La nostra santificazione è volontà di Dio: vogliamo disgustarlo? La santità è uno dei tanti ritrovati del suo amore e della sua misericordia. [...] Il farci santi è cosa facile, tanto facile che molti, moltissimi si fecero santi; e molti di essi si trovavano in condizioni meno felici delle nostre. Essi, al cominciare il loro lavoro di santificazione, provavano quelle stesse difficoltà e quello stesso senso di smarrimento e di timore che proviamo noi oggi. Eppure si fecero santi... Perché la santità è cosa molto semplice, davvero semplicissima: si fa santo chi ama molto Dio; ama molto Dio chi fa sempre la sua volontà; fa sempre la sua volontà chi fa quel che deve fare, ossia chi fa bene quel che deve fare, cioè le azioni ordinarie. Dunque si fa santo chi fa bene le azioni ordinarie: il ministero, la scuola, il lavoro, la ricreazione, i pasti... Non si tratta di andar sempre con gli occhi a terra e la testa curva, con le mani giunte, seri, impassibili, ieratici [...]; si può scherzare, ridere, giocare, dedicarsi a lavori che piacciono... Né occorre fare sempre atti eroici o mortificazioni continue. Basta che facciamo quel che ci domanda Dio nella Regola, e lo facciamo bene; quel che vogliono i superiori, e lo facciamo bene. E notate che le azioni non sono collegate in modo che se una è difettosa, le altre lo siano pure. Ogni azione è indipendente: qualunque sia il nostro passato, comunque abbiamo passato la mattina, possiamo alla sera santificare l'anima nostra facendo bene allora quel che dobbiamo fare... Qualcuno si preoccupa: come farò? di dove comincerò? come continuerò?... Chi deve costruire l'edificio della nostra santità non siamo noi; è Dio. Noi siamo come il garzone del muratore: egli porta calce, arena, acqua, mattoni; ma chi costruisce è il muratore. Portiamo il nostro piccolo contributo: i mattoni dell'edificio della nostra santità (le azioni ordinarie, fatte meglio che possiamo) e Dio farà il resto.