Intanto da queste visite ai carcerati D. Bosco traeva molti ammaestramenti per la buona riuscita nell'educazione della gioventù. Egli si persuadeva sempre meglio della necessità di usare modi caritatevoli con questi infelici e con tutti i giovanetti, se si vuol ottenere da loro qualche cosa; e più tardi insisteva su questo punto ed assicurava i suoi cooperatori che un giovane d'indole anche aspra e riottosa facilmente si piega al bene, quando si vede trattato amorevolmente. Apprendeva pure sempre più vivamente quale era la causa che trascinava tanta povera gioventù in quei luoghi di espiazione. Colle lagrime agli occhi narrava a' suoi giovanetti, corredando il suo racconto con commoventi aneddoti avvenutigli durante questo suo ufficio di catechista alle carceri, come molti dei carcerati, specialmente giovani, asserivano di essere stati condotti al mal fare o dal cattivo esempio di un compagno o dalla trascuranza dei genitori, specialmente per ciò che si riferisce all'istruzione religiosa. E però inculcava sempre la fuga dei cattivi compagni ed insisteva sul buon esempio nei genitori e sulla necessità di istruire bene i giovanetti nelle cose di religione, per tenerli sulla retta via e salvarli.