Brano di una conferenza di Padre Garrigou-Lagrange tenuta nella Curia Generalizia della Compagnia di Gesù il 13 maggio 1943 ai Postulatori delle Cause di Benificazione della Sacra Congregazione dei Riti.
Benedetto XIV nell'opera De Servorum Dei beatificatione lib. III c. 22 dice: Da quanto abbiamo detto nel capitolo precedente risulta che la virtù cristiana perchè sia eroica deve far sì che chi la possiede agisca con facilità, prontezza e diletto, in modo superiore all'ordinario, per un fine soprannaturale e perciò senza ragionamenti umani, con spirito di abnegazione e dominio delle passioni.
Esaminiamo ora se queste condizioni si trovano nei fatti narrati.
1) Chi possiede la virtù eroica agisce con facilità, prontezza e diletto. — Questo diletto si prova, ben inteso, nella parte superiore dell'anima, perchè nella parte inferiore ci può essere benissimo una grande aridità e anche tristezza come accadde a Gesù Cristo nell'orto del Getsemani. E bisogna osservare che per parte inferiore dell'anima non si intende solo la parte sensitiva. Cristo infatti operando eroicamente ebbe un immenso dolore nei nostri peccati nella sua volontà, anche nella parte superiore di essa, sebbene nella sommità del suo spirito abbia conservato un gaudio perfetto insieme con la visione beatifica (S. Th. III, q. 46, a. 7 e 8).
Questa prima proprietà della virtù eroica si verifica o no nei fanciulli suddetti? Dalla semplice esposizione dei fatti in cui si manifesta anche l'amore della croce pare di sì.
Tuttavia è stata fatta questa obbiezione: il fanciullo è nell'impossibilità di giungere alla virtù eroica, perché non ha avuto tempo sufficiente né occasione di ripetere atti difficili.
Si risponde in tre modi:
1°) I fanciulli è vero non ebbero tempo per giungere alla perfezione delle virtù acquisite, ma molti di loro fecero con somma generosità di quegli atti difficilissimi con cui si producono anche immediatamente queste virtù acquisite.
2°) I fanciulli nel battesimo hanno ricevuto le virtù infuse tanto le teologali quanto le morali e i doni dello Spirito Santo; appoi molti di essi con atti talvolta di molto valore meritarono un notevole aumento di queste virtù infuse, e così si disposero a ricevere subito quest'aumento. I sette Doni poi sono connessi con la Carità e vanno aumentando insieme con essa (S. Th. I-II, q. 68, a. 5); anzi sono abiti infusi che dispongono l'anima che è in grazia a seguire con docilità e prontezza le ispirazioni dello Spirito Santo; e così essi facilitano moltissimo l'esercizio delle virtù infuse e anche delle acquisite, le quali sono di grande aiuto alle virtù infuse, come l'agilità delle mani alla esecuzione dell'arte il cui principio è nella mente del musicista.
3°) Il fanciullo cristiano nella sua innocenza battesimale in cui Gesù Cristo pone la sua compiacenza non ha ancora radicato nell'anima quei difetti che devono essere estirpati con un lungo esercizio di mortificazione. E perciò non gli è necessaria una lunga e dolorosa purificazione passiva dei sensi e dello spirito. Quindi per queste tre ragioni messe insieme i fanciulli, almeno alcuni dei migliori, possono produrre atti di virtù con facilità, prontezza e diletto, diletto, s'intende, nella parte superiore dell'anima anche se nella parte inferiore o meno elevata abbiano molto da soffrire. Dio pone la sua complacenza in queste anime giuste ed innocenti e non di rado dà loro aiuti speciali ed efficacissimi per agire con tutta la prontezza necessaria quando se ne dà l'occasione. Così questi fanciulli crescono in sapienza e in età e a gloria della grazia di Dio (Efes. 1, 6) e secondo la misura del dono di Cristo (Efes. IV, 7), misura che dipende dalla loro eterna predestinazione, come dalla medesima dipende la grazia della perseveranza finale da conferirsi loro nella gioventù intorno ai sette, otto o dieci anni. E così l'anima loro apparisce già perfettamente matura cioè quasi definitivamente preparata alla vita eterna come i santi fanciulli suddetti.
Perciò questi fatti devono essere giudicati non solo alla luce della psicologia, ma anche della sacra teologia e non della semplice teologia morale, ma sotto la luce speciale dell'altissimo mistero della predestinazione in ordine ai detti fanciulli a Dio sommamente cari e predestinati, come appare, non ad un infimo, ma ad un altissimo grado di gloria.
II) La seconda condizione da esaminare è che «chi ha la virtù eroica agisca in modo superiore all'ordinario cioè in cose di suo, soggettivamente, ardue». Fa osservare Benedetto XIV (1. III, c. 21, n. 11) «che l'eccellenza dell'opera e la sua difficoltà va giudicata secondo le circostanze. Infatti se digiuna un fanciullo, egli dice, questo per lui è qualche cosa di straordinario, ma non è tale se digiuna un uomo fatto». Perciò le parole «modo superiore all'ordinario» vanno intese rispetto all'età del fanciullo cioè rispetto al modo di fare ordinario dei fanciulli a quella età. Ora i fatti sopra citati manifestano che i suddetti fanciulli più volte agirono anche in modo superiore a quello degli adulti. Infatti certe loro azioni frequentemente ripetute mostrarono amore alla croce e serena perseveranza nei sacrifici quotidiani fino alla morte, tra somme difficoltà, come accadde ai fanciulli di Fatima per la persecuzione sostenuta, e per Antonietta Meo per la crudele malattia e le dolorose operazioni subite. E questo loro costante è di molta edificazione per i grandi, come per il chirurgo che operò Antonietta Meo, il quale rinunciò al suo onorario reputandosi piuttosto a lei debitore per lo splendido esempio ricevuto.
Si obietta: Ma questi atti eroici per dimostrare una virtù veramente eroica devono essere frequenti e vari secondo la diversità delle virtù teologali e morali, cioè si richiedono specialmente molti atti difficili di fede, speranza e carità e così pure molti atti ardui delle virtù morali quando se ne dà l'occasione. Ora nei fanciulli cristiani sebbene ci siano le virtù infuse e i sette doni, non c'è però ancora nella loro natura la potenza prossima all'esercizio di queste virtù ; perché questo sarebbe un miracolo che trasformerebbe il fanciullo in adulto e allora si cambierebbe la questione.
Si risponde: questo sarebbe un miracolo prima dell'uso della ragione, ma non dopo che è raggiunto l'uso della ragione e della libertà. Ora negli esempi citati apparisce non solo il pieno uso di ragione senza miracolo, ma ci si vedono nel modo proporzionato alla capacità dei fanciulli molti atti difficili di diverse virtù quando se ne dà l'occasione. E non si richiede secondo Benedetto XIV che si manifestino in loro gli atti di tutte le virtù, perché le virtù sono connesse, e tutte le virtù infuse crescono proporzionalmente insieme con la carità anche se non c’è sempre l’occasione di esercitarle tutte. Nondimeno in caso di persecuzione e di grande dolore per una crudele malattia non può esistere l’amore della croce senza frequenti ed eroici atti di fede, speranza, carità, pazienza, prudenza, fortezza ecc.
Si insiste: nei fanciulli non si manifesta l’eroismo della fede, perché il fanciullo non ha alcuna difficoltà a credere ciò che gli insegna la madre, non vede che la bellezza del mistero, non ha ancora il senso critico, non conosce le obbiezioni degli increduli. Inoltre i fanciulli non afferrano che in modo imperfettissimo, come dall’esterno, non in modo intellettuale, ma in simboli sensibili, i grandi misteri della Santissima Trinità e dell’Incarnazione. Perciò la facilità a credere è nel fanciullo una prova piuttosto contro che in favore dell’eroismo della fede, perché proviene più dalla loro debolezza che dalla grandezza della virtù.
Si risponde in due modi:
1) La debolezza dei fanciulli dimostra in molti di essi per ragioni di contrasto la fermezza della fede, non solo nella prova del martirio come in S. Tarcisio, ma anche nella prova di duri interrogatori come nei fanciulli di Fatima o nella piccola Bernardetta di Lourdes. Così pure grande fermezza di fede appariva già durante le artriti e i dottori in S. Gemma Galgani ancora giovinetta e nella piccola Nelly morta in Irlanda a quattro anni tra gli spasimi cagionati dalla carie alla mascella e con intenso desiderio della S. Comunione.
2) Si risponde pure che la difficoltà dell’atto di fede eroica proviene non solo dalla sua oscurità a cui i fanciulli, lo so bene, non badano, ma dal suo carattere pratico quando la fede domanda loro grandi sacrifici e l’accettazione di grandi sofferenze. Un fanciullo che non avesse una virtù eroica piangerebbe, si lamenterebbe, non potrebbe credere che Dio permette un sì gran dolore per dare la occasione di una lotta spirituale e dell’esercizio di un generoso amore per ottenere la conversione dei peccatori. Questa è la sublime soluzione pratica del problema del male. Quest’amore della croce sarebbe eroico anche in cristiani adulti, perché suppone una fede viva proporzionata, molto più dunque è da ammirare in fanciulli attesa la loro naturale debolezza. Bisogna dire che è suscitato da Dio a edificazione dei grandi. Né vale il dire che a spiegare questi fatti basta il ricordo degli insegnamenti avuti da una madre pia o da un buon predicatore nella preparazione alla prima Comunione. Questo potrà spiegare qualche bella risposta di fanciulli cristiani, ma non il suddetto amore della croce in mezzo a vessazioni o a grandi dolori causati da crudele malattia.
La terza condizione da esaminare è che «chi ha la virtù eroica agisca per un fine soprannaturale, cioè senza motivi e calcoli umani con spirito di abnegazione e dominio delle passioni». Ora nei fatti esposti apparisce chiaramente il fine soprannaturale specialmente durante una persecuzione o un grande dolore che vengono offerti a Dio con perseveranza incessante per la conversione dei peccatori. In ciò non c’è né ci può essere un calcolo umano ma c’è soltanto abnegazione perfetta.
Si obietta però: i fanciulli non possono avere ancora un perfetto dominio sulle proprie passioni ed emozioni, dominio che si acquista soltanto con una moltiplicità di atti virtuosi ripetuti in circostanze diverse. Si risponde che la grazia abituale, le virtù infuse, le grazie attuali comuni e le ispirazioni speciali dello Spirito Santo come pure l’aiuto della B. V. Maria e dell’Angelo custode possono supplire a ciò che manca da parte dalle virtù acquisite se non sono ancora allo stato perfetto senza colpa o imperfezione del soggetto operante. Si insiste: ma la grazia si adatta alla natura del fanciullo, e perciò non produce in lui quegli atti che superano la sua età.
Si risponde: che nei fanciulli rimane sì il modo di fare puerile nel senso buono di questa parola, ma anche in loro qualche volta si manifestano già una fede fermissima, una grande confidenza in Dio e in Gesù Cristo ed una straordinaria generosità di amore verso Dio e verso il prossimo da farne dei fanciulli eroici; è un eroismo da fanciulli, ma è un vero eroismo.
E non vi è soltanto, come abbiamo detto, un germe di eroismo negli esempi ricordati dei fanciulli di Fatima e di Antonietta Meo. Anzi pensando a questa fanciulletta morta a sette anni con tanto amore alla croce possiamo dire con S. Gregorio Magno: «Che cosa diciamo dinanzi a questi fatti noi uomini barbuti e così fiacchi cui l’ira vince, la superbia gonfia, l’ambizione sconvolge, eccetera?».
Ne dà il dire: se questi fanciulli fossero vissuti a lungo forse non avrebbero perseverato nel bene. Questo si può dire di tutti i santi che sono morti in età matura. Ma sta il fatto che questi fanciulli ottennero la grazia della perseveranza finale e che erano stati predestinati non solo a un infimo grado di gloria, ma ad uno ben alto in confronto a molti cristiani adulti, che, per quanto apparisce, hanno la grazia di fare una buona morte.
Conclusione.
Si può dunque conchiudere:
1°) Né la vecchiaia né l’età matura sono necessari per esser santi. Anzi se tutti quelli che sono morti nella loro gioventù non avessero aspirato alla vera santità non sarebbero stati santi fanciulli, neppure quelli morti martiri i quali si prepararono a quella gloriosa morte con atti eroici.
2°) S. Tommaso nella Parte III, q. 72, a. 8, dice che la cresima è il sacramento della piena età spirituale per la lotta spirituale. Ma questa piena età spirituale si può raggiungere anche prima dell’età adulta naturale, come si vede in S. Agnese, in S. Tarcisio, in S. Agnese di Boemia, in S. Luigi Gonzaga, in S. Stanislao Kostka, in S. Teresina del Bambino Gesù, e in molti altri santi morti nella loro gioventù.
3°) I fanciulli cristiani che hanno ricevuto la Cresima e la S. Comunione possono avere la virtù eroica in quanto hanno ricevuto le virtù infuse e i sette doni dello Spirito Santo e possono meritare un grande aumento di queste virtù infuse e dei doni connessi con la carità.
4°) Perciò i fanciulli cristiani possono avere la virtù eroica non solo in ordine ad alcuni atti difficili, ma anche in modo permanente, cioè come un abito che opera con facilità, prontezza e diletto, in modo superiore all’ordinario, per un fine soprannaturale, con spirito di abnegazione e dominio delle passioni.
5°) Questo eroismo è proporzionato alla loro età, ma è un vero eroismo, che suppone la grazia santificante, le virtù infuse e i doni dello Spirito Santo in grado eminente, e che è prodotto da Dio per la loro eterna predestinazione ad un alto grado di gloria.
Conclusione finale.
Dio, come dice S. Paolo (I Cor. I, 27-29), ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti, e le cose ignobili e disprezzate e quelle che non sono per ridurre al niente quelle che sono, affinché nessuna carne si glori dinanzi a Dio.
Così Dio ha scelto questi fanciulli per confondere i superbi e i tiepidi, e per mostrare che la grazia può fare in loro quello che non potrebbe fare la sola natura, e che la grazia è data loro non solo per la loro santificazione, ma anche per la edificazione degli adulti, affinché questi si umilino, si convertano e si santifichino.
Così sia.
P. GARRIGOU-LAGRANGE O. P.