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giovedì 11 settembre 2025

Confessore e penitente dannati

[Brano tratto da “Tesoro di racconti istruttivi ed edificanti”, di Don Antonio Zaccaria, Tipografia Pontificia Mareggiani, 1887].


È questo un fatto raccontato da molti autori, ma degno di essere sempre ricordato a salutare ammaestramento di quei confessori, che abusando del Sangue di Gesù Cristo e profanandolo con assoluzioni sacrileghe, tradiscono le anime lasciandole imputridire nel fradiciume di tante colpe per la troppa loro facilità in assolvere; è degno di essere narrato per salutare avviso di coloro che ricevono i sacramenti sacrilegamente, di coloro che mutano ogni volta confessore per strappare l'assoluzione, e a dir breve per tutti quelli che adoperano la confessione non per emendare la propria vita, ma per farsene mantello per peccare più francamente. 

Vi fu un cavaliere molto dato al turpe vizio della disonestà il quale da molto tempo manteneva una mala pratica. Per suo gran male aveva trovato un confessore che sempre lo assolveva con grande amorevolezza. La moglie del cavaliere, donna di gran pietà, scoteva di tanto in tanto la coscienza del marito con rendergli sospette tante assoluzioni ricevute senza rimuovere l'occasione. E il marito ridendo la proverbiava con dire: Volete farla da teologo? Se il mio confessore che è religioso assai dotto non mi potesse assolvere, non mi assolverebbe: badate un poco all'anima vostra, che io baderò alla mia. 

Seguitò a vivere come prima, ed a confessarsi come prima; ed anche in punto di morte la confessione fu simile alle altre fatte in vita. La moglie rimasta vedova, mentre nel suo oratorio fa orazione, ecco che vede entrare in mezzo ad una gran vampa un uomo mostruoso portato sulle spalle da un altro uomo. La buona signora, inorridita voleva fuggire. - No, sentì dirsi, no, fermatevi! Sappiate che io sono vostro marito, dannato e questo che mi porta sulle spalle è il mio confessore: io perché malamente mi sono confessato, egli perché malamente mi ha assolto: ci siamo ambedue dannati: e sparì via. 

Dal che può vedere chiunque non voglia smettere le occasioni, oppure s'ingegni di strappar le assoluzioni, che se andrà all'inferno, vi andrà con minor fatica, perché vi andrà sulle spalle di quel confessore che l'assolvette. A che serve infatti che il confessore vi assolva, se Iddio dal cielo dice: Io ti condanno? A che giova che il confessore vi benedica, se Iddio dal cielo vi maledice? Pretendere di confessarsi bene senza lasciar l'occasione, è pretendere l’impossibile, e non è che accumular sacrilegi sopra sacrilegi e correre alla perdizione.