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lunedì 21 aprile 2025

Resta con noi Signore (Lunedì di Pasqua)

Dagli scritti di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena (1893 - 1953).


O Gesù, dolce pellegrino, non mi lasciare; ho bisogno di te. 

1 - Dio ci ha fatti per sé e noi non possiamo vivere senza di lui, abbiamo bisogno, abbiamo fame e sete di lui, l’Unico che può riempire il nostro cuore. La liturgia pasquale è tutta pervasa da questo anelito verso Dio, verso l’alto, ed anzi ce lo presenta come il contrassegno della nostra partecipazione al mistero pasquale: «Se siete risuscitati con Cristo cercate le cose di lassù, dove Cristo è sedente alla destra di Dio; pensate le cose di lassù, non quelle della terra» (Col. 3, 1 e 2). Più l’anima si rinnova nella risurrezione di Cristo, più sente il bisogno di Dio e delle cose celesti, e così si distacca sempre più dalle cose della terra, per rivolgersi a quelle del cielo. 

Come la fame fisica è indice di un organismo sano e pieno di vita, così la fame spirituale è indice di una vita spirituale efficiente ed in continuo sviluppo. L’anima che non avverte il bisogno di Dio, il bisogno di cercarlo e di trovarlo, l’anima che non vibra e non soffre per l’ansia di questa ricerca, non porta in sé i segni della risurrezione, è quindi un’anima morta o almeno tramortita e resa insensibile dalla tiepidezza. L’alleluia pasquale è un grido di trionfo per la risurrezione di Cristo, ma nello stesso tempo è un invito pressante alla nostra risurrezione. Simile ad una diana di guerra, ci chiama ai combattimenti dello spirito, c’invita a scuoterci, a rinnovarci, a partecipare sempre più a fondo alla risurrezione di Cristo. Chi, per quanto avanzato nelle vie dello spirito, può dire di aver totalmente attuato la sua risurrezione? 

2 - Nella Messa di oggi si legge il bellissimo Vangelo dei discepoli di Emmaus (Lc. 24, 13-35) nel quale troviamo la pressante supplica: «Resta con noi, chè si fa sera e il giorno già declina». 

Resta con noi, Signore! è il grido dell’anima che, avendo trovato il suo Dio, non vuol più separarsi da lui. Anche noi, come i discepoli di Emmaus, andiamo in cerca del Signore; tutta la nostra vita è un continuo peregrinare verso di lui e spesso anche noi siamo tristi perché non riusciamo a trovarlo, perché, non comprendendo le sue vie misteriose, ci sembra quasi che Egli ci abbia abbandonati. «Speravamo che Egli fosse per salvare Israele, invece...» dicevano i due discepoli rimasti delusi per la morte di Gesù, e non si accorgevano che, proprio mentre stavano per perdere ogni speranza, Gesù era lì vicino a loro, fattosi loro compagno di viaggio. Così accade anche a noi: benché celato nell’oscurità della fede, Dio si avvicina alle anime nostre, si fa compagno del nostro cammino, anzi, più ancora, vive in noi per la grazia. È vero, quaggiù Egli non si mostra nella chiarezza del «faccia a faccia» riservato per l’eternità e noi lo vediamo solo «traverso uno specchio in enigma» (I Cor. 13, 12); tuttavia Dio sa farsi riconoscere. Come ai discepoli di Emmaus, così a noi la sua presenza si rivela in un modo oscuro, sì, ma inconfondibile, per quell’ardore tutto particolare che Egli solo sa destare nei nostri cuori: «Non ci ardeva forse il cuore in petto mentre ci parlava?». L’anima che, anche una volta soltanto, ha trovato così il Signore e l’ha trovato non solo fuori di sé, ma dentro di sé, vivente ed operante nel suo cuore, non può fare a meno di rivolgergli il grido: «Resta con me!». 

Eppure questo grido è già esaudito, è già una realtà permanente perché di fatto Dio è sempre con l’anima in grazia; Dio è sempre con noi, anche quando non lo sentiamo, anche quando non avvertiamo la sua presenza Dio c’è, Dio resta con noi; tocca a noi restare con lui. E se in certi momenti Egli si lascia riconoscere dall’anima, lo fa appunto per invitarla a vivere con lui, nella sua intimità. Chiediamogli dunque con ardore: insegnaci, o Signore, a restare con te, a vivere con te. 


[Scritto tratto da “Intimità Divina”, di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena, pubblicato dal Monastero S. Giuseppe delle Carmelitane Scalze di Roma, imprimatur: Vicetiae, 4 martii 1967, + C. Fanton, Ep.us Aux.].


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