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domenica 16 marzo 2025

L'eroico martirio di Santa Dorotea

[Brano tratto da “Tesoro di racconti istruttivi ed edificanti”, di Don Antonio Zaccaria, Tipografia Pontificia Mareggiani, 1887].

Ai tempi dell'imperatore Galerio, nel 394 dopo Cristo, viveva in una città della Cappadocia una buona verginella per nome Dorotea. Questa santa era una di quelle brave giovani che si consacrano a Dio, che praticano la devozione, frequentano la chiesa, i Sacramenti; ma nello stesso tempo umile, rispettosa, caritatevole, compassionevole cogli infelici, graziosa e amorevole con tutti. Ora avvenne che l'imperatore Galerio si mise a perseguitare la religione cristiana; e quindi anche Dorotea venne presa dai soldati, legata e menata dinanzi ai tribunali. L'avvocato del prefetto, di nome Teofilo, le domandò chi ella fosse; e Dorotea rispose: - Sono sposa di Gesù Cristo; sono una vergine consacrata a Dio; e Teofilo che era proprio della risma di certi giovinastri del giorno d'oggi, sentendo a dire da Dorotea che era sposa di Gesù Cristo, si mise a ridere e scherzare. Allora si minaccia a Dorotea la morte se non rinuncia alla sua fede; e Dorotea francamente risponde: - Che cosa importa a me della morte? farò più presto ad unirmi col mio sposo diletto in paradiso; e Teofilo continuava a ridere e scherzare. Finalmente si scrive la sentenza di morte, e al giorno 6 di febbraio la si leva fuori dalle carceri per menarla alla morte; allora Teofilo, lisciandosi i baffi, e fissando in faccia a Dorotea due occhi beffardi: - Eh! Dorotea, le disse, signora sposa di Gesù Cristo, quando sarà in paradiso la mi mandi delle mele e delle rose: siamo d'inverno e qui su questa terra non posso trovarne, in cielo l'inverno non c'è: là vi saranno mele e rose in abbondanza anche il sei di febbraio; me ne mandi alcune. - Dorotea sta sopra pensiero un momento, e poi, ispirata da Dio, risponde: Sì, ne manderò - Teofilo schiattava dalle risa, e scherzando e sbeffeggiando voltò via. Intanto Dorotea arrivò al patibolo; là si inginocchiò, e pregò il carnefice che prima di darle il colpo di morte le lasciasse fare un po' di preghiera. Fatta questa orazione, le apparve davanti un ragazzino con tre bellissime mele e con tre rose superbe; il quale ragazzino, che era un angelo del paradiso. Dorotea disse: Portale a Teofilo a nome mio; e digli che le manda Dorotea; e detto questo, piegò la testa sotto il ferro del carnefice e ricevette il colpo di morte. Teofilo si trovava allora in una brigata di giovani e stava ridendo della promessa che Dorotea gli aveva fatto di mandargli delle mele e delle rose. Staremo a vedere, diceva con piglio di scherno beffardo, se manterrà la sua parola. In quel momento preciso entrò sollecito il fanciullo, gli presentò un canestro di mele e di rose dicendo a Teofilo: Te le manda Dorotea, la sposa di Gesù Cristo, e sparì. Teofilo a queste parole restò colpito come da un fulmine, e subito volle divenire discepolo di Gesù Cristo, abbracciando quella fede che prima aveva deriso. I compagni, i parenti, gli amici cercavano di dissuaderlo, lo pregavano a non farlo, mettendogli avanti il pericolo che vi era la professare la religione di Cristo; ma Teofilo rispondeva: Vada la testa, ma voglio essere cristiano come era Dorotea. - Fu gettato in carcere, patì i tormenti, subì la morte, ma volle mantenere il suo santo proposito. Se anche qualcheduno di voi avesse per lo passato imitato Teofilo nello schernire la devozione e le persone devote, imiti Teofilo anche nel suo ravvedimento.