[Brano tratto da "Formare il vero cristiano" di Mons. Costantino Caminada, Istituto Padano di Arti Grafiche, 1961]
Il Canone 124 del Codice di Diritto Canonico sancisce: « Clerici debent sanctiorem prae laicis vitam interiorem et exteriorem ducere, eisque virtute et recte factis in exemplum excellere ».
Il significato del Canone è evidente. Parla di dovere, e parla di santità.
Vi è chi non vuole che si parli di santità, ma solo di perfezione (cfr. Nemorensis, Formazione alla virtù; Torino, Lice, 1945).
Nella Sacra Scrittura, sia nell'Antico come nel Nuovo Testamento, gli inviti di Dio alla santità sono innumerevoli e possono riassumersi in questo monito evidentissimo: « Sint ergo sancti, quia et ego sanctus sum! » ( Lev. XXI, 6).
Del resto che cosa è la vera vita cristiana se non lo sviluppo della grazia, che si definisce « santificante »?
Tutti i cristiani devono tendere alla santità. Basterebbe aprire il Catechismo per persuadercene. Ci limitiamo a due esemplificazioni. Alla domanda: « Che ci ordina il sesto comandamento? » risponde: « Il sesto comandamento ci ordina di essere santi nel corpo... ». Nella definizione del matrimonio insegna che questo Sacramento conferisce la grazia di santamente convivere.
Se tutti i cristiani devono tendere alla santità (e questo deve essere il principale obbiettivo di tutta l’azione pastorale), tanto più i Sacerdoti hanno questo dovere.