Se non tutti devono fare voto di povertà - la vita di famiglia non lo consente - tutti però devono acquistare e praticare « lo spirito di povertà », cioè arrivare al distacco affettivo dai beni della terra, in modo da non porre in essi il loro tesoro, da non ricercarli con avidità e spirito di cupidigia. Coloro che, come i padri e le madri di famiglia, hanno il dovere di amministrare dei beni e di accrescerli per mezzo di un onesto lavoro, devono farlo con ordine, ossia evitando che gli affari e gli interessi materiali li distolgano dall’attendere agli interessi dell’anima e ai doveri verso Dio. « Che giova mai all’uomo guadagnare tutto il mondo, se poi perde l’anima? » (Mt. 16, 26). Ed a chi possiede poco e vive in strettezze materiali, lo spirito di povertà richiede di accettare serenamente e con pazienza le proprie condizioni, vedendo in esse un invito a imitare più da vicino la vita di Gesù povero.
[Scritto tratto da “Intimità Divina”, di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena, pubblicato dal Monastero S. Giuseppe delle Carmelitane Scalze di Roma, imprimatur: Vicetiae, 4 martii 1967, + C. Fanton, Ep.us Aux.].