Dagli scritti di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena (1893 – 1953).
O Signore, aiutami a spalancare l’anima mia all’invasione del tuo amore purificante.
1 - Una delle più grandi grazie che Dio può fare ad un’anima è appunto quella d’introdurla nelle pene desolanti della notte dello spirito, perché proprio in tal modo Egli la prepara e la dispone all’unione. Benché, per l’anima che ne sperimenta le strette dolorose, questa notte possa sembrare un castigo di Dio, essa è invece un dono del suo amore misericordioso che in tal modo vuole distrigarla dagli ultimi lacci delle sue imperfezioni. S. Giovanni della Croce dichiara espressamente che questa notte è opera «della sapienza amorosa di Dio» la quale, purgando l’anima, «la dispone all’unione di amore» (N. II, 5, 1). Ma se è opera dell’amore, come mai è così dolorosa? Accade all’anima qualche cosa di simile a quello che si verifica per un pezzo di legno verde messo ad ardere; prima di tutto il fuoco comincia a cacciarne fuori l’umidità, «di poi lo annerisce e gli fa tramandare anche cattivo odore: e mentre a poco a poco lo dissecca, ne trae alla luce e toglie tutti gli spiacevoli ed oscuri accidenti, contrari al fuoco. Finalmente, comincia a riscaldarlo al di fuori, l’infiamma, lo trasforma in sé, rendendolo tanto bello quanto il fuoco stesso». Parimenti, l‘amore divino «prima di unire e trasformare l’anima in sé, la purga da tutte le qualità contrarie. Le cava fuori le sue sozzure e la rende brutta e nera, tanto da sembrare peggiore, più abominevole di prima» (ivi, 10, 1 e 2). Si comprende facilmente come sotto il torchio di simile purificazione l’anima debba soffrire, eppure tutto ciò è opera dell’amore. La Sapienza amorosa di Dio, investendo l’anima ancora imperfetta, deve necessariamente cominciare a compiere in lei un lavoro di demolizione, di purificazione e, solo quando l’avrà così liberata da tutto ciò che è contrario all’amore divino, l’unirà a sé e in sé la trasformerà. Allora l’opera dell’amore non sarà più penosa per l’anima, che anzi le sarà molto soave e deliziosa, ma finché essa non è totalmente purificata, non può non esserle motivo di afflizione. Benedetta afflizione che la dispone a un bene così grande! «O anime che desiderate di andar sicure e consolate nelle cose dello spirito! - esclama S. Giovanni della Croce - Se voi sapeste quanto vi è necessario soffrire per ottenere questa sicurezza e consolazione..., non cerchereste consolazioni in alcun modo, né da Dio, né dalle creature. Che anzi sopportereste la croce e, abbracciate ad essa, desiderereste bere lì il fiele e il puro aceto, ed avreste ciò a grande fortuna vostra» (F. 2, 28).
2 - Più saremo intimamente convinti che la purificazione è opera dell’amore, più sapremo abbracciarla con coraggio e farle lieto viso anche quando ci costa molto. Del resto, la legge generale dell’amore perfetto - anche dell’amore umano - è proprio questa: non tollerare divisione di affetti, non tollerare rivali, non sopportare disarmonie fra coloro che si amano. Se l’amore umano, tanto limitato e debole, ha tali esigenze di totalità, perché non riconosceremo gli stessi diritti, anzi, diritti infinitamente superiori all’amore divino?
L’amore tende per sua natura all’uguaglianza: o trova o rende uguali gli amanti; e Dio, vedendo un’anima di buona volontà, che gli si vuol dare interamente, l’ama tanto da volerla rendere simile a sé, perciò la spoglia di tutto quello che contrasta con la sua perfezione infinita e, a misura che la spoglia, la riveste di sé, la riveste di vita divina.
L’amore tende per sua natura all’unità, vuole la piena fusione dei cuori; e Dio, il quale ama infinitamente le anime che lo cercano con affetto sincero, nulla più desidera che unirle a sé e quindi le va purificando da ogni macchia che impedirebbe la perfetta unione con la sua purezza infinita. Gesù stesso, nell’ultima Cena, ha espresso il supremo desiderio del suo amore per noi chiedendo appunto questa unione perfetta: «Come Tu, Padre, sei in me e io sono in te, anch’essi siano uno in noi» (Gv. 17, 21). Ma poiché, viziati dal peccato e pieni di ogni miseria, ne eravamo radicalmente incapaci, Egli ha preso su di sé i nostri peccati e li ha lavati nel suo Sangue. La Passione di Gesù ci dice quanto è costata al Figlio di Dio la nostra purificazione. E se tanto è costata a lui, innocentissimo, non sarà giusto che costi un poco anche a noi, colpevoli, che tante volte abbiamo offeso Dio, che tante volte, con la nostra cattiva volontà, abbiamo posto ostacolo all’invasione del suo amore nell’anima nostra? Ora che questo amore divino, invece di abbandonarci come meriteremmo, ci viene incontro per purificarci, vorremmo sfuggire alla sua azione? No, non deve essere così! Alla stessa guisa che le sofferenze purificatrici sono opera dell’amore di Dio per noi, così vogliamo che l’accettazione di esse sia opera, sia prova del nostro amore per lui.
[Scritto tratto da “Intimità Divina”, di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena, pubblicato dal Monastero S. Giuseppe delle Carmelitane Scalze di Roma, imprimatur: Vicetiae, 4 martii 1967, + C. Fanton, Ep.us Aux.].
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