Padre Pietro Alagiani, cappellano militare dell'Armata Italiana in Russia e prigioniero di guerra nelle mani dei sovietici, quando venne rimpatriato rimase molto deluso nel constatare che dopo l'immane conflitto bellico molti italiani avevano cambiato in peggio il modo di vivere. Ecco i suoi ricordi al rientro in Italia dopo anni di brutale prigionia.
Però la delusione più grave che ci amareggiò l'animo non fu solo la tracotanza dei comunisti (ché conoscendoli a fondo ben potevamo immaginarla), né il vedere una buona parte dell'inesperto e povero popolo caduto nei lacci dei loro inganni, ma il doloroso spettacolo della spensieratezza e della leggerezza di vita a cui s'era abbandonata la gente del dopoguerra. Già, appena passata la frontiera ungaro-austriaca, il bravo cap. Magnani nel dare uno sguardo al primo giornale capitatoci in mano esclamò: «Oh! come è divenuta ampia ora la cronaca nera.».
Purtroppo, è divenuta molto ampia non solo la cronaca nera dei volgari delinquenti, ladri e assassini, ma anche quella della sfrenatezza di vita, che viene, per somma aberrazione, applaudita e invidiata. È ampia la cronaca della pazza corsa di moltissimi dietro l'idolo dello sfrenato lusso e del piacere, della alta posizione e della pingue fortuna, degli ininterrotti viaggi ed escursioni con avidità di sensazioni sempre più acute...
Quasiché ignorassero del tutto le quotidiane indigenze di tanti tra i propri fratelli e l'estrema povertà e abiezione di quelli d'oltrecortina... E come se non notassero l'imminente minaccia dell'uragano esterno che s'avvicina sempre più alle nostre porte e dell'esasperazione interna che, suscitata e gonfiata dagli estremisti, può scoppiare da un giorno all'altro.
Ed ora io invito tutti gli italiani a spingere il loro sguardo verso Nord-Est, lontano, lontano,... a entrare in una profonda riflessione e a prepararsi a radicali risoluzioni...
Vedete Voi quelle interminabili steppe bianche, seminate d'una lunga fila indiana di pastrani-grigioverde [il colore delle divise utilizzate dai militari italiani durante la Seconda Guerra Mondiale, n.d.r.],... o quell'immenso fossato ripieno di cadaveri, (...) od anche quei numerosi cimiteri, rasi al suolo e i sepolti rimasti senza croce, senza nome e senza segno alcuno?...
(...) Ma ecco che i pastrani grigioverde, i mucchi di cadaveri e i sepolcri rasi al suolo si scuotono, i vacillanti, gli ammucchiati e i curvi girovaghi si raddrizzano, i perseguitati, i vilipesi e i galeotti alzano la fronte, e tutti rivolti verso Sud-Ovest, tendono la scheletrica loro destra, molto più tremenda e minacciosa di quella di un Giove-vendicatore e gridano ai propri connazionali: «Voi, voi siete i nostri carnefici!!!»...
«Voi che con la vostra cooperazione coi comunisti ci avete gettato in questo mare di sciagure, d'agonia e di schiavitù e tramate la stessa infernale sorte ai nostri cari figli!».
«Voi che con i vostri dissidi e frazionamenti avete dato e continuate delittuosamente a dare agli estremisti forza e possibilità di sconvolgere, calpestate e annientate l'ordine e la religione nella nostra nobile e cattolica Patria!».
«Voi che con le vostre sfrenate e pazze passioni di piacere, passatempi e sregolatezze sprecate i soldi, la salute e il tempo vostro e così date giusto motivo di lamento ai diseredati e un ambìto pretesto di propaganda ai micidiali nemici della Chiesa Cattolica e della Nazione Italiana, di questi due sacri ideali, per i quali noi ci siamo sacrificati!...».
«Non ci compatite più dunque, con le vostre ipocrite dichiarazioni di cordoglio o dimostrazioni di onore».
«Voi, voi siete i nostri carnefici!...».
[Brano tratto da "Le mie prigioni nel paradiso sovietico", di Padre Pietro Alagiani, S. J., Edizioni Paoline, imprimatur: e Vicariatu Urbis die 15 Apr. 1956, + Aloysius Traglia, Archiep. Caesarien. Vicesgerens].