Dagli scritti di Padre Adolphe Tanquerey (1854 - 1932).
Per resistere a questa pericolosa corrente [cioè le tentazioni del mondo, ndr], bisogna porsi animosamente in faccia dell'eternità e considerare il mondo alla luce della fede. Allora ci apparirà come il nemico di Gesù Cristo che bisogna combattere energicamente per salvarci l'anima, e come il teatro del nostro zelo ove dobbiamo portare le massime del Vangelo.
Per resistere a questa pericolosa corrente [cioè le tentazioni del mondo, ndr], bisogna porsi animosamente in faccia dell'eternità e considerare il mondo alla luce della fede. Allora ci apparirà come il nemico di Gesù Cristo che bisogna combattere energicamente per salvarci l'anima, e come il teatro del nostro zelo ove dobbiamo portare le massime del Vangelo.
A) Essendo il mondo il nemico di Gesù Cristo, noi dobbiamo far tutto il rovescio delle massime e degli esempi del mondo, ripetendo il dilemma di S. Bernardo: "O Cristo s'inganna o il mondo è in errore; ma è impossibile che la sapienza divina s'inganni: Aut iste (Christus) fallitur aut mundus errat: sed divinam falli impossibile est sapientiam". Essendovi opposizione aperta tra il mondo e Gesù Cristo, bisogna assolutamente far la scelta, perchè non si può servire nello stesso tempo due padroni. Ora Gesù è sapienza infallibile; chi dunque ha le parole di vita eterna è Lui, ed è il mondo che s'inganna. La nostra scelta sarà quindi presto fatta; perchè, dice San Paolo, noi abbiamo ricevuto non lo spirito di questo mondo, ma lo Spirito che viene da Dio: "Non spiritum huius mundi accepimus, sed Spiritum qui ex Deo est". Voler piacere al mondo, aggiunge, è voler spiacere a Gesù Cristo: "Si hominibus placerem, servus Christi non essem". E S. Giacomo afferma che "chi vuol essere amico del mondo si fa nemico di Dio (...). Dunque in pratica:
a) Leggiamo e rileggiamo il Vangelo, ripensando dentro di noi che qui ci parla l'eterna verità, e pregando colui che l'ha ispirato di farcene ben intendere, gustare e praticare le massime; solo a questa condizione si è veramente cristiani ossia discepoli di Cristo. Quindi, leggendo o ascoltando massime contrarie a quelle del Vangelo, diciamo coraggiosamente; questo è falso perchè opposto alla infallibile verità.
b) Evitiamo le occasioni pericolose che così spesso s'incontrano nel mondo. Certamente coloro che non vivono in clausura, sono fino a un certo punto obbligati a mescolarsi col mondo, ma devono preservarsi dallo spirito del mondo, vivendo nel mondo come se non fossero del mondo; perchè Gesù chiese al Padre di non togliere i suoi discepoli dal mondo ma di preservarli dal male: "Non rogo ut tollas eos de mundo, sed ut serves eos a malo". (...)
c) Questo debbono fare specialmente gli ecclesiastici; debbono, come S. Paolo, poter dire che sono crocifissi al mondo e il mondo ad essi (...). Il mondo, sede della concupiscenza, non può avere attrattive per noi; non può ispirarci che ripugnanza, come noi siamo a nostra volta cosa ributtante per lui, essendo il nostro carattere e il nostro abito una condanna dei suoi vizi. Dobbiamo quindi evitare le relazioni puramente mondane, dove noi ci troveremmo fuori posto. Abbiamo, è vero, visite di cortesia, d'affari e specialmente d'apostolato da fare e da ricevere; ma queste visite dovranno essere brevi, e non dobbiamo dimenticare ciò che è detto di Nostro Signore dopo la sua risurrezione, cioè che non faceva più ai suoi discepoli che rare apparizioni e soltanto per dare l'ultima mano alla loro formazione e parlar loro del regno di Dio: "Apparens eis et loquens de regno Dei".
B) Non andremo quindi nel mondo se non per praticarvi direttamente o indirettamente l'apostolato, vale a dire per portarvi le massime e gli esempi del Vangelo. a) Non dimenticheremo che siamo la luce del mondo: "Vos estis lux mundi"; e senza convertire le nostre conversazioni in prediche (ciò che sarebbe inopportuno) giudicheremo tutto, persone, avvenimenti e cose, alla luce del Vangelo; invece di proclamare beati i ricchi e i forti, faremo notare con tutta semplicità che ci sono altre sorgenti di felicità fuori della ricchezza e della fortuna; che la virtù trova già la sua ricompensa fin di questa terra; che le gioie pure gustate in seno alla famiglia sono le più dolci; che la soddisfazione di aver fatto il proprio dovere consola molti sventurati e che una buona coscienza vale anche meglio dell'ebbrezza del piacere. E potremo citare qualche fatto particolare per far meglio intendere queste osservazioni. Ma specialmente con l'esempio un prete edifica nella conversazione; quando tutto, nel suo contegno e nelle sue parole, rispecchia la semplicità, la bonarietà, una schietta allegria, la carità, in una parola la santità, produce su quanti lo vedono e lo sentono una impressione profonda; non si finisce mai di ammirare quelli che vivono secondo le proprie convinzioni, e si stima una religione che sa ispirare così sode virtù. Mettiamo dunque in pratica quanto dice Nostro Signore: "Splenda la vostra luce dinanzi agli uomini, affinchè vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che sta nei cieli: Sic luceat lux vestra coram hominibus ut videant opera vestra bona et glorificent Patrem vestrum qui in cælis est". Ma non sono solo i preti che praticano questo genere d'apostolato, i laici convinti vi riescono anche meglio in quanto che si è meno diffidenti contro l'efficacia del loro esempio.
b) Spetta a questi uomini scelti e ai sacerdoti di ispirare ai cristiani più timidi il coraggio di lottare contro la tirannia del rispetto umano, della moda o della persecuzione legale. Uno dei mezzi migliori è la formazione di leghe o società composte di cristiani autorevoli e coraggiosi che non temono di parlare e d'operare secondo le proprie convinzioni. A questo modo i Santi riformarono i costumi dei loro tempi. E a questo modo si fondarono nelle nostre Scuole superiori e persino in Parlamento dei gruppi compatti che sanno far rispettare le loro pratiche religiose e trascinare gli esitanti. Il giorno in cui questi gruppi si saranno moltiplicati non solo nelle città ma anche nelle campagne, il rispetto umano sarà presto ucciso e la vera pietà, se non sarà praticata da tutti, sarà per lo meno rispettata.
In pratica dunque nessun compromesso col mondo nel senso che l'abbiamo definito, nessuna concessione per piacergli o attirarsene la stima. A ragione dice S. Francesco di Sales: "Comunque da noi si operi, il mondo ci farà sempre guerra... Lasciamo questo cieco, o Filotea; strida pure come il gufo per molestare gli uccelli diurni. Stiamo saldi nei nostri disegni, invariabili nei nostri propositi; la perseveranza mostrerà se davvero e di buona voglia ci siamo consacrati a Dio e dati alla vita devota".
(Brano tratto da “Compendio di Teologia Ascetica e Mistica”, di Padre Adolphe Tanquerey (1854 - 1932), trad. P. Filippo Trucco e Can.co Luigi Giunta, Società di S. Giovanni evangelista - Desclée & Co., 1928)