Per contattarmi: cordialiter@gmail.com


Se il blog ti piace e desideri aiutarmi affinché possa dedicare il tempo necessario per continuare ad aggiornarlo ogni giorno e rispondere alle e-mail dei lettori, puoi inviarmi una libera donazione. Per info: clicca qui.


Visualizzazioni totali

giovedì 12 ottobre 2023

Il sacerdote deve essere santo

Di Padre Adolphe Tanquerey (1854 - 1932).


In virtù della sua missione, il sacerdote deve glorificar Dio in nome di tutte le creature e più specialmente del popolo cristiano. È dunque veramente, in virtù del sacerdozio quale fu istituito da Nostro Signore, il religioso di Dio "pro hominibus constituitur in iis quæ sunt ad Deum, ut offerat dona et sacrificia". Questo dovere egli adempie principalmente col santo sacrifizio della messa e con la recita del Divino Officio; ma tutte le sue azioni, anche le più comuni, possono contribuirvi, come già abbiamo detto, se sono fatte per piacere a Dio. Or questa missione non può essere adempita che da un prete santo o almeno disposto a diventarlo.

A) Quale santità si richiede pel Santo Sacrificio? i sacerdoti dell'Antica Legge che volevano accostarsi a Dio, dovevano essere santi (si tratta principalmente di santità legale) sotto pena di venir puniti (...). Santi dovevano essere per poter offrire l'incenso e i pani destinati all'altare (...).

Or quanto più santi, di interna santità, non devono essere coloro che offrono non più ombre e figure ma il sacrificio per eccellenza, la vittima infinitamente santa? Tutto è santo in questo divino sacrifizio: santi la vittima e il sacerdote principale, che altri non è che Gesù, il quale, come dice S. Paolo, "è santo, innocente, immacolato, segregato dai peccatori, elevato al di sopra dei cieli (...); santa la Chiesa, in cui nome il sacerdote offre la santa messa, santificata da Cristo, a prezzo del suo sangue (...); santo il fine, che è di glorificare Dio e di produrre nelle anime frutti di santità; sante le preghiere e le cerimonie, che richiamano il sacrifizio del Calvario e gli effetti di santità da lui meritati; santa specialmente la comunione, che ci unisce alla fonte di ogni santità. Non è dunque necessario che il sacerdote, il quale, come rappresentante di Gesù Cristo e della Chiesa, offre questo augusto sacrifizio, sia egli pure rivestito di santità? Come potrebbe rappresentar degnamente Gesù Cristo, così da essere alter Christus, se mediocre ne fosse la vita e senza aspirazioni alla perfezione? Come potrebbe essere ministro della Chiesa immacolata, se l'anima sua, attaccata al peccato veniale, non si desse pensiero di spirituale progresso? Come potrebbe glorificar Dio, se il suo cuore fosse vuoto d'amore e di sacrificio? Come potrebbe santificar le anime, se non avesse egli stesso sincero desiderio di santificarsi?

Come oserebbe salire il santo altare e recitare le preghiere della messa, che spirano i più puri sentimenti di penitenza, di fede, di religione, di amore, d'abnegazione, se l'anima sua ne fosse aliena? Come potrebbe offrirsi con la vittima divina "in spiritu humilitatis, et in animo contrito suscipiamur a te, Domine", se questi sentimenti fossero in contraddizione con la sua vita? Con che coraggio chiedere di partecipare alla divinità di Gesù "ejus divinitatis esse consortes", se la nostra vita è tutta umana? Come ripetere quella protesta d'innocenza: "Ego autem in innocentia mea ingressus sum", se non si fa sforzo alcuno per scuotere la polvere di mille peccati veniali deliberati? Con che animo recitare il Sanctus, in cui si proclama la santità di Dio, e consacrare identificandosi con Gesù, autore d'ogni santità, se non c'è studio di santificarsi con lui e per lui? Come recitare il Pater senza rammentare che dobbiamo essere perfetti come il Padre celeste? E l'Agnus Dei, senza avere un cuore contrito ed umiliato? E le belle preghiere preparatorie alla comunione (...) se il cuore è lontano da Dio, lontano da Gesù? E come sumere ogni giorno il Dio di ogni santità, senza il desiderio sincero di partecipare a questa santità, di avvicinarvisi almeno ogni giorno con progressivo sforzo? Non sarebbe questa un'aperta contraddizione, una mancanza di lealtà, una provocazione, un abuso della grazia, un'infedeltà alla propria vocazione?



[Brano tratto da “Compendio di Teologia Ascetica e Mistica”, di Padre Adolphe Tanquerey (1854 - 1932), trad. P. Filippo Trucco e Can.co Luigi Giunta, Società di S. Giovanni evangelista - Imprimatur Sarzanæ, die 18 Novembris 1927, Can. A. Accorsi, Vic. Gen. - Desclée & Co., 1928]