Soccorrere i defunti ci è prescritto dalla carità cristiana, ci è ispirato dalla natura stessa ed è, inoltre, dovere di riconoscenza e di giustizia. Chi può dire di non avere in quelle fiamme un qualche parente od amico? E se in vita siamo debitori d'assistenza e di amore agli autori dei nostri giorni, non ci crediamo forse obbligati di soccorrerli dopo morte? Ohimè! facciamo loro tante proteste di tenerezza e di devozione mentre sono in vita, e poi li dimentichiamo non appena sono trapassati? Quant'affezione non ebbero essi per noi! quante pene non abbiamo forse recato loro! quante finezze non ci prodigavano allorché cadevamo malati! non ponevano essi la loro felicita nel vederci felici? ed ora che essi sono in un mare di dolori, non ci adopreremo a liberarli? «Non renderemo loro quel che da essi abbiamo ricevuto?». Riconoscenti per i tanti favori da loro ricevuti, li abbiamo, senza fallo, assicurati dell'amor nostro, e le nostre testimonianze erano sincere; che se li avessimo veduti miserabili o penanti, ci saremmo affrettati a porgere loro soccorso, vergognandoci di passare per ingrati. E perché dunque li abbandoniamo al presente, vedendoli in preda ad inesprimibili dolori? L'abbandono in cui il divin Salvatore venne lasciato dai diletti suoi discepoli, durante l' agonia dell' orto, gli cagionò dolore vivissimo; quanto non debbono soffrire anche le anime purganti nel vedersi abbandonate da ingrati, ricolmi di benefici! La mancanza di fede ci rende crudeli; siamo commossi unicamente da ciò che ferisce i sensi; lo spettacolo dell'agonia dei parenti ci opprime di dolore; non possiamo pensare a loro senza lacrime; ma non vogliamo persuaderci di quanto insegna la nostra santa religione intorno al purgatorio; abbiamo appena un qualche pensiero intorno alla sorte probabile di coloro che piangiamo, i quali, forse, per la nostra mancanza di fede, sono in quelle fiamme da ben molti anni: E noi siamo tanto più colpevoli in quanto che forse per colpa nostra essi si trovano là, e con il suffragarli compiremmo un atto di pura giustizia. Se abbiamo fatto qualche torto al prossimo, dobbiamo ripararlo; e potremmo noi esimerci dal sacro dovere di distruggere il male cagionato ai nostri cari?
Le stesse riflessioni valgono anche, sebbene con minor forza, per le persone a noi congiunte con vincoli di amicizia; anche verso di loro abbiamo doveri d'affezione da compiere e dobbiamo provar loro che «l'amore è forte come la morte (cant., VIII, 6);» essi pure ci resero sovente grandi servizi d'amicizia e di devozione, la riconoscenza domanda che ora noi li assistiamo con le preghiere; forse più volte saremo stati loro occasione di peccato, giustizia vuole che espiamo per essi colpe di cui noi fummo causa.
FIORETTO SPIRITUALE. Pensiamo che con le nostre buone opere possiamo, meglio che con le lacrime, consolare moltissimo quelle anime, ed ottenere, per loro mezzo, i beni che Dio ci ha promesso. (S. G. Crisostomo).