Dagli scritti del Cardinale Giuseppe Siri (1906-1989) ai seminaristi dell'arcidiocesi di Genova.
[...] tutto il mondo di oggi, anche se in parte notevole fa i propri comodi, esalta la solidarietà (così dicono, per paura di impegolarsi con la «carità» evangelica), ed i suoi veri o presunti eroi. Non si accorge affatto di qualche nuova santa Teresina, nascosta tra l'erba dei conventi (ce ne sono), ma fa correre tre o quattro nomi che sembrano soli passeggiare per le vie della dedizione ai propri simili. Ciò porta, per lo meno, che vi sarà facile, più facile, dichiararvi maggiormente disponibili ai servizi ed opere di carità. Ma vi debbo mettere sulla chiara avvertenza che in più d'un caso tale foga è semplicemente sostitutiva di altri doveri, è evasiva da una disciplina ecclesiastica, è giustificata per rivolte o prese di posizioni o giudizi contro la legittima Autorità ecclesiastica, è subdola ricerca di pubblicazioni e di rinomanza. Di quanti peccati è colpevole la voglia di essere citato!
Voi dovete amare l'ambiente dei poveri perché Cristo lo ha amato e perché - escluso la pubblicità, che vi consiglio di fuggire nella maggior parte dei casi - non vi darà soddisfazioni d'orgoglio e piaceri evasivi, ma la reale possibilità di agire solo e completamente per amore di Dio. Quando le mode solidarizzanti saranno passate, come passano tutte le mode, è necessario che voi continuiate ad amare i poveri. Perché li ama il Signore! Questo è l'argomento che vale e vi sostiene.
E se non ho da spendere molte parole per rivolgere la attenzione verso il mondo sofferente, dato che il vento spira per ora da quella parte, ritengo di dovervi raccomandare lo spirito e il motivo al tutto soprannaturali, dai quali dovrete essere mossi in soccorso dei fratelli. Dato che le mode non insegnano questo. Come sempre!
[Brano tratto da "A te seminarista" del Cardinale Giuseppe Siri, Casa Mariana Editrice].