Dagli scritti di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena (1893 – 1953).
Infondimi, o Signore, un vivo spirito di pietà, affinché impari a trattare con te con affetto di figlio.
1 - [...] nella meditazione si pensa, ma non si pensa per diventare più sapienti, bensì per mettersi in grado di amare di più il Signore. Quindi il lavoro della mente dovrà servire soprattutto per renderci conto dell’amore di Dio per noi, riflettendo sulle varie manifestazioni di esso; e si può ben dire che non vi è mistero divino o verità di fede che, in un modo o in un altro, non ci parli dell’eccessiva carità del Signore. Più saremo convinti di tale amore, più acquisteremo una «conoscenza amorosa» di Dio e nello stesso tempo ci sentiremo sempre più spinti a riamare chi tanto e per primo ci ha amati. Così, spontaneamente, la meditazione, ossia il discorso dell’intelletto, c’introdurrà nell’esercizio dell’amore. Perciò nella nostra orazione non daremo il posto principale alle riflessioni e ai ragionamenti, per quanto sublimi ed elevati possano essere, ma ci serviremo di questi solo quanto è necessario per destare in noi l’amore, per metterci e mantenerci in esercizio attuale di amore.
2 - Se nella meditazione non dobbiamo dare al pensiero la parte principale, non dobbiamo però cadere nell’eccesso opposto, ossia trascurare lo sforzo e l’applicazione necessaria. Ecco dunque la condotta che si dovrà tenere.
Prima ancora di leggere il punto della meditazione, l’anima avrà gran cura di mettersi bene alla presenza di Dio, cercando con un atto deciso della volontà di allontanare ogni pensiero estraneo, ogni preoccupazione, ogni fretta.
Siccome l’orazione mentale consiste in un tratto intimo col Signore, è chiaro che non si potrà trattare intimamente con lui, se Egli è lontano dalla nostra mente e dal nostro cuore. È vero che Dio ci è sempre presente ma noi non siamo sempre presenti a lui; è quindi necessario prendere contatto col Signore, mettersi vicino a lui, e questo si fa proprio col rendersi coscienti della sua presenza. Ognuno potrà fare tale esercizio nel modo che gli riesce più facile: o considerando la SS.ma Trinità presente nel suo cuore, o Gesù presente nei tabernacoli delle nostre chiese, o rappresentandosi nel suo interno un episodio particolare della vita o della Passione del Salvatore. E così, alla presenza di Dio, sotto il suo sguardo, inizierà con posatezza la lettura del punto di meditazione e si applicherà a riflettervi con calma e soavità, non tanto come se ragionasse con se stesso, ma molto più come se parlasse col Signore alla cui presenza si trova. Quanto più l’anima si abitua a riflettere così, quasi trattando e svolgendo con Dio l’argomento della sua meditazione, tanto più questa raggiungerà il suo scopo, che è appunto quello di aiutarla ad intrattenersi col Signore, a conversare affettuosamente con lui come il figlio conversa col padre, come l’amico s’intrattiene con l’amico. In tutto ciò occorre certamente applicazione e sforzo, ma questi devono essere più orientati a mantenere l’anima in vivo contatto con Dio, che a fissarla in un ragionamento astratto e serrato. I pensieri ricavati dalla meditazione - al cui testo l’anima potrà tornare quando ne sentirà bisogno - le serviranno ad alimentare tale contatto e a darle un soggetto di conversazione col Signore. Insomma, il lavoro dell’intelletto non deve farci dimenticare che l’essenza dell’orazione consiste in un tratto intimo con Dio, tratto in cui, più che pensare, bisogna amare.
Colloquio - [...] o Signore, fa’ che la meditazione dei tuoi misteri serva ad infiammarmi nel tuo santo amore affinché ne esca più capace di amarti, più disposto a darmi con generosità al tuo servizio. Insegnami dunque a meditare non solo con la mente, ma molto più col cuore; insegnami a considerare con animo devoto ed amante e, allora, la meditazione aggiungerà nuove scintille di amore all’amore del mio cuore e - come spero dalla tua grazia - ne nascerà una fiamma sempre più robusta ed ardente, sempre più capace di purificare l’anima mia e di spingermi con ardore all’adempimento della tua volontà. Come sarei felice, o Signore, se, sotto il soffio potente dello Spirito Santo, questa fiamma divampasse in un incendio di amore divino! La mia freddezza, la mia meschinità, il mio egoismo me ne rendono indegno ed incapace, ma Tu, che sai suscitare dei figli di Abramo anche dalle pietre, spezza il mio cuore tanto duro e freddo, e sveglia in esso la viva fiamma dell'amor tuo.
[Scritto tratto da “Intimità Divina”, di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena, pubblicato dal Monastero S. Giuseppe delle Carmelitane Scalze di Roma, imprimatur: Vicetiae, 4 martii 1967, + C. Fanton, Ep.us Aux.].
(.)