Per contattarmi: cordialiter@gmail.com


Se il blog ti piace e desideri aiutarmi affinché possa dedicare il tempo necessario per continuare ad aggiornarlo ogni giorno e rispondere alle e-mail dei lettori, puoi inviarmi una libera donazione. Per info: clicca qui.


Visualizzazioni totali

sabato 18 gennaio 2025

Modernisti e luterani

Tra le fila del movimento modernista ci sono alcuni che sostengono che i cattolici dovrebbero limitare la devozione alla Madonna per facilitare il dialogo con i luterani e altri gruppi protestanti.

Io invece penso che sarebbe un grave errore soffocare tra i fedeli la devozione mariana per compiacere chicchessia. Infatti la Beata Vergine Maria è la Mediatrice universale di tutte le grazie che Dio dona al genere umano, come insegna il Magistero perenne della Chiesa. Pertanto, chi non è devoto alla Madonna, è come se chiudesse il canale delle grazie che il Signore desidera donargli.

San Massimiliano Maria Kolbe fece un gran bene alle anime diffondendo il più possibile la devozione all'Immacolata. Se si vuole conquistare il mondo a Cristo bisogna rilanciare la devozione alla nostra Mamma del Cielo. Allora sì che otterremmo innumerevoli grazie, magari anche la conversione dei luterani!

Santo Sacrificio della Messa

Ripubblico un breve messaggio che mi scrisse Maristella.

Caro fratello in Cristo, 
Come stai? Noi bene, ringraziando Dio. Vorrei proprio ringraziare quel buon sacerdote che sostiene il blog e che ogni mese celebra una Santa Messa per noi e i nostri parenti! Pregherò per lui e per tutti noi. Dovremmo proprio ricordare di far celebrare tante Messe: per i vivi e per i morti. Ora si possono richiedere anche via internet, facendo donazioni online. Oppure, come faccio io, chiedendo direttamente ai sacerdoti. Tante Messe salvano le anime e il mondo; non dimentichiamolo mai! 

Uniti nella preghiera 
Nei Cuori Immacolati 
Maristella 

P. S. Tra poco andrò a coricarmi: prima il Rosario e poi, a Dio piacendo, un buon sonno riposante! Buona notte

Pensiero del giorno

Se taluno desiderasse, o si compiacesse del male temporale di qualche peccatore ostinato, affinché si ravvedesse, e lasciasse di dare scandalo, o di vessare gli innocenti, costui non peccherebbe.


(Pensiero di Sant'Alfonso Maria de Liguori, Dottore della Chiesa)

venerdì 17 gennaio 2025

Adorazione Eucaristica Perpetua

Una mia amica, della quale ho pubblicato sul blog diversi post firmati col suo pseudonimo "Riesina", mi ha gentilmente segnalato che a Vicenza alcuni cattolici stanno tentando di dar vita all'adorazione Eucaristica perpetua col beneplacito del Vescovo e del parroco della Basilica di San Felice, che si sono già detti entrambi favorevoli. Per far ciò c'è bisogno di un gran numero di adoratori che a turno rimangano vicino a Gesù sacramentato.

Allo scopo di agevolare l'organizzazione, in accordo col Parroco di San Felice, la chiesa prescelta, si pensa di iniziare momentaneamente con la sola fascia oraria diurna, esponendo il Santissimo Sacramento dalle 9 di mattina alle ore 19.

Per maggiori informazioni è possibile contattare gli organizzatori ai seguenti numeri: 392 2936305 oppure 349 5287266.

La massoneria vuole distruggere la Religione

[Dagli scritti della Beata Maria Deluil-Martiny]

Di fronte alla Chiesa di Cristo si erge quasi svelata, resa ardita dalle sventure dei tempi, l'infernale chiesa di Satana, che per lungo tempo ha ordito le sue congiure nell'ombra e ha coperto col segreto più profondo i suoi abominevoli errori, i suoi ignobili misteri e i suoi odiosi disegni. Essa cerca pazzamente di annientare i diritti di Dio in questo mondo, di rovesciare la Chiesa e ogni base dell'ordine sociale cristiano; di esaltare la pretesa perfezione naturale dell'uomo e la sua indipendenza da Dio, la distruzione di ogni autorità, il dominio della materia, del disordine, dell'empietà; infine la negazione stessa di Dio: né Dio, né padrone! Ecco, care Sorelle, il riassunto delle dottrine di questa scuola infernale.

E se volete conoscere la causa di questi fatti dolorosi e strani, la santa Chiesa stessa vi risponde con la voce di Pio IX: "Colui che avrà ben compreso il carattere, le tendenze, lo scopo delle sette segrete, massoniche o altre, la natura e lo svolgimento della lotta universale dichiarata alla Chiesa, non potrà mettere in dubbio che la presente calamità va attribuita principalmente, come propria causa, alle astuzie e alle macchinazioni delle medesime, di cui la sinagoga di Satana è composta».

Causa agente di questo male immenso sono dunque specialmente le Società Segrete, la cui diffusione è diventata prodigiosa, e che, in un modo o nell'altro, sembrano far capo alla massoneria; e a questo male si dà, sia pure con interpretazioni diverse, il nome di Rivoluzione sociale e religiosa.

E notate bene, care Sorelle, che qui non si tratta di politica; la politica è una maschera per le sette; esse accettano qualsiasi forma di governo, purché possano guidarlo, corromperlo e raggiungere per suo mezzo il loro scopo infernale. Stolta ed empia utopia! Hanno persino creduto, dicono, dimenticando l'intervento divino e le promesse fatte da Gesù Cristo alla sua Chiesa, di poter un giorno metter le mani sul Papato e collocare uno dei loro sulla cattedra di Pietro per rendere la rivoluzione padrona del mondo, e sostituire il regno di Gesù Cristo con quello di Satana.

Questi infami disegni sono costantemente sventati dall'assistenza soprannaturale che Dio dà alla sua Chiesa. Governare le anime per il trionfo del male, tale è lo scopo delle sette segrete. La Chiesa sola ha il diritto e il potere di governarle per condurle a Dio, la setta invece si sforza di compiere il disegno di Satana e dell'uomo insieme uniti nella ribellione a Dio.

Il disegno infernale, che è l'attuazione della dottrina della massoneria, sostituisce i pretesi diritti dell'uomo ai diritti e alla legge di Dio, e, sconvolgendo ogni principio di ordine, pone l'uomo fine a se stesso. E' l'empia e satanica apoteosi dell'umanità, ossia l'uomo sacrilegamente messo al posto di Dio. Persino l'idea religiosa deve scomparire; tutto diventa umano, cioè indipendente dalla legge divina e da ogni fine soprannaturale, l'organizzazione, il potere, i mezzi e lo scopo.

La ragione ribelle e una falsa scienza soppiantano la fede e la verità; l'idea, impropriamente chiamata laica, e che si dovrebbe invece chiamare satanica, è sostituita all'idea religiosa.

La setta segreta assale, insegue e vuol distruggere insieme la religione, la morale, la famiglia, la proprietà, l'educazione cristiana, ogni onesto governo, la vera libertà ed infine il Papato, che essa considera come il centro e la garanzia di tutte queste grandi cose che costituiscono la società, e che le fanno da base. La setta mira a tutto distruggere per arrivare a ciò che essa chiama lo stato di natura, che è in realtà l'anarchia, la forza selvaggia, la barbarie; non più culto a Dio, ma l'autoadorazione dell'uomo; non più doveri, ma egoismo sfrenato e la soddisfazione degli istinti più mostruosi, con qualsiasi mezzo.

Pensiero del giorno

[...] in nessun tempo la dissolutezza e la frivolezza hanno straripato come nel nostro tempo.


[Cardinale Alfredo Ottaviani, "Il baluardo", casa editrice Ares, 1961]

giovedì 16 gennaio 2025

Dio trae del bene anche da avvenimenti spiacevoli

Si rimane ammirati nel vedere come Dio sappia sapientemente trarre dal bene anche da cose che, umanamente parlando, provocano dispiaceri e sofferenze. Per esempio Don Bosco, quando era un giovane prete, cominciò a fare apostolato tra i fanciulli quando vide un sacrestano picchiare ingiustamente un povero ragazzo. Dio si servì di quell’atto contrario alla carità di quel sacrestano per far iniziare a San Giovanni Bosco la sua missione sacerdotale tra i ragazzi. A tal proposito riporto alcuni brani tratti dal secondo volume delle “Memorie biografiche di Don Giovanni Bosco” raccolte dal sacerdote salesiano Giovanni Battista Lemoyne e pubblicate nel 1901.

Era l'8 dicembre del 1841, festa solenne dell'Immacolata Concezione dell'Augusta Madre di Dio.

D. Bosco, all'ora stabilita, nella sagrestia di S. Francesco d'Assisi stava in procinto di vestirsi dei sacri paramenti per celebrare la S. Messa. Attendeva che qualcheduno venisse a servirgliela. In mezzo alla sagrestia, volgendosi da una parte e dall'altra, stava un giovane dai 14 ai 15 anni, le cui vestimenta non troppo pulite e la sguaiata andatura davano a conoscere come non appartenesse a famiglia signorile né agiata. In piedi, col cappello in mano, guardava gli arredi sacri con volto attonito come uno che rare volte avesse vedute tali cose. Quand'ecco il sagrestano, certo Giuseppe Comotti, uomo di cattivo garbo e montanaro, gli si accostò e bruscamente gli disse: - Che fai tu qui? Non vedi che sei d'impaccio alla gente? Presto, muoviti a servire Messa a quel prete.

Il giovanetto nell'udire tali parole restò come stordito, e, tremebondo per paura all'austero cipiglio del sagrestano, balbettando frasi sconnesse rispose

- Non so: non son capace.

- Vieni - replicò l'altro - voglio che tu serva Messa.

- Non so - riprese il giovanetto ancor più mortificato - non l'ho mai servita.

- Come, come! - gridò il sagrestano - non sai?

E scaraventandogli un calcio proseguiva.

- Bestione che sei: se non sai servir Messa, perché vieni in sagrestia? Vattene subito. - Ma, non essendosi mosso il giovane per lo sbalordimento, in men che non si dica diede di piglio allo spolverino e giù colpi sulle spalle del poveretto, mentre questi cercava di fuggire:

- Che fate? - gridò D. Bosco commosso e ad alta voce al sagrestano. - Perché battete quel giovanetto in cotal guisa? Che cosa vi ha fatto? - Ma il sagrestano tutto infuriato non gli dava ascolto. Il giovane intanto, vedendosi a mal partito e non conoscendo qual fosse l'uscio che metteva in chiesa, erasi cacciato nella porta che metteva nel piccolo coro, inseguito dall'altro.

Qui, non trovando nessuna uscita, ritornò in sagrestia, e, finalmente trovato scampo, se la diede a gambe in piazza.

D. Bosco chiamò per la seconda volta il sagrestano e con viso alquanto severo gli chiese: - Per qual motivo avete battuto quel giovinetto? Che cosa ha fatto di male da trattarlo in tal modo?

- Perché viene in sagrestia, se non sa servir Messa?

- Comunque sia, voi avete fatto male.

- A lei che ne importa?

- M'importa assai: è un mio caro amico.

- Come? - esclamò il sagrestano meravigliato. - Suo amico quel bel soggetto?

- Certamente: tutti i perseguitati sono i miei più cari amici. Voi avete battuto uno che è conosciuto dai Superiori. Andate a chiamarlo sull'istante, perché ho bisogno di parlargli, e non ritornate finché non l'abbiate trovato, altrimenti dirò al Rettore della Chiesa la vostra maniera di trattare i ragazzi.

A questa intimazione si calmò l'ira spropositata del sagrestano, il quale, deposto lo spolverino e gridando tòder tòder [vocabolo in dialetto piemontese che si usa in modo di scherzo e di scherno, ndr], corse dietro al giovanetto; lo cercò, lo trovò in una via attigua, e, assicuratolo di migliore trattamento, lo condusse a D. Bosco. Il poverino si avvicinò tutto tremante e in lagrime per le busse ricevute.

- Hai già udita la Messa? - gli domandò il sacerdote con tutta amorevolezza.

- No. - Rispose.

Vieni adunque ad ascoltarla; dopo avrò da parlarti di un affare, che ti farà piacere.

Desiderio di D. Bosco era solo di mitigare l'afflizione di quel tapinello e non lasciarlo con sinistre impressioni contro gli addetti alla sagrestia; ma ben più alti erano i disegni di Dio, che voleva in quel giorno porre la base di un grande edifizio. Quel dialogo era stato interrotto dal sagrestano, il quale veniva accompagnato da un altro giovane, che aveva cercato per servir la Messa.

Celebrata la Santa Messa e fattone il dovuto ringraziamento, D. Bosco fece venire a sé e condusse il suo candidato in un coretto della Chiesa, ove sedette con faccia allegra, ed, assicurandolo che non avesse più timore di percosse, prese ad interrogarlo così: - Mio buon amico, come ti chiami?

- Mi chiamo Bartolomeo Garelli.

- Di qual paese sei?

- Sono di Asti.

- Che mestiere fai?

- Il muratore.

- Vive ancora tuo padre? No, mio padre è morto.

- E tua madre ?

- Mia madre è anche morta.

- Quanti anni hai ?

- Ne ho sedici.

- Sai leggere e scrivere?

- Non so niente.

- Sai cantare?

- Il giovanetto, asciugandosi gli occhi, fissò D. Bosco in viso quasi meravigliato e rispose: - No.

- Sai zufolare?

- Il giovanetto si mise a ridere; era ciò che Don Bosco voleva, perché indizio di guadagnata confidenza. Continuò quindi: - Dimmi: Sei stato già promosso alla prima Comunione?

- Non ancora.

- Ti sei già confessato ?

- Sì, ma quando ero piccolo.

- E le tue orazioni mattina e sera le dici sempre?

- No, quasi mai; le ho dimenticate.

- E non hai nessuno che si curi di fartele recitare?

- No.

- Dimmi: vai sempre alla Messa tutte le domeniche?

- Quasi sempre - rispose il giovane, dopo un po' di pausa e facendo una smorfia.

- Vai al Catechismo ?

- Non oso.

- Perché?

- Perché i miei compagni più piccoli di me sanno la Dottrina ed io così grande non ne so una parola: per questo ho vergogna di mettermi tra loro in quelle classi.

- Se ti facessi io stesso un catechismo a parte, verresti ad ascoltarmi?

- Ci verrei di buon grado.

- Verresti volentieri anche in questa cameretta?

- Sì, sì, purché non mi diano delle bastonate.

- Sta' tranquillo, che niuno ti maltratterà più, come ti ho già assicurato; anzi d'ora in avanti tu sarai mio amico ed avrai da fare con me e con nessun altro. Quando vuoi dunque che incominciamo il nostro catechismo ?

- Quando a lei piace.

- Stasera forse?

- Sì.

- Vuoi anche adesso?

- Sì, anche adesso e con molto piacere.

D. Bosco allora si pose in ginocchio, e, prima di incominciare il catechismo, recitò un'Ave Maria perché la Madonna gli desse la grazia di poter salvare quell'anima. Quell'Ave fervorosa e la retta intenzione fu feconda di grandi cose! D. Bosco poi si alzò e fece il segno di santa croce per cominciare; ma il suo allievo non lo faceva, perché ne ignorava il modo e le parole: e perciò in quella prima lezione il maestro s'intrattenne nell'insegnargli la maniera di fare il segno della croce e fargli conoscere Iddio Creatore e il fine per cui ci ha creati e redenti. Dopo circa una mezz'ora lo licenziò con grande benevolenza; e, assicurandolo che gli avrebbe insegnato a servire la Santa Messa, gli regalò una medaglia di Maria SS., facendosi promettere di ritornare la domenica seguente. Quindi soggiunse: - Senti, io desidererei che tu non venissi solo, ma conducessi qua altri tuoi compagni. Io avrò qualche regalo da fare di nuovo a te e a quanti verranno teco. Sei contento?

- Oh molto, molto! - rispose con una grande espansione quel buon giovane; e, baciatagli la mano due o tre volte, se ne andò.

Garelli innanzi a D. Bosco rappresentava non solo innumerevoli giovani, ma i molti popoli che avrebbe evangelizzati. Questa è la vera origine degli Oratori festivi. D. Bosco ne fu l'iniziatore e Garelli la pietra fondamentale, sopra della quale la Vergine Santa fe' scendere grazie e favori senza numero.

Nella settimana susseguente D. Cafasso pure ebbe ad invitare un giovanetto a servirgli la S. Messa; ma questi non sapeva, e però Don Cafasso lo pregò a ritornare che gli avrebbe insegnato. A questo per lo stesso motivo se ne aggiunse un secondo. Don Cafasso non potendosene occupare, ne affidò la cura a D. Bosco, il quale così aumentava il numero de' suoi scolari.

La domenica seguente pertanto nella Chiesa di S. Francesco si vide un caro spettacolo. Sei garzoncelli male in arnese, condotti da Bartolomeo Garelli, insieme cogli altri due stavano attentissimi alle parole di D. Bosco, che loro insegnava la strada del paradiso. Sebbene di tarda memoria, tuttavia coll'assiduità e coll'attenzione, in poche feste, Garelli riuscì ad imparare le cose necessarie per poter fare una buona Confessione e poco dopo una santa Comunione. Quindi apprese eziandio a servire la S. Messa. Questo giovane d'allora in poi fu discepolo affezionato di D. Bosco, e il Canonico Anfossi ed altri lo videro venire all'Oratorio ancora dopo il 1855.

A questi giovani allievi altri se ne aggiunsero in appresso, in guisa da riempire il coretto destinato a tali funzioni.

Una sera di quelle prime domeniche D. Bosco, attraversando la chiesa per andare in sagrestia, mentre si predicava, vide innanzi ad un altare laterale seduti sui gradini della balaustrata alcuni garzoni muratori, i quali, invece di stare attenti, sonnecchiavano. Li interrogò sottovoce: - Perché dormite?

- Non capiamo niente della predica - risposero - quel prete non parla per noi.

- Venite con me! - E li condusse in sagrestia e quivi li invitò a venire cogli altri al suo catechismo. Fra questi giovanetti erano Carlo Buzzetti, Germano, Gariboldo.

A questo modo, di settimana in settimana cresceva il numero dei catechizzandi, ai quali D. Bosco raccomandava sempre di condurgli quanti più compagni potessero. Aveva in mira di attirarli a Dio coll'obbedienza ai divini comandamenti e alle leggi della Chiesa. Subito si adoperava per far loro osservare il precetto di ascoltare la S. Messa nei giorni festivi, faceva loro imparare le orazioni del mattino e della sera, inculcando vivamente questa pratica di pietà, e li andava preparando a confessarsi bene. All'uscir dal catechismo poi in sulle prime ottenne il permesso che prendessero i loro divertimenti sulla piazzetta innanzi alla chiesa. Ma per quell'inverno D. Bosco limitò la sua cura in modo particolare ad alcuni dei più grandicelli che si trovavano lontani dalle proprie famiglie, perché forestieri in Torino e più bisognosi di istruzione religiosa. Fra essi il maggior numero era delle parti di Biella e di Milano, sopra tutto muratori. Il sagrestano nulla aveva più a ridire, perché D. Bosco, colla sua affabilità costante e con qualche dono, lo aveva persuaso del gran bene che si andava operando. Noi lo abbiamo conosciuto vecchissimo nel 1891 e conservava di D. Bosco cara memoria. Questi giovani imparavano con profitto la scienza della salute, ed erano evidenti e consolanti i risultati morali. […] D. Bosco era un nuovo apostolo che incominciava la sua missione.



lll

Pensiero del giorno

[...] se al prossimo adirato rispondiamo con ira, non facciamo che aumentare l’incendio, mentre bisogna cercare di spegnere la collera opponendovi dolcezza e mansuetudine.

[Brano tratto da “Intimità Divina”, di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena, pubblicato dal Monastero S. Giuseppe delle Carmelitane Scalze di Roma, imprimatur: Vicetiae, 4 martii 1967, + C. Fanton, Ep.us Aux.].

mercoledì 15 gennaio 2025

La Messa tridentina è particolarmente indicata per le anime contemplative

Tempo fa ho pubblicato un’intervista a Maristella sul tema delle mode indecenti e sulla questione dell’utilizzo del velo sul capo da parte delle donne che assistono al Santo Sacrificio della Messa, come desiderava San Paolo. Quel giorno diverse lettrici mi scrissero per complimentarsi con Maristella. Tra loro mi scrisse anche Letizia, una delle persone che stimo maggiormente.


Ciao D., mi è piaciuta molto l'intervista a Maristella sulla moda e soprattutto sul velo da messa. Le ho scritto e ho colto l'occasione per chiederle consigli sull'acquisto. Ti ringrazio di cuore. Appena ho tempo e calma risponderò alle tue domande. 

Grazie per tutto davvero! È bello se restiamo uniti e in contatto tra di noi. Mi piace l'idea di pregare gli uni per gli altri per il sostegno spirituale e per dar gloria al nostro Salvatore. Per ciò che riguarda il velo, beh io ne sento davvero la necessità dal momento soprattutto che da sabato prenderò l'abitudine di andare alla Santa Messa in latino. Buona giornata D., ringraziamo il Signore e ti esorto a continuare così!

Letizia


Carissima in Cristo,
                                 sono contento che tu abbia deciso di partecipare ogni settimana alla Messa tridentina celebrata nella tua città. Contrariamente a quello che pensano molti modernisti, noi non seguiamo la liturgia tradizionale per fare la parte degli snob che pregano in latino, lingua utilizzata dalle persone colte. Noi, spesso a costo di molti sacrifici, seguiamo il Vetus Ordo Missae perché lo viviamo in maniera più intensa e profonda, siamo attratti dall'affascinante sacralità del rito e percepiamo fortemente l'essenza sacrificale della Messa nella quale si rinnova il Santo Sacrificio del Redentore Divino. Insomma alla Messa tridentina vi partecipiamo in maniera attenta e devota, nutrendo in maniera abbonante la nostra anima. Purtroppo, non tutti riescono a capire le nostre aspirazioni liturgiche e spirituali. Personalmente sono convinto che la Messa tridentina sia particolarmente adatta alle anime contemplative (come la tua) e in generale a coloro che praticano un'intensa vita spirituale. Per esempio, durante il Canone Romano (la preghiera di Consacrazione che nel rito antico viene pronunciata sottovoce dal sacerdote), in quell'apparente silenzio, mentre una persona spirituale si immerge nell'orazione mentale e offre in oblazione alla Santissima Trinità il Santo Sacrificio di Cristo, invece un'anima “poco spirituale” non sa che fare in quei momenti, si distrae facilmente e si annoia certamente, desiderando di poter tornare al più presto alla Messa in rito moderno, nella quale è molto facile avere la tentazione di assistere passivamente alla Consacrazione, limitandosi ad ascoltare quel che dice il prete a voce alta, e quindi senza fare attivamente nel proprio cuore degli atti di adorazione, oblazione, impetrazione, carità perfetta, ecc.

Sono molto soddisfatto della preziosa e disinteressata collaborazione che Maristella sta offrendo al blog. I suoi scritti che ho pubblicato sono semplici, chiari e ricchi di unzione spirituale. Spero tanto che anche tra voi possa nascere una fraterna amicizia. Voi due vi assomigliate molto (mi riferisco al vostro aspetto spirituale).

Hai ragione, sarebbe bello se restassimo in contatto tra di noi e continuassimo a pregare gli uni per gli altri, affinché il Signore ci aiuti a salvarci l’anima (questo è il vero scopo della vita). Ormai è da anni che siamo amici, la tua prima e-mail risale all’aprile del 2013. Sai, con altre persone mi è capitato spesso che dopo un iniziale periodo di entusiasmo, il rapporto di amicizia si sia affievolito notevolmente. Con te (e con alcune altre persone) invece mi sta capitando una cosa curiosa, e cioè che più passa il tempo e più cresce la stima che nutro nei tuoi confronti. È difficile da spiegare, ma tu hai la capacità di trasmettermi devozione ed entusiasmo nel continuare il cammino di perfezione cristiana. Per me è benefico avere a che fare con te. Non è nemmeno necessario che io legga i tuoi scritti per sentirmi edificato, mi basta pensare a te e al modo in cui vivi da cristiana. La storia della tua conversione mi ha colpito molto perché in te è avvenuto un cambiamento radicale, e adesso desideri vivere il cristianesimo in maniera profonda e coerente, senza fare compromessi al ribasso con la mentalità mondana. Per esempio ho apprezzato tantissimo il fatto che hai avuto la forza di volontà necessaria per gettare nell'immondizia i vestiti scandalosi (chissà quanto ti erano costati!) e adesso vorresti che le donne utilizzassero solo abiti conformi alla virtù della purezza, come insegnato dal grande Papa Pio XII nello splendido discorso “Una gioia”, pronunciato a sostegno della “Crociata della purezza” indetta dalla gioventù femminile di Azione Cattolica. I mondani ti disprezzano perché dopo la tua conversione hai cambiato stile di vita e non ti interessano più le cose contrarie al Vangelo che invece a loro piacciono molto. Io invece è anche per questo motivo che ti stimo assai, ossia perché vuoi vivere da vera cristiana. Mentre i mondani apprezzano le persone soprattutto dal punto di vista estetico (e del portafoglio), io invece le apprezzo essenzialmente per il loro aspetto interiore, poiché ho molta stima verso coloro che praticano le virtù cristiane.

So che tu sei grata nei miei confronti perché ti aiuto ogni volta che ti rivolgi a me per chiedermi dei consigli. Per darti delle risposte chiare e precise vado a consultare i manuali di Teologia Morale in mio possesso e ti dico quel che insegnano dotti e autorevoli autori al riguardo delle questioni che mi poni. Lo faccio volentieri perché ci tengo molto all’anima tua, la quale venne riscattata a caro prezzo dal nostro amatissimo Redentore. Fino ad ora sei rimasta molto soddisfatta delle risposte che ti ho dato e che ti sono state di grande utilità. Non esitare a chiedermi aiuto ogni volta che ne senti il bisogno, per me è una grande gioia aiutare coloro che vogliono vivere fedeli a Cristo. Per me l’amicizia non è un modo per ottenere dei vantaggi materiali (come per i mondani), ma è essenzialmente un mezzo di santificazione mettendomi al servizio del prossimo. 

Ci tengo a dirti che anche tu mi hai donato spiritualmente molto, infatti mi sei di edificazione spirituale e di grande conforto. Sia tramite e-mail che al telefono mi hai dato l’impressione di essere profondamente innamorata del Redentore Divino. Penso che se sarai perseverante e resterai fedele a Dio sino alla morte, poi in Cielo sarai uno dei trofei più belli della Sua infinita misericordia. Quanto è stato buono Gesù con te! Adesso, almeno per gratitudine, devi amarlo con tutto il cuore e con tutte le tue forze. Se lo merita!

Per me è già un grande onore essere tuo amico, ma sapere che addirittura mi consideri tuo fratello (me lo hai detto in altri messaggi), fa crescere la stima, l’affetto fraterno e la gratitudine che nutro verso di te. Continuerò molto volentieri ad impegnarmi per proseguire a mantenere viva la nostra amicizia spirituale, cercando di evitare di darti anche dei piccoli dispiaceri. Se involontariamente dovessi dire o fare qualcosa che ti fa soffrire ingiustamente, ti chiedo di farmelo presente affinché provveda subito a correggere lo sbaglio commesso.

Grazie davvero per la limpida e fraterna amicizia che mi stai donando dal 2013, e che è una di quelle a cui ci tengo di più. Anche se abitiamo molto lontano, ti sento spiritualmente vicina. A causa della distanza, forse non ci incontreremo mai su questa Terra, ma spero tanto che potremo incontrarci ai piedi della Beata Vergine Maria, nella Patria celeste, ove insieme alla Mamma del Cielo, agli angeli e santi santi potremo lodare le misericordie di Dio per tutta l’eternità.

Con sincera stima e affetto,

Cordialiter

Pensiero del giorno

Il sacerdote che vuol farsi santo deve fare tutto ciò che fa, solo per dar gusto a Dio.


(Sant'Alfonso Maria de Liguori)

martedì 14 gennaio 2025

L'orfanella che pregò per ottenere da Dio una nuova mamma

[Brano tratto da “Tesoro di racconti istruttivi ed edificanti”, di Don Antonio Zaccaria, Tipografia Pontificia Mareggiani, 1887].


Era la sera che va innanzi al giorno dei morti e la campana della parrocchia dava lenti e lugubri i suoi rintocchi, annunciando ai fedeli che le anime dei loro cari istavano penando nel purgatorio, e imploravano il soccorso delle loro preghiere. - Perché piangi, nonna mia? diceva una fanciulla in sui sette anni ad una vecchierella magra e sparuta, che se la teneva sulle ginocchia, e in questo dire colla piccola manina le veniva accarezzando il viso. - Ah! mia povera Ghita, rispondeva sospirando la vecchietta, senti tu il mesto suono di questa campana? ebbene, esso ricorda che il tuo babbo e la tua mamma non son più, poveretti! - Sì, nonna, non son più, ma perché piangi? non hai detto le tante volte che sono andati nel bel paradiso? - Piango non già per loro, che saranno, lo spero, beati lassù, ma per te, mia Ghita, che sei rimasta orfanella così piccina. - Orfanella no, nonna: il signor Curato mi diceva anche ieri: la nonna è ora la tua mamma. Tu, nonna mia, sei la mamma che m'ha lasciato il buon Dio, perché dunque chiamarmi orfanella? - Ah! Ghita, Ghita, quella campana mi ricorda ancora che io pure seguirò fra breve i tuoi genitori nella tomba e allora che sarà di te? A queste parole seguì un istante di silenzio; grosse lacrime scorrevano dagli occhi della vecchierella, e la fanciulla, gettatele le braccia al collo, la baciava con tutto l’affetto, studiandosi di consolarla. - Domani, riprese poscia la nonna, asciugandosi le lacrime colla palma della mano, domani, Ghita mia, andremo al Cimitero a pregare per l'anima dei santi morti, che ti intercedano dal Signore una mamma che faccia le mie veci quando io più non sarò. - Sì, sì, l’interruppe la Ghita, pregherò tanto il mio babbo, la mia mamma, che sono in cielo in compagnia del buon Dio, che io, stanne pur certa, nonna, non sarò mai orfanella sulla terra. Il giorno appresso in sull'albeggiare, la piccola Ghita andava in compagnia della nonna al Cimitero. Tra via esse colla corona in mano recitavano il rosario, ed entrate nel recinto del Camposanto, si prostrarono ai piè della Croce che sorgeva nel mezzo, e quivi tacitamente pregavano. Pregava non senza pianto la buona nonna per le anime dei suoi morti, pregava per la sua Ghita, la Ghita pregava con tenera confidenza il suo babbo e la sua mamma che non consentissero che essa rimanesse orfanella. Ed ecco a pochi passi dietro a loro odono una voce che grida: - Ah mia dolce Ghita, mia piccola Ghita! - La fanciulla a quel grido si volge, vede una signora, che inginocchiata dinanzi ad una piccola urna sepolcrale, tutta si scioglieva in lacrime; e nella sua fanciullesca semplicità argomentando lei appunto esser quella che la signora chiamava a nome, senza pur chiedere licenza alla nonna, ritta si deva, corre a lei, e: - Che volete signora da me? - le dice con aria di ingenuità. Questa la guarda, mira quel viso sul quale splende il candore dell'innocenza, e dopo essere stata un momento in forse: Chi sei tu, le chiede, fanciulla mia? - Sono la Ghita, che voi avete or ora chiamata. - Come ti trovi qui, bimba mia? - Sono venuta con la nonna a pregare il babbo e la mamma che stanno nel bel paradiso, perché io non rimanga orfanella. - La signora non disse parola, stette così un po' sopra sé, poi volgendosi di tratto alla fanciulla: Dov'è, Ghita, la tua nonna? - È là. - Bene, andiamo a lei. Quando le furono presso, la signora, salutatala cortesemente, la aiutò a rilevarsi da terra, e poi così le disse: - Buona donna, io era venuta qui a piangere una mia figliuola di nome Ghita, morta da pochi giorni; era la mia delizia, il mio amore, e non aveva altra figliuola che lei. Bene, il Signore mi ha mandato innanzi questa vostra fanciulla, che è tutta dessa la mia Ghita; la volete dare a me? io le sarò madre ed ella mi sarà figliuola ... Anzi non voglio già che vi separiate da lei; no, voi pure potrete venire con me, divideremo insieme gli uffici materni, finché piaccia al Signore di lasciarci in vita. A siffatta proposta la nonna non fece risposta che coi singhiozzi e colle lagrime, ella non capiva in sé dalla gioia; sarebbe morta contenta perché la sua Ghita non rimaneva più orfanella. Andarono quello stesso giorno ad abitare nella casa della pietosa signora, la quale d'allora innanzi soleva poi sempre chiamare la Ghita «la figlia del Cimitero».

Pensiero del giorno

La verità non si sposta, la si raggiunge dove sta. [...] L'Ecumenismo non lo si fa andando a metà del ponte, ma piuttosto costruendo ponti, tanti ponti in amorevole fatica, restando fermi sulla riva giusta.

[Brano tratto da un articolo del Cardinale Giuseppe Siri, pubblicato su «Renovatio», XI - 1976].

lunedì 13 gennaio 2025

La gelosia è una malattia ossessionante

Certi mariti sono talmente gelosi delle proprie spose da arrivare al punto di commettere delle vere e proprie ingiustizie. Nelle biografie di Sant'Antonio, zelantissimo frate francescano, si narra che a Ferrara c'era un cavaliere sposato con una donna molto bella della quale era gelosissimo. Era ingiustamente ossessionato dall'idea che sua moglie lo tradisse. Quando nacque il figlio, essendo di carnagione scura, il cavaliere pensò che la moglie lo avesse tradito con un domestico. Il sospetto del marito si diffuse per la città. Chissà quanto avrà sofferto quella sposa nel sentirsi considerare "adultera" dalla gente!

Sant'Antonio era dispiaciuto che quella donna avesse perso la reputazione pur essendo innocente, ma un giorno, quando vide che il bimbo veniva portato il chiesa per essere battezzato, ordinò al neonato in nome di Cristo di dire chi fosse suo padre. Naturalmente i neonati sono troppo piccoli per poter parlare, ma in quel caso avvenne un miracolo e il bimbo indicando il cavaliere disse a voce che lui era suo padre. Ovviamente lo stupore dei presenti fu grande. Quel marito geloso comprese di aver sbagliato e chiese perdono alla moglie.

Un benedettino in purgatorio

Dagli scritti di Santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690).


Trovandomi davanti al Santissimo Sacramen­to il giorno della festa del Corpus Domini, mi apparve improvvisamente una persona tutta avvolta nel fuoco. Il suo stato lamentevole mi fece chiaramente capire che si trovava in pur­gatorio e mi fece versare molte lacrime. Essa mi disse che era stata l'anima di un benedettino che, una volta, aveva sentito la mia confessione e mi aveva permesso di comunicarmi. Per que­sto motivo il Signore gli aveva accordato il favore di indirizzarsi a me, per procuragli un raddolcimento delle pene. Mi chiese di offrire per lui, per tre mesi, tutte le mie sofferenze e le mie azioni. Alla fine dei tre mesi lo vidi inondato di gioia e splendore; andava a godere la felicità eter­na. Mi ringraziò, dicendomi che avrebbe ve­gliato su di me, vicino a Dio.

Pensiero del giorno

I Sacerdoti sono chiamati ad essere uomini angelici, martiri di virtù e di carità.

(San Luigi Guanella)