odioso a chi ama Dio. (...). Il nostro Salvatore avendoci chiamati al suo amore vuole che ci rendiamo superiori alle promesse del mondo ed alle sue minacce. Vuole che non facciamo più conto né delle sue censure né delle sue approvazioni. Bisogna pregare Dio che ci faccia scordare affatto del mondo e ci faccia rallegrare quando vediamo che il mondo ci ributta.

Non basta poi per essere tutto di Dio abbandonare il mondo, ma bisogna desiderare che il mondo ci abbandoni e si scordi affatto di noi. Alcuni abbandonano il mondo, ma non lasciano poi di voler esser lodati dal mondo, almeno per averlo abbandonato; costoro nutrendo ancora il desiderio di essere stimati dal mondo, fanno che in essi viva ancor il mondo. Siccome poi il mondo odia i servi di Dio, e perciò odia i loro buoni esempi e massime sante; così bisogna che noi odiamo tutte le massime del mondo. (...) Dice l'apostolo nec potest, sì perché il mondo non ha altro fine che il proprio interesse e piacere; e così non può accordarsi con coloro che cercano di piacere solo a Dio.

Sì, Gesù mio crocifisso e morto per me, solo a voi io voglio piacere. Che mondo, che ricchezze, che dignità! voi mio Redentore voglio che siate tutto il mio tesoro; l'amare voi è la ricchezza mia. Se mi volete povero, voglio esser povero: se mi volete umiliato e disprezzato da tutti, tutto abbraccio e ricevo dalle vostre mani; la vostra volontà sarà sempre la mia consolatrice. Ma questa è la grazia che vi cerco, fate che in tutti gli eventi io non mi parta punto dai vostri santi voleri.


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Disprezzo del mondo

Il pensiero della vanità del mondo, e che tutte le cose che il mondo pregia non sono che bugia ed inganno, ha fatto risolvere a molte anime di darsi tutte a Dio. Quid prodest homini si mundum universum lucretur, animae vero suae detrimentum patiatur? A che servirà l'aver acquistato tutto il mondo a chi avrà perduta l'anima in eterno? Questa gran sentenza del vangelo a quanti giovani ha fatto lasciare i parenti, la patria, le robe, gli onori, ed anche le corone per andare a chiudersi in un chiostro o in un deserto, per ivi non pensare che a Dio! Il giorno della morte si chiama il giorno della perdita: Iuxta est dies perditionis. Giorno di perdita, perché tutti i nostri beni acquistati in questa terra, tutti nel giorno della morte abbiamo da lasciarli. Onde saggiamente dice s. Ambrogio che noi falsamente chiamiamo questi beni beni nostri, giacché non possiamo portarli con noi nell'altro mondo ove abbiamo a dimorare per sempre: Non nostra sunt (scrive il santo) quae non possumus auferre nobiscum; sola virtus nos comitatur. Le sole opere sante ci accompagneranno ed elle sole ci consoleranno nell'eternità.

Tutte le fortune terrene, le dignità più grandi, gli argenti, gli ori, le gemme più preziose, mirate dal letto della morte perdono il loro splendore: l'ombra funesta della morte oscura anche gli scettri e le corone, e fa vedere che quanto il mondo pregia non è che fumo, loto, vanità e miseria. E in verità a che servono in morte tutte le ricchezze acquistate da uno che muore, se altro non gli tocca dopo la morte, che una cassa di legno per esservi posto a marcire? a che serve la bellezza vantata del corpo, allorché di quello non resterà che un poco di polvere puzzolente e quattro ossa spolpate?

Che cosa è la vita dell'uomo in questa terra? (...) È un vapore che fa una breve comparsa, e poi più non comparisce; oggi quel grande è stimato, temuto, lodato; domani è disprezzato, mormorato e maledetto: Vidi impium superexaltatum…et transivi, et ecce non erat. Non vi è più in quella sua diletta villa, in quel gran palazzo che si ha fatto, e dov'è? sta fatto polvere nella sepoltura.

Statera dolosa in manu eius. Ci avvisa lo Spirito santo a non lasciarci ingannare dal mondo, perché il mondo pesa i beni colla sua bilancia falsa; ma noi dobbiamo pesar le cose colla bilancia verace della fede che ci fa conoscere i veri beni, quali non possono mai dirsi quei che presto finiscono. Dicea s. Teresa: Non dee farsi conto di ogni cosa che finisce colla morte. Oh Dio, che mai è restato di grande a tanti primi ministri di stato, a tanti comandanti di eserciti, a tanti principi, a tanti imperatori romani, ora che per essi è finita la scena e si trovan nell'eternità? Periit memoria eorum cum sonitu. Han fatta una gran figura nel mondo, ha risonato il loro nome da per tutto; ma dopo che son morti per essi è finita la figura, il nome ed ogni cosa. 

(...)

La nostra vita in somma non è che una scena che passa e presto finisce; ed ha da finire per tutti, pe' nobili e pe' villani, pe' re e pe' vassalli, pe' ricchi e per li poveri. Beato chi in questa scena ha fatta bene la sua parte davanti a Dio! Filippo III re di Spagna moriva giovine in età di 42 anni: prima di morire disse a coloro che l'assisteano: quando sarò morto predicate lo spettacolo che ora vedete; predicate che in morte l'essere stato re non serve ad altro che per sentire la pena di aver regnato. E poi concluse con un sospiro dicendo: Oh in questo tempo fossi stato in un deserto a farmi santo, ché ora comparirei con più confidenza al tribunale di Gesù Cristo!

È nota la mutazione di vita che fece s. Francesco Borgia alla vista del cadavere dell'imperatrice Isabella, la quale in vita era bellissima, ma dopo morte dava orrore a chi la mirava. Onde il Borgia disse allora: Così dunque finiscono i beni di questo mondo? e si diè tutto a Dio. Oh l'imitassimo tutti prima che ci colga la morte! ma facciamo presto, perché la morte corre e non sappiamo quando arriva. Non facciamo che della luce che Dio ora ci dona ce ne resti solamente il rimorso e il conto che ne abbiamo da rendere a Dio quando terremo in mano la candela della morte. Risolviamo di fare ora quel che allora desidereremo d'aver fatto, e non potremo più fare.

No, mio Dio, basta quanto mi avete sopportato: non voglio farvi più aspettare di vedermi dato a voi. Voi mi avete chiamato più volte a finirla col mondo e darmi tutto al vostro amore. Ora mi tornate a chiamare: eccomi, ricevetemi nelle vostre braccia, mentre in questo punto tutto in voi mi abbandono. O Agnello immacolato che un giorno vi siete sagrificato sul Calvario morendo in croce per me, prima lavatemi col vostro sangue e perdonatemi tutte le ingiurie da me ricevute; e poi infiammatemi del vostro santo amore. Io v'amo sopra ogni cosa, v'amo con tutta l'anima mia. E quale oggetto fuori di voi io posso trovare nel mondo più degno d'amore e che più mi abbia amato? Madre di Dio e mia avvocata Maria, pregate per me ed ottenetemi una vera e costante mutazione di vita: in voi confido.



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