Dagli scritti di Padre Adolphe Tanquerey (1854 - 1932).
S. Francesco di Sales dichiara che il direttore deve possedere tre doti principali: "bisogna che sia pieno di carità, di scienza e di prudenza: se manca una di queste tre doti, c'è pericolo".
A) La carità che gli è necessaria è un affetto soprannaturale e paterno che gli fa vedere nei diretti figli spirituali affidatigli da Dio stesso, perchè vi faccia crescere Gesù Cristo e le sue virtù [...].
a) Li circonda quindi tutti della stessa sollecitudine e delle stesse premure facendosi tutto a tutti per tutti santificarli, spendendo tempo, cure e anche se stesso, per formare in loro le cristiane virtù. Avverrà certamente che, nonostante gli sforzi, si sentirà talora attratto più verso gli uni che verso gli altri, ma dovrà con la volontà reagire contro le simpatie od antipatie naturali; e schiverà con la massima cura quelle affezioni sensibili che mirerebbero a crear degli attacchi, innocenti da principio, poi disturbanti e pericolosi così per la sua riputazione come per la sua virtù. Voler affezionare a sè cuori fatti per amar Dio, è una specie di tradimento, come ben dice l'Olier: "Avendoli Nostro Signore scelti (si tratta dei direttori di anime) per andare a conquistargli dei regni, vale a dire i cuori degli uomini, che gli appartengono, che acquistò coll'effusione del sangue e in cui vuole stabilire il suo impero, in cambio di dargli questi cuori come a loro legittimo sovrano, li prendono per sè e se ne rendono padroni e proprietari...... Oh! quale ingratitudine, quale infedeltà, quale oltraggio, quale perfidia!". E sarebbe pure porre quasi insormontabile ostacolo al progresso spirituale dei diretti, come all'avanzamento proprio, non volendo Dio saperne di cuori divisi.
b) Questa bontà non deve però essere debolezza ma associarsi alla fermezza e alla franchezza; il direttore avrà il coraggio di fare paterne ammonizioni, di additare e di combattere i difetti dei penitenti, e di non lasciarsi dirigere da loro. Vi sono persone molto destre, molto cerimoniose, che vogliono sì un direttore ma a patto che s'acconci ai loro gusti e alle loro fantasie; più che direzione costoro cercano approvazione della loro condotta: per star in guardia contro abusi di questo genere, ove potrebbe andarne anche della sua coscienza, il direttore non si lascerà cogliere dai raggiri di questi o di queste penitenti, ma, ricordandosi che rappresenta Gesù Cristo, darà ferme decisioni secondo le regole della perfezione e non secondo i desideri dei diretti.
c) Specialmente nella direzione delle donne occorre riserbo e fermezza. [...]
B) Alla santa premura aggiungerà la scienza, cioè la conoscenza della teologia ascetica tanto necessaria al confessore, come abbiamo provato al n. 36. Non lascerà dunque di leggere e rileggere autori spirituali, correggendo i giudizi suoi su quelli di cotesti autori e confrontando la condotta sua con quella dei Santi.
C) Ma gli occorre sopratutto prudenza e sagacia per dirigere le anime non secondo le proprie idee ma secondo i movimenti della grazia, il temperamento e il carattere dei penitenti, e le soprannaturali loro inclinazioni.
a) Il P. Libermann faceva giustamente osservare che il direttore non è che uno strumento a servizio dello Spirito Santo; deve quindi prima di tutto studiarsi di conoscere, con prudenti interrogazioni, l'azione di questo divino Spirito in un'anima; "Considero, scriveva, come punto capitale in fatto di direzione, il discernere in ogni anima le disposizioni che vi si trovano: ciò che lo stato interiore di quest'anima può portare; il lasciar operare la grazia con grande libertà; il distinguere le false ispirazioni dalle vere e impedire alle anime di deviare o di eccedere nelle loro inclinazioni". In un'altra lettera aggiunge: "Il direttore, visto che abbia e accertato che Dio opera in un'anima, non deve far altro che guidare quest'anima in guisa che essa segua la grazia e sia fedele. Mai deve ispirarle i propri gusti e le proprie inclinazioni, nè guidarla secondo il suo modo di fare o il suo modo di vedere. Il direttore che si regolasse così, stornerebbe spesso le anime dalla condotta di Dio e contrarierebbe spesso la grazia di Dio in loro".
Aggiungeva però che questo si applica alle anime che corrono difilate alla perfezione. Per le tiepide e rilassate sta al direttore a studiarsi con esortazioni, consigli, riprensioni, con tutte le industrie dello zelo, di strapparle al loro letargo spirituale.
b) La prudenza di cui qui si tratta, è dunque prudenza soprannaturale, fortificata dal dono del consiglio, che il direttore deve continuamente chiedere allo Spirito Santo. L'invocherà particolarmente nei casi difficili, recitando in cuore un Veni Sancte Spiritus prima di dare importanti risoluzioni; e, dopo averlo consultato, baderà ad ascoltarne con filiale docilità la interiore risposta, per trasmetterla al suo diretto [...]. Sarà allora veramente lo strumento dello Spirito Santo [...] e fruttuoso ne sarà il ministero.
Tuttavia questa attenzione di prender consiglio da Dio non gl'impedirà di adoprare tutti i mezzi suggeriti dalla prudenza per ben conoscere il diretto. Non si contenterà delle sue affermazioni ma ne osserverà la condotta, ascolterà quelli che lo conoscono, e senza accettarne tutti i giudizi, ne terrà conto secondo le regole della prudenza.
c) La prudenza lo guiderà non solo nei consigli che darà ma anche in tutte le circostanze che riguardano la direzione. 1) Così non consacrerà che il tempo necessario a questa parte del suo ministero per quanto importante sia; non lunghe conversazioni, non chiacchiere inutili, non domande indiscrete; tenersi solo a ciò che è essenziale e veramente utile al bene delle anime: un consiglio preciso, una pratica chiaramente esposta bastano ad occupare un'anima per una quindicina di giorni o per un mese. Sopratutto poi avrà direzione virile, e si studierà di guidare i diretti in modo che possano, dopo qualche tempo, non già fare intieramente da sè ma almeno contentarsi di più breve direzione e risolvere le difficoltà ordinarie per mezzo dei principii generali loro inculcati.
[Brano tratto da “Compendio di Teologia Ascetica e Mistica”, di Padre Adolphe Tanquerey (1854 - 1932), trad. P. Filippo Trucco e Can.co Luigi Giunta, Società di S. Giovanni evangelista - Imprimatur Sarzanæ, die 18 Novembris 1927, Can. A. Accorsi, Vic. Gen. - Desclée & Co., 1928]