[...] Ora la verità è che il matrimonio, come istituzione naturale, in virtù della volontà del Creatore non ha come fine primario e intimo il perfezionamento personale degli sposi, ma la procreazione e la educazione della nuova vita. Gli altri fini, per quanto anch'essi intesi dalla natura, non si trovano nello stesso grado del primo, e ancor meno gli sono superiori, ma sono ad esso essenzialmente subordinati. Ciò vale per ogni matrimonio, anche se infecondo; come di ogni occhio si può dire che è destinato e formato per vedere, anche se in casi anormali, per speciali condizioni interne ed esterne, non sarà mai in grado di condurre alla percezione visiva.
Precisamente per tagliar corto a tutte le incertezze e le deviazioni, che minacciavano di diffondere errori intorno alla scala dei fini del matrimonio e ai loro reciproci rapporti, redigemmo Noi stessi alcuni anni or sono (10 marzo 1944) una dichiarazione sull'ordine di quei fini, indicando quel che la stessa struttura interna della disposizione naturale rivela, quel che è patrimonio della tradizione cristiana, quel che i Sommi Pontefici hanno ripetutamente insegnato, quel che poi nelle debite forme è stato fissato dal Codice di diritto canonico
[...]. Che anzi poco dopo, per correggere le contrastanti opinioni, la Santa Sede con un pubblico Decreto pronunziò non potersi ammettere la sentenza di alcuni autori recenti, i quali negano che il fine primario del matrimonio sia la procreazione e la educazione della prole, o insegnano che i fini secondari non sono essenzialmente subordinati al fine primario, ma equipollenti e da esso indipendenti (S. C. S. Officii, I aprile 1944 - Acta Ap. Sedis vol. 36, a. 1944, ).
Si vuole forse con ciò negare o diminuire quanto vi è di buono e di giusto nei valori personali risultanti dal matrimonio e dalla sua attuazione? No certamente, poichè alla procreazione della nuova vita il Creatore ha destinato nel matrimonio esseri umani fatti di carne e di sangue, dotati di spirito e di cuore, ed essi sono chiamati in quanto uomini, e non come animali irragionevoli, ad essere gli autori della loro discendenza. A questo fine il Signore vuole l'unione degli sposi. [...]
Tutto questo è dunque vero e voluto da Dio; ma non deve essere disgiunto dalla funzione primaria del matrimonio, cioè dal servizio per la vita nuova. Non soltanto l'opera comune della vita esterna, ma anche tutto l'arricchimento personale, lo stesso arricchimento intellettuale e spirituale, perfino tutto ciò che vi è di più spirituale e profondo nell'amore coniugale come tale, è stato messo, per volontà della natura e del Creatore, al servizio della discendenza. Per sua natura, la vita coniugale perfetta significa anche la dedizione totale dei genitori a beneficio dei figli, e l'amore coniugale nella sua forza e nella sua tenerezza è esso stesso un postulato della più sincera cura della prole e la garanzia della sua attuazione (cfr. S. Th. 3 p. q. 29 a. 2 in c.; Suppl. q. 4D a. 2 ad i).
Ridurre la coabitazione dei coniugi e l'atto coniugale ad una pura funzione organica per la trasmissione dei germi sarebbe come convertire il focolare domestico, santuario della famiglia, in un semplice laboratorio biologico. Perciò nella Nostra allocuzione del 29 settembre 1949 al Congresso internazionale dei medici cattolici abbiamo formalmente esclusa dal matrimonio la fecondazione artificiale. L'atto coniugale, nella sua struttura naturale, è un'azione personale, una cooperazione simultanea e immediata dei coniugi, la quale, per la stessa natura degli agenti e la proprietà dell'atto, è la espressione del dono reciproco, che, secondo la parola della Scrittura, effettua l'unione « in una carne sola ».
[...]
Dite dunque alla fidanzata o alla giovane sposa, che venisse a parlarvi dei valori della vita matrimoniale, che questi valori personali, sia nella sfera del corpo o dei sensi, sia in quella spirituale, sono realmente genuini, ma che dal Creatore nella scala dei valori sono stati messi non al primo, ma al secondo grado.