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giovedì 3 gennaio 2019

La preghiera è uno slancio del cuore

Pubblico un post scritto da Eleonoram, che ringrazio per la sua disinteressata collaborazione.



“La perseveranza nella preghiera ferisce il cuore di Dio” assicura la beata Elisabetta della Trinità e queste sue parole sembrano evocare proprio la giaculatoria, lanciata ripetutamente verso il cielo come tante frecce d’amore che arrivano diritte al cuore di Dio.

Ma, per i monaci cristiani siriani ed egiziani, la preghiera perseverante era anche un esercizio mnemonico che li portava a sapere tutti i Salmi, i Vangeli e brani interi dell’Antico Testamento, da loro recitati a memoria durante il lavoro quotidiano, spesso ripetitivo e semplice come intrecciare corde o fare cestini. Oggi sembrerebbe impensabile, sia perché abbiamo tralasciato le pratiche mnemoniche per affidare tutto a libri e computer, sia perché il lavoro si è in molti casi intellettualizzato o si è fatto più complesso (penso a un dentista o un commercialista che devono evidentemente rimanere concentrati su quello che fanno). Nonostante questo, mi sono accorta che nella mia parrocchia alcune donne conoscono a menadito le Lodi del mattino (composte, guarda caso, da salmi e brani tratti dalla Sacra Scrittura), proprio come delle insospettabili seguaci del monachesimo antico: ogni giorno loro le recitano a memoria accanto a me, mentre io le leggo sul mio smartphone!

Ma qual era lo scopo di questo “addestramento” mnemonico? Da un lato era un modo per supplire all’analfabetismo, dal momento che pochissimi sapevano leggere a quei tempi; tuttavia c’era anche (e direi soprattutto) una ragione profondamente mistica: quella di fare continua memoria di Dio, di ricordarsi sempre di Lui, e quindi vivere alla sua presenza, essere consapevoli del Dio-con-me, in ogni momento e circostanza della giornata.

Può allora tornarci utile un insegnamento di abba Isacco, discepolo di Antonio il Grande: “Per aver un continuo ricordo di Dio, si deve ripetere il versetto 2 del Salmo 69, cioè: O Dio, vieni a salvarmi; Signore, vieni presto in mio aiuto.” E questa, ma guarda un po’, è anche la preghiera di apertura delle Lodi, dei Vespri e delle altre Ore! O mirabile sapienza della Chiesa!

Mi viene da pensare che, probabilmente, il Rosario è oggi la preghiera che più risponde a questa necessità di mistico ricordo di Dio, in quanto comporta un piccolo esercizio mnemonico (la successione dei Misteri da contemplare, tratti dal Vangelo) insieme alla ripetizione del “Padre nostro” e dell’Ave Maria (come una giaculatoria che unisce Dio Padre e la Madonna, quindi le persone più amate da Gesù). La combinazione di questi elementi può forse contribuire a spiegare l’efficacia del Rosario, amatissimo e raccomandatissimo dai santi, considerato da san Pio da Pietrelcina come “un'Arma potentissima per mettere in fuga il demonio, per superare le tentazioni, per vincere il Cuore di Dio, per ottenere Grazie dalla Madonna”. Lo stesso santo diceva pure: “Se la preghiera è fatta bene, commuove Gesù. La preghiera deve essere insistente perché l’insistenza denota la fede”.

A proposito di “preghiera insistente” e del ricordarsi continuamente di Dio, è bello osservare l’atteggiamento di lode e ringraziamento costante dei santi, come se l’abitudine a pregare si fosse ormai inscritta nel loro cuore.

Raccontano che Sant’Ignazio di Loyola si commuoveva fino alle lacrime davanti a un fiore, perché in esso vedeva la bellezza di Dio.

San Francesco d’Assisi lasciava negli orti dei monasteri una zona non coltivata destinata alle erbe spontanee, come invito e ricordo a lodare Dio per le meraviglie da Lui operate nel creato.

Quanti fiori profumati, quanti tramonti infuocati, quante notti stellate, quanti sorrisi di bambini ho lasciato passare nella mia vita senza pensare a te, Signore. Non voglio farlo mai più.

Nella biografia di San Francesco si legge di lui che “aveva una tenerezza speciale per gli agnelli, perché nella Scrittura Gesù Cristo è paragonato spesso e a ragione, per la sua umiltà, al mansueto agnello.” (FF 455).

Santa Teresina di Lisieux scrive: “Per me la preghiera è uno slancio del cuore, è un semplice sguardo gettato verso il Cielo, è un grido di gratitudine e di amore nella prova come nella gioia”.

San Giovanni d’Avila riassume così questi atteggiamenti oranti: “Per preghiera intendiamo un segreto ed interiore parlare, con il quale l’anima comunica con Dio, qualche volta con il pensiero, altre volte chiedendo, ringraziando, contemplando... tutto ciò che in genere avviene in quel segreto parlare con Dio”. E aggiunge: “Coloro che vogliono essere al sicuro avendo cura di fare cose gradite a Dio, senza curare la preghiera, nuotano con una sola mano, lottano con una sola mano e camminano con un solo piede.”