Egli [Don Bosco, n.d.r.] intanto partiva da Torino, pernottava in Asti e di qui avviavasi verso Canelli con D. Carlo Palazzolo per dettare un corso di esercizii a quella popolazione. [...] Via facendo raggiunsero un carrettiere, il quale di quando in quando, per eccitare i suoi cavalli, proferiva orribili bestemmie. D. Palazzolo non poté contenersi, e rivolto al carrettiere: - Queste, esclamò, sono le vostre giaculatorie? È in questo modo che si profana da voi il nome di Dio? - E su questo tono continuò a rimproverarlo. Il carrettiere, irritato, prese ad inveire: non voler sopportare rimproveri; i preti non essere migliori degli altri, quindi badasse a sé, perché altrimenti si sarebbe trovato a mal partito. - D. Palazzolo rispose per le rime; la questione poteva farsi seria, quando. D. Bosco si intromise. Dopo aver pregato il compagno che lo precedesse a Canelli, ormai poco distante, e che facesse la predica d'introduzione, si mise ai fianchi del carrettiere che sbuffava. Scusato il compagno, compativa la vita dura di quell'uomo, [...] lo calmò, entrò in discorsi famigliari e non tardò a farselo amico. Quindi, senza che l'altro se ne avvedesse, lo fece convenire doversi rispettare il santo nome di Dio, gli parlò dei castighi minacciati ai bestemmiatori e finì con invitarlo a confessarsi.
- Sono pronto, rispose commosso il carrettiere; ma dove?
D. Bosco gli additò un prato ombroso vicino alla strada. Il carrettiere fermò il carro, D. Bosco si assise ai piedi di un albero, e il penitente si inginocchiò e si confessò con molta compunzione. Pieno di contentezza; continuò quindi insieme con D. Bosco un lungo tratto di strada. Nel dividersi non trovava parole per esprimergli la sua riconoscenza.
[Brano tratto dal secondo volume delle “Memorie biografiche di Don Giovanni Bosco” raccolte dal sacerdote salesiano Giovanni Battista Lemoyne e pubblicate nel 1901].